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Crisi, Censis: crescono protesta sociale e antagonismo non ideologico

Roma, 20 giugno 2012 - Cresce la protesta sociale. L'allarme è lanciato dal Censis, che riferisce come siano stati nove milioni gli italiani che hanno partecipato nell'ultimo anno a manifestazioni di protesta autorizzate, "in tanti modi e per ragioni diverse", come spiegano il presidente e il direttore generale del Censis, Giuseppe De Rita e Giuseppe Roma, illustrando i risultati della ricerca su “L'antagonismo errante” elaborata nell'ambito dell'annuale appuntamento di riflessione “Un mese di sociale”, giunto alla sua 24esima edizione e dedicato quest'anno al tema “La crisi della sovranità”. Si tratta del 17,7% della popolazione maggiorenne, una percentuale in forte crescita rispetto a quella rilevata dal Censis nel 2004 che era risultata pari all'11,8%. "Un effetto della crisi della sovranità statuale tradizionale, con la cessione di poteri agli organismi sovranazionali e ai mercati finanziari internazionali - sottolinea il Censis - è proprio la diffusione di un antagonismo 'errante', non più ideologico come in passato, che resta allo stato fluido per poi raggrumarsi in situazioni molteplici e variegate". Per quanto riguarda in particolare i temi del dissenso e le modalità della protesta, nell'ultimo anno il 19,3% degli italiani maggiorenni ha fatto parte di un'associazione che opera in difesa di interessi locali o tematici; il 17,7% ha partecipato a una manifestazione di protesta autorizzata contro una decisione pubblica; il 16,9% ha aderito a uno sciopero per difendere un diritto lavorativo o professionale; il 15,9% ha firmato una petizione; il 4,5% ha inviato una lettera di lamentela a un quotidiano; il 3,3% ha partecipato a una manifestazione di protesta non autorizzata o di disobbedienza civile come blocchi stradali o cortei spontanei. Il dato sulla partecipazione a proteste non autorizzate corrisponde a circa 1,5 milioni di persone, "certo non riconducibili a un'area del dissenso militante e organizzato", osserva il Censis, per il quale "si tratta di persone che vedono nella legittimità della protesta sociale un fattore di arbitraggio rispetto a eventuali sconfinamenti nell'illegalità". Cresce la protesta sociale, dando vita a "contestazioni molto frammentate, che tendono a non tradursi in un reale conflitto sociale". Proteste che "danno vita ad aggregazioni temporanee, con legami labili e un impegno a termine, ma consentono di relativizzare il disagio individuale e di stemperare lo smarrimento dell'individuo-suddito, che subisce decisioni assunte molto lontano da lui e calate nel suo spazio vitale senza la mediazione di decisori nazionali e locali sempre più impotenti". Così, "si tengono insieme fenomeni diversi: dai No Tav ai giovani frustrati a causa delle mediocri prospettive occupazionali, dalla rabbia per gli squilibri di reddito o la tassazione eccessiva alla ventata attuale di antipolitica. Il forte dissenso per i privilegi della classe politica e dei rappresentanti istituzionali genera un'ampia disponibilità generica ad aderire in futuro a manifestazioni di protesta: l'80,2% dei cittadini dichiara che parteciperebbe; il 75,3% manifesterebbe contro l'inasprimento del prelievo fiscale per Imu e accise sulla benzina; il 70,7% contro opere pubbliche ritenute inutili o dannose per il territorio; il 69,1% contro i tagli ai servizi locali, a sanità, scuola, trasporti; il 59,6% contro interventi di riforma del mercato del lavoro; il 52,8% contro la liberalizzazione dei servizi pubblici, acqua in testa. Il Censis sottolinea che "in Italia, la realizzazione di una grande opera civile, di un impianto per la produzione di energia elettrica o per il trattamento dei rifiuti, raramente non da' vita a episodi di protesta collettiva più o meno intensi. Nel 2005 - si ricorda - le opere contestate erano 190, nel 2011 il numero e' salito a 331". Il 62,5% delle proteste riguarda impianti energetici, il 31,4% i rifiuti, il 4,8% le infrastrutture viarie. Il 51% delle contestazioni investe interventi non ancora autorizzati e solo allo stato di progetto. Le contestazioni popolari pesano per il 36% delle proteste, ma crescono le iniziative dei politici locali con il 29% e delle istituzioni locali con il 23%. L'identikit dell'universo antagonista vede i più giovani come i più inclini alla protesta. Più di un quarto, pari al 26,2%, ha partecipato nell'ultimo anno a manifestazioni di piazza e il 7% ha preso parte anche a proteste illegali o non autorizzate. Anche il 14,7% degli ultra 65enni e' sceso in piazza. Ma a ingrossare la protesta e' la popolazione adulta in eta' lavorativa: il 38,5% dei manifestanti ha tra 45 e 64 anni. In base ai livelli di istruzione, è aumentato il coinvolgimento in episodi di protesta. Soprattutto dei laureati, la cui percentuale di coloro che hanno manifestato è passata dal 16% del 2004 all'attuale 24% e dei soggetti meno istruiti, saliti dal 4,9% al 9,3%. Per il Censis, "e' il segno che la protesta tende a dicotomizzarsi: sempre più colta da un lato, mentre dall'altro comincia a reclutare fasce di popolazione con livelli di scolarizzazione anche molto bassi, tradizionalmente