Appalti pubblici: investimenti diminuiscono ma il numero delle gare aumenta
«Il calo delle risorse frammenta le gare»
Roma, 7 febbraio 2011 - La situazione è paradossale: gli investimenti diminuiscono ma il numero secco degli appalti pubblici aumenta. «Il fenomeno - chiarisce Giuseppe Brienza, presidente dell'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici - è solo all'apparenza strano. Riteniamo, infatti, che sia imputabile al frazionamento degli importi per le opere messe a gara. Altrimenti non si spiegherebbe. Intendiamoci: tranne alcuni eventuali casi patologici che cercheremo di individuare attraverso le ispezioni, il frazionamento delle somme è del tutto legittimo».
Ma è un bene o un male? Dipende. Può essere un'esigenza della stazione appaltante, così da privilegiare alcuni interventi. Il dato, però, non è ancora stato analizzato nel dettaglio, perché mancano una serie di informazioni che abbiamo chiesto e stiamo aspettando.
Meno soldi da investire in opere pubbliche, ma più appalti? Un effetto della crisi? Certo. E poi, della situazione del bilancio statale.
Quand'è che le risorse hanno cominciato a diminuire? A partire dal 2010.
Più appalti potrebbe anche voler dire contenzioso che cresce. La corsa ai giudici è inevitabile? Come tutte le storture, può essere eliminata. Anche perché le opere che si fermano causano un allungamento dei tempi e una lievitazione dei costi, in alcuni casi in modo notevole. Stiamo monitorando i progetti delle gracidi arterie. Alcuni tratti di quella Ionica sono partiti con un investimento di 136 milioni di euro che oggi è arrivato a 300. Per le grandi opere, il problema sostanziale è che le stazioni appaltanti non sono ancora in grado di sottoporre all'impresa, quando si firma il contratto, il progetto esecutivo. Si ragiona su quello di massima, che di solito contiene carenze. Il progetto esecutivo, invece, prevede tutti gli accertamenti preventivi alla realizzazione dell'opera. Per esempio, eventuali scavi archeologici. In questo modo, gli spazi di manovra delle imprese che puntano a chiedere ulteriori finanziamenti si riducono.
Negli altri paesi europei hanno gli stessi problemi? No. E non è una questione di esterofilia. Oltreconfine si ragiona sui progetti esecutivi e sia i tempi di realizzazione sia gli impegni di spesa vengono rispettati.
Da noi tempi si allungano anche se non ci sono ricorsi. È così È assurdo. È una patologia che desta preoccupazioni.
Quali le cause? Le difficoltà esecutive, la mancata vigilanza e l'atteggiamento di poca responsabilità morale e sociale di stazioni appaltanti e imprese.
Potete intervenire? Stiamo cercando di farlo con le ispezioni e attraverso segnalazioni a Parlamento e Governo.
Ma è un bene o un male? Dipende. Può essere un'esigenza della stazione appaltante, così da privilegiare alcuni interventi. Il dato, però, non è ancora stato analizzato nel dettaglio, perché mancano una serie di informazioni che abbiamo chiesto e stiamo aspettando.
Meno soldi da investire in opere pubbliche, ma più appalti? Un effetto della crisi? Certo. E poi, della situazione del bilancio statale.
Quand'è che le risorse hanno cominciato a diminuire? A partire dal 2010.
Più appalti potrebbe anche voler dire contenzioso che cresce. La corsa ai giudici è inevitabile? Come tutte le storture, può essere eliminata. Anche perché le opere che si fermano causano un allungamento dei tempi e una lievitazione dei costi, in alcuni casi in modo notevole. Stiamo monitorando i progetti delle gracidi arterie. Alcuni tratti di quella Ionica sono partiti con un investimento di 136 milioni di euro che oggi è arrivato a 300. Per le grandi opere, il problema sostanziale è che le stazioni appaltanti non sono ancora in grado di sottoporre all'impresa, quando si firma il contratto, il progetto esecutivo. Si ragiona su quello di massima, che di solito contiene carenze. Il progetto esecutivo, invece, prevede tutti gli accertamenti preventivi alla realizzazione dell'opera. Per esempio, eventuali scavi archeologici. In questo modo, gli spazi di manovra delle imprese che puntano a chiedere ulteriori finanziamenti si riducono.
Negli altri paesi europei hanno gli stessi problemi? No. E non è una questione di esterofilia. Oltreconfine si ragiona sui progetti esecutivi e sia i tempi di realizzazione sia gli impegni di spesa vengono rispettati.
Da noi tempi si allungano anche se non ci sono ricorsi. È così È assurdo. È una patologia che desta preoccupazioni.
Quali le cause? Le difficoltà esecutive, la mancata vigilanza e l'atteggiamento di poca responsabilità morale e sociale di stazioni appaltanti e imprese.
Potete intervenire? Stiamo cercando di farlo con le ispezioni e attraverso segnalazioni a Parlamento e Governo.