Il GRA è "sacro" alla Mostra del Cinema di Venezia
In concorso al Festival della laguna il film di Gianfranco Rosi

Dopo l’India dei barcaioli, il deserto americano dei dropout, il Messico dei killer del narcotraffico, Gianfranco Rosi ha deciso di raccontare il suo Paese girando e perdendosi per tre anni con un mini-van sul GRA di Roma per scoprire i mondi invisibili e i futuri possibili che questo luogo magico cela oltre il muro del suo continuo frastuono.
E dallo sfondo sono emersi personaggi incredibili e apparizioni fugaci. Come il nobile torinese e sua figlia universitaria, che vivono in un monolocale ai bordi del Raccordo, il “palmologo” che cerca ossessivamente un rimedio per liberare le piante della sua oasi da larve divoratrici; il neo-principe che fa ginnastica di buon mattino sul tetto del suo castello eretto nel cuore abusivo della periferia nord-est; l’attore agé di fotoromanzi, memoria storica della Roma cinematografara, che insegue ostinato sul raccordo la fama e il sogno di una giovane avventura, come il pescatore di anguille che sotto i cavalcavia di Roma sud ha costruito un villaggio sull’acqua. Questi personaggi, insieme a tante altre incredibili apparizioni, animano il mondo del Sacro Gra di Gianfranco Rosi.
Temi e narrazioni che ci riportano alla recente esperienza visiva de La grande bellezza di Paolo Sorrentino, dove il protagonista Jep Gambardella (Toni Servillo) è uno scrittore e giornalista navigato impegnato a districarsi tra gli eventi mondani di una Roma dalla bellezza stupefacente e lo spirito decadente.
Un parallelismo che si propone spontaneamente, una rinnovata attenzione del cinema italiano a raccontare le nostre città, il Paese e le vite vere sullo sfondo sociale ed ambientale dei nostri tempi. Un secondo neorealismo italiano?
“Mentre cercavo le location del film - ha dichiarato il regista Gianfranco Rosi - in tutti quei mesi passati intorno al Grande Raccordo Anulare, ho portato con me Le città invisibili di Calvino. Il vero tema del libro è il viaggio, l’unico modo in cui il viaggio oggi sia ancora possibile: vale a dire all’interno della relazione che unisce un luogo ai suoi abitanti, nei desideri e nella confusione che ci provoca una vita in città e che noi finiamo per fare nostra, subendola. Il libro di Calvino ha il coraggio di percorrere strade opposte, si lascia trascinare da una serie di stati mentali che si succedono, si accavallano. Ha una struttura complessa, sofisticata, e ogni lettore la può smontare e rimontare a seconda dei suoi stati d’animo, delle circostanze della sua vita, come è successo a me. Questa guida letteraria ed esistenziale - ha concluso Rosi - mi è stata di conforto e di stimolo nei tanti mesi di lavorazione del film, quando il vero GRA sembrava sfuggirmi, più invisibile che mai”.
Il GRA, il Grande Raccordo Anulare di Roma che fa da sfondo al film, con i suoi 70 km è la più estesa autostrada urbana d’Italia. Ma pochi considerano il Raccordo come spazio urbano da esplorare. Lo ha fatto il paesaggista Nicolò Bassetti che ha abbandonato la macchina sul bordo della strada, per partire a piedi alla scoperta di questo luogo misterioso. Per 300 km e ha esplorato i territori sconosciuti intorno al GRA, arricchendo il suo cammino di incontri straordinari. Questo bagaglio di esperienze, come l’idea stessa di farne una narrazione, lo ha passato poi nelle mani di Gianfranco Rosi, immaginando che potesse trasformarlo in uno dei suoi film testimonianza.
Rosi ha accolto la sfida. Forse catturato da quel filo rosso che collega i suoi film raminghi nei quali luoghi di confine e di attraversamento offrono scorci di umanità inedita.
Scoprire è quello che sempre ha fatto Gianfranco Rosi in giro per il mondo sin dal suo esordio. Girato a Benares tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta, Boatman racconta nelle forme del cinema verità, la giornata di un barcaiolo in navigazione permanente tra la vita e la morte sul fiume Gange. Con Below Sea Level (vincitore a Venezia di “Orizzonti” nel 2008) Rosi si sposta dall’India nel deserto americano nei pressi di una base militare dismessa a 40 metri sotto il livello del mare, producendo un indimenticato esempio di cinema del reale, una volta entrato nell’intimo di una comunità di homeless americani. Dal deserto californiano si è poi spostato sul mitico border con il Messico per una sorta di “istant-movie”, El Sicario, room 164 (Premio Fipresci, Venezia 2010), incredibile monologo interiore di un ex killer sfuggito al narcotraffico dei cartelli messicani.
Scritto, diretto e fotografato da Gianfranco Rosi - prodotto da Marco Visalberghi per DOCLAB - coprodotto da Carol Solive per LA FEMME ENDORMIE e con RAI CINEMA - da un’idea di Nicolò Bassetti - montaggio Jacopo Quadri - montaggio del suono Stefano Grosso, Riccardo Spagnol, Giuseppe D’amato - aiuto regia Roberto Rinalduzzi - produttore creativo Dario Zonta - produttore associato Lizi Gelber - con il sostegno del MIBAC - con il supporto di Regione Lazio, Filas, Roma Lazio Film Commission, CNC Centre Nationale de Cinematographie - distribuzione OFFICINE UBU - sito del film www.sacrogra.it