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Briciole di pane

Dai fondi Ue la chance per il Sud

Lo sviluppo del Mezzogiorno tra i temi del summit degli imprenditori a Bergamo

Roma, 3 maggio 2011 - Una riflessione sul Mezzogiorno e su come poter rilanciare quest'area del paese, il cui ritardo pesa su tutto lo sviluppo nazionale. Una necessità, quella di riportare il Sud a crescere, ancora più impellente nella prospettiva del federalismo. Sarà uno dei temi delle Assise di Confindustria che si terranno il 7 maggio, a Bergamo. Un dibattito a porte chiuse, dove il mondo delle imprese si interrogherà su come diventare più forti e più competitivi, lavorando su se stesso, e lancerà proposte alla politica e ai sindacati su come intervenire per rendere il paese più moderno e in grado di crescere di più.

È un evento eccezionale, come ha spiegato la presidente Emma Marcegaglia, che si è reso necessario in questa fase di grande discontinuità, dopo una crisi che ha modificato gli equilibri globali. E venerdì 6 sarà preceduto, sempre a Bergamo, dal Comitato centrale della Piccola industria, che ha unito in questa formula straordinaria anche il tradizionale appuntamento biennale di riflessione pubblica.

Il Sud è cruciale, quindi, in una strategia di sviluppo. Pubblica amministrazione, scuola, giustizia, servizi, scarsa produttività, basso livello di infrastrutture: i mali del Mezzogiorno sono gli stessi del resto d'Italia, più accentuati, purtroppo, dal-la presenza dell'illegalità. L'utilizzo inefficace dei fondi strutturali europei, come sottolinea la documentazione preparata per il dibattito delle Assise, non ha consentito di recuperare il gap, come sono riusciti a fare altri paesi, creando posti di lavoro. Invece proprio un uso mirato di queste risorse potrebbe favorire un innalzamento dei servizi, un potenziamento delle infrastrutture, spingere la ricerca e l'innovazione.

I dati del Sud sono preoccupanti. È l'area più grande dell'Unione europea che presenta un ritardo di sviluppo: quasi 21 milioni di cittadini che vi risiedono hanno un reddito medio di 17mila euro, inferiore al 70% della media comunitaria. Proprio per questo ritardo il Sud è anche uno dei maggiori beneficiari dei fondi Ue. Per il periodo 2007-2013 le cinque Regioni interessate all'Obiettivo convergenza hanno a disposizione circa 43,6 miliardi di euro tra fondi strutturali e relativo cofinanziamento.

Ma il Sud non riesce a usarli: a dicembre 2010 i pagamenti rendicontati ammontavano al 9,6% del totale, rispetto ad una media Ue del 18 per cento. Capacità di spesa, ma anche qualità: in passato l'impatto dei fondi strutturali sul territorio è stato scarso. Nel periodo 2000-2006 sono stati finanziati al Sud oltre 250 mila progetti, di cui circa un quarto relativi alle imprese. Ma la capacità competitiva delle aziende non è migliorata e resta un divario di produttività rispetto al centro-nord si circa 20 punti. Secondo il Centro studi di Confindustria per recuperare lo scarto servirebbe che al Sud la produttività del lavoro salisse del 16% e aumentasse di 3 milioni il numero degli occupati (da 6,5 a 9,8). Per raggiungere questo obiettivo in un arco ragionevole di tempo. 15 anni. Il Sud dovrebbe crescere di quasi il 6% all'anno.

I fondi strutturali sono una chance importante. L'esperienza degli altri paesi, sottolinea il documento, dimostra che grazie ai fondi strutturali con il precedente ciclo di programmazione nella Ue è stato creato un milione di posti di lavoro, di cui l'80-90% nelle pmi; oltre 1,3 milioni di piccole e medie imprese hanno ricevuto forme di sostegno, sono stati costruiti 4.700 chilometri di autostrade e 1.200 chilometri di linee ferroviarie ad alta velocità. Ciò che servirebbe al nostro paese che complessivamente ha un gap di strade e ferrovie in rapporto alla popolazione del 75% della media Ue.

Anche sui servizi pubblici e funzionamento della Pa il divario Nord Sud è consistente. Da una ricerca del Censis, presentata al convegno organizzato da Confindustria in occasione del Centenario, "Il Sud aiuta il Sud", emerge che solo i17,5% degli intervistati considera buono il funzionamento dell'amministrazione sul territorio, mentre per il 47,9% è inefficiente e per il 44,7% scarso. Per il 50% degli intervistati il male peggiore del Mezzogiorno è nella «pervasività delle logiche clientelari che governano il rapporto tra pubblico e privato, tra istituzioni e società». E ancora: solo il 13,3% dà una valutazione positiva della giustizia, soprattutto civile, mentre per il resto è o scarsa o insufficiente.

Nicoletta Picchio - Il Sole 24 Ore