Il Ponte di Messina come ultimo traguardo della tecnica
Storia ed evoluzione nella progettazione dei ponti sospesi di grande luce: la dominazione degli eventi naturali
In un giorno di moltissimi secoli fa, un uomo avrà senz’altro scoperto di poter superare un corso d'acqua che ostacolava il suo cammino passando su un tronco messo di traverso sulle due sponde. Da quel primo tronco d'albero, diventato ponte forse soltanto perché il caso lo aveva fatto cadere a cavallo di un fiume, si è arrivati oggi a costruire vere e proprie strade che volano per chilometri, superando fiumi, valli e persino stretti di mare.
Tra le varie categorie di ponte, la più spettacolare è sicuramente quella dei ponti sospesi, chiamati così in quanto l’impalcato, ovvero la carreggiata stradale, è sorretto da cavi verticali sostenuti a loro volta da grossi cavi principali, poggiati su torri molto più alte della sede stradale e fissati a grandi blocchi di ancoraggio posti su entrambe le rive, alle due estremità del ponte.
È interessante citare qualcuno dei grandi ponti sospesi come, ad esempio, il Great Belt, in Danimarca, che corre sull’omonimo stretto tra Funen e Zealand e che, con la sua campata di 1624 metri, è il ponte sospeso più lungo d’Europa. Questo ponte è anche un esempio di rapidità decisionale dello Stato, essendo passati appena 12 anni dall’approvazione del progetto da parte del parlamento Danese all’inaugurazione.
Altro famosissimo ponte è il Golden Gate Bridge, involontario protagonista di moltissime produzioni hollywoodiane, che collega le due rive della baia di San Francisco. Per costruirlo, ci sono voluti 4 anni, svariati milioni di dollari e all’incirca 88 mila tonnellate di acciaio e cemento. Nonostante la crisi economica degli anni trenta e la mancanza di fondi governativi, la determinazione della popolazione permise di iniziarne la costruzione. Successe infatti qualcosa che i cittadini di oggi non prenderebbero nemmeno in considerazione. Le popolazioni di sei contee decisero di ipotecare le loro proprietà: case, fattorie, vigneti e attività commerciali a garanzia del denaro necessario alla costruzione del ponte. Oggi la gente non metterebbe mai a rischio beni personali per realizzare opere pubbliche, ma questo è esattamente ciò che accadde per la realizzazione del Golden Gate.
Parlando di ponti sospesi non si può certamente escludere l’Akashi Kaikyo, il ponte sospeso più lungo del mondo, che collega la città giapponese di Kobe e l’isola di Awaji. Anche in questo caso, il ponte è peculiare non tanto per il suo spettacolare primato quanto perché, nel 1995, quando era ancora in costruzione, fu colpito da un terremoto, con epicentro in prossimità del ponte stesso. Al momento del sisma erano stati eretti soltanto i due piloni ed erano state messe in opera le funi principali, soggette perciò al solo peso proprio; le strutture già costruite superarono egregiamente gli effetti del sisma, che causò anche uno spostamento permanente di allontanamento tra i due piloni di circa un metro. Il progetto dell’impalcato fu adeguato alla nuova geometria, la costruzione continuò e nella primavera del 1998 il ponte fu aperto al traffico, presentando una luce centrale maggiore di quella prevista inizialmente in sede di progetto: 1991 metri anziché 1990.
L’episodio ha evidenziato come questa tipologia di ponti non sia particolarmente soggetta alle conseguenze di eventi sismici. Gli elementi che costituiscono i ponti sospesi, ovvero le torri, i cavi e l’impalcato, sono caratterizzati, in quest’ordine, da progressivi aumenti della loro capacità di oscillazione sino ad arrivare, nel caso dell’impalcato, ad oscillazioni dell’ordine di diversi metri. La struttura quindi, esattamente come un lampadario durante un terremoto, non vibra con la stessa frequenza generata dal sisma, ma inizia a oscillare lentamente per poi tornare al punto di partenza, una volta esaurita la sua forza.
L'evoluzione della concezione dell'impalcato per ponti sospesi di grande luce, a partire dal secolo scorso si è soffermata quindi, sostanzialmente, su tre importanti aspetti, inerenti però l’unico vero nemico dei ponti sospesi: il vento.
Si è esaminato il ruolo dell'impalcato nella risposta strutturale globale, con la propria rigidezza flessionale e torsionale: nei primi ponti, e comunque per luci decisamente inferiori a 1.000 metri, tale ruolo era infatti fondamentale, mentre esso diviene meno importante all'aumentare della luce, tanto da rendere dominante e fondamentale quello della rigidezza dei cavi di sospensione. Il rapporto tra le due rigidezze (geometrica dei cavi / flessionale dell'impalcato) è dell'ordine delle centinaia per luci di 1.000 metri e dell'ordine delle centinaia di migliaia per luci di oltre 3.000 metri. È stato inoltre approfondito lo studio aerodinamico dell'impalcato al fine della minimizzazione delle forze di drag, cioè delle spinte aerodinamiche che si traducono in spostamenti orizzontali sottovento, e forze orizzontali trasmesse ai cavi. Da questo studio si sono ricercati i profili aerodinamici ottimali ai fini del drag. Infine, l’impalcato è stato studiato sotto l’aspetto aeroelastico, al fine di migliorarne la stabilità aerodinamica, con particolare riguardo al controllo del flutter, ovvero quel fenomeno che genera oscillazioni, anche importanti, di una struttura. Può accedere che tali oscillazioni, autoalimentandosi, aumentino di intensità, come accadde al Ponte di Tacoma, nello Stato di Washington. La struttura, lunga soltanto 853 metri, crollò appena quattro mesi dopo la sua inaugurazione.
Per quanto riguarda l’evoluzione nella concezione dell’impalcato, è possibile individuare tre generazioni successive di ponti sospesi di grande luce.
La prima generazione di ponti sospesi comprende i numerosi ponti con impalcato reticolare, costruiti in grande numero, soprattutto negli Stati Uniti, tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento (Brooklyn 1883, Golden Gate, 1937), e, più recentemente, in Giappone (Ohnaruto 1985, Minami-Bisan Seto 1988). Questo tipologia di ponti ha luci tipiche che vanno da alcune centinaia di metri a poco più di 1.000 metri. L'impalcato reticolare, con la sua grande rigidezza flessionale e torsionale, contribuisce alla stabilità globale dell'opera. La sua grande resistenza al vento si traduce però in pesi molto elevati di tutte le strutture, e grandi deformazioni sottovento dell'impalcato stesso. Con la realizzazione del ponte giapponese Akashi-Kaikyo del 1998 (Figura 1), si è raggiunto quello che può considerarsi il limite estremo di luce per questa generazione di ponti. Esso, infatti, con una luce di poco meno di 2.000 metri sconta, tuttavia, la notevolissima freccia laterale di oltre 30 metri sotto l'azione del vento di progetto.
La seconda generazione di ponti sospesi comprende i ponti con impalcato aerodinamico a cassone singolo, che per la loro forma furono spesso chiamati alari. Costruiti nella seconda metà del Novecento, specialmente in Europa (Severn 1966, Little Belt 1970, Humber Bridge 1981, Bosforo 1973), questi ponti hanno normalmente luci comprese tra i 1.000 e i 1.600 metri. L'impalcato a cassone scatolare, già concepito per l'aerodinamica, offrendo una resistenza al vento più limitata, presenta anche minori deformazioni sottovento, è più leggero ed efficiente dal punto di vista strutturale. La rigidezza torsionale della sezione resta tuttavia elevata, e questo è un aspetto importante da considerare ai fini della stabilità dinamica. La sezione a cassone unico, inoltre, non è intrinsecamente stabile e presenta problemi di instabilità aeroelastica crescenti al crescere della luce libera. Per grandi luci occorre allora aumentare l'altezza del cassone al fine di avere maggiore rigidezza (4,5 metri nel caso dell'Humber Bridge). Così facendo si ottiene però un profilo più tozzo che presenta maggiore resistenza al vento, con lo svantaggio di avere inoltre strutture molto pesanti. Si presenta quindi, anche per questa generazione, un limite di circa 2.000 metri per la luce massima di utilizzo, limite in cui il contributo dell'impalcato alla stabilità globale tende a diventare insignificante.
La terza generazione di ponti sospesi è stata inaugurata con il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, nel quale la concezione dell'impalcato ha consentito un ulteriore aumento della luce. La sezione dell'impalcato è composta da cassoni multipli a profilo alare, separati da superfici trasparenti all'aria e dotati di adeguati accorgimenti aerodinamici (Figura 2). Esso non solo presenta una modestissima resistenza al vento, ma è anche intrinsecamente stabile nei confronti dei fenomeni di instabilità aeroelastica. Tutto questo con l'obiettivo di minimizzare all'origine i fenomeni pericolosi, invece di porvi rimedio con la resistenza strutturale. La stabilità dell'opera è affidata al sistema di sospensione in grado di fornire la rigidezza necessaria alla campata centrale di 3.300 metri.
È da evidenziare come, durante gli studi in galleria del vento, il modello in scala del ponte sullo Stretto di Messina, nonostante la lunghezza della campata centrale superiore di oltre il 65% rispetto a quella dell’Akashi Kaikyo, sconti una freccia laterale nettamente inferiore rispetto a quella riscontrata dal modello in scala di quest’ultimo, a parità di condizioni (Figura 3).
Il progetto del ponte sullo Stretto di Messina prevede quindi che esso possa resistere a venti di intensità fino a 216 chilometri orari, intensità peraltro mai raggiunta nell’area dello Stretto in cui, a seguito di oltre vent’anni di monitoraggio eolico, è stata registrata una sola volta, il 24 novembre del 1991, un’intensità pari a 128 chilometri orari. A questo è da aggiungere che, sebbene gli studi eolici sui ponti sospesi vengano eseguiti, per sicurezza, calcolando la direzione del vento più sfavorevole alla struttura, ovvero quella perpendicolare ad essa, nell’area dello Stretto di Messina i venti più intensi soffiano con un’inclinazione inferiore ai 30 gradi rispetto all’asse dell’impalcato.
Il Ponte sullo Stretto di Messina, quindi, non verrà mai chiuso al traffico.
I grandi progetti spesso appartengono alle persone le cui vedute superano aspettative razionali. Il Ponte sullo Stretto di Messina sarà l’emblema di un sogno e della determinazione degli uomini che lo realizzeranno. Un momento che sarà celebrato da ogni auto in transito.