Cultura: "Racconti on the road", on line "Ogni alba ha i suoi dubbi, alcuni sono atroci" di Tommaso Carlucci
Ogni settimana un racconto del primo certame letterario dell'Anas
OGNI ALBA HA I SUOI DUBBI, ALCUNI SONO ATROCI
Andrea se ne stava comodamente seduto sulla carrozzina rigirando tra le mani l’opuscolo che gli avevano lasciato poco prima. «Permobil X870», titolava a caratteri cubitali. E poi continuava. «X870 è molto più di una semplice carrozzina... è un potente fuoristrada sviluppato per l’uso all’aperto. Dove la strada finisce, inizia il divertimento».
Gli era costata molto. Poteva permetterselo certo, non era un oggetto alla portata di tutti. “La più moderna tra quelle in vendita”, avevano sottolineato nel negozio in cui l’aveva acquistata. Era proprio bella. Quattro ruote motrici, ognuna con un motore indipendente, telaio autoarticolato in carbonio, resistente e stabile, pneumatici rinforzati per affrontare terreni sconnessi.
Gli accessori la rendevano ancora più funzionale. Braccioli snodabili, porta stampelle, kit per collegare cellulare e iPad, navigatore integrato, tavolino ergonomico, luci a led, batteria principale e ausiliaria ultraleggera, borse porta tutto laterali.
Aveva scelto quella in esposizione, nera con inserti rosso Ferrari. Dopo aver letto le istruzioni sul funzionamento, direzionò la carrozzella verso l’uscio. Rimase stupito dalla precisione dei comandi di guida e dalla morbidezza dei movimenti che ne risultavano. Aperta la porta, uscì in giardino e poi in strada. Alcune buche a pochi metri dall’ingresso erano pronte a dargli il benvenuto. Volle subito mettere alla prova la stabilità del mezzo per cui, allacciando le cinture di sicurezza, le puntò deciso. Complice l’eccessiva velocità e la poca confidenza con la carrozzella, rischiò di essere catapultato a terra, solo il peso del corpo gli evitò lo sbilanciamento e gli permise di oltrepassare l’ostacolo. Doveva fare maggiore attenzione. Proseguì per alcuni metri, poi si fermò. Estrasse da una borsa laterale il suo iPad, lo alloggiò nell’apposito supporto e immediatamente il tablet, collegandosi al sistema computerizzato della carrozzella, gli chiese cosa desiderasse attivare, se musica, navigatore, video, internet. Scelse il navigatore e individuò come destinazione un panificio in una zona della città che frequentava poco, non troppo distante. Optò anche per della musica: classica, a basso volume. “Fenomenale”, pensò osservando le piccole casse acustiche da cui fuoriuscivano le limpide note. Il display della carrozzella gli propose diversi percorsi per raggiungere il negozio. Scelse quello indicato come più difficoltoso.
Si avviò, sempre più stupito della confidenza che trovava nel muoversi con quella carrozzella. Attraversò una strada principale sulle strisce pedonali e alcuni automobilisti si fermarono a debita distanza per farlo passare, forse anche perché intimoriti dall’aspetto sicuramente aggressivo della Permobil X870. La carrozzella si comportò in maniera eccelsa, permettendogli di superare i dislivelli della strada e dei marciapiedi senza particolari difficoltà. Un piccolo inconveniente gli venne da una serie di dissuasori in ferro, infissi trasversalmente al marciapiede e che avevano lo scopo di evitare il passaggio delle biciclette in quella zona. “Miseria! Loro possono scendere dalle bici e portarle a mano. Io no!” disse.
Dovette tornare indietro, abbandonare il marciapiede e ripiegare sul ciglio stradale. Le auto di passaggio lo sfiorarono pericolosamente. Con un pulsante attivò, veloce, le luci sonore di cui la carrozzella era dotata e che avevano la funzione di renderlo più visibile. Non gli piacque. “Sembro un circo ambulante“ disse a denti stretti. Rientrato sul marciapiede, guardò l’orologio. Erano le 10.37 e aveva fame. Non ebbe bisogno del navigatore per trovare una pasticceria poiché ne aveva una alla sua destra. «Pasticceria Ali Babbà - le nostre specialità vi faranno correre di gioia» recitava l’insegna. “Correre o scappare?” rise fra sé mentre lo stomaco lo chiamava. Si avvicinò all’entrata e una donna, che in quel momento stava uscendo, lo vide arrivare e gli tenne la porta aperta. Un sorriso lo invitava a entrare. Distratto dalla bellezza di questa non si accorse del gradino su cui, inevitabilmente, andò a sbattere. Il ragazzo al banco, notando la scena, intervenne. “Ti aiuto! Anzi, apriamo anche l’altra anta, altrimenti non passi”. Nel dire questo cercò di sbloccarla senza riuscirci. “Nulla da fare, non riesco a farti entrare” ammise. Il meccanismo di sbocco dell’anta era stato volutamente saldato per opporre maggior resistenza ai ripetuti tentativi di furti notturni che avevano avuto quella porta per protagonista. La donna, con sguardo caritatevole, suggerì scandendo lentamente le parole, quasi parlasse a un sordo o a uno straniero: “Potremmo - portarti - qualcosa - fuori. - Che - dici? - Dovresti - avere - un - tavolino - pieghevole - sulla – carrozzina…”. Il ragazzo della pasticceria annuì, soddisfatto della brillante idea e le strizzò, complice, l’occhio destro.
Certo che lo aveva, un tavolino pieghevole, ma lo avrebbe usato volentieri sulla loro schiena. Era su una sedia a rotelle, mica scemo. Non volle, però, rovinare quel superbo momento di stupidità umana. Si limitò a far segno di no con la mano, sorrise e arretrò con la carrozzella, lasciando quei due a commentare l’accaduto che, con molta probabilità, sarebbe stato l’argomento principe della loro giornata. Riprese la strada verso il panificio ma spense la musica. Forse questa aveva contribuito, prima, a farlo sembrare non tanto a posto agli occhi dei due.
Erano riusciti a smorzare l’entusiasmo che fino a quel momento aveva avuto.
Non altrettanto però poteva dirsi della fame. Non ci mise comunque molto a raggiungere il panificio. Il locale era stato da poco ristrutturato, lo si capiva a vista, e per questo rispettava tutte le indicazioni previste per l’accesso ai disabili. “D’ora in poi verrò sempre qui”, pensò.
Contento del posto e del servizio che gli aveva riservato riprese la via del ritorno. Aprì il sacchetto del pane e tirò fuori un panino alle olive. Lo morse con avidità. In quell’istante incrociò un’anziana signora che, nel vederlo addentare con tanta decisione il pane, gli si avvicinò al viso e disse: “Piano! Che ti strozzi! “. E oltrepassandolo, “ Questi handicappati ...Sempre pronti a mangiare. Se non glielo togli, mangerebbero fino a scoppiare!
Rimase senza parole per tanta cattiveria gratuita. Avrebbe voluto alzarsi per riempirla di botte ma fece finta di non aver capito e proseguì.
Riattivò la musica, non doveva farsi rovinare la giornata. Consultò il navigatore, decise di impostare una strada alternativa a quella già percorsa. Avrebbe attraversato un parco.
Come promesso dall’opuscolo, la Permobil X870 diede il suo meglio sullo sterrato.
I vecchietti nel parco, pronti a captare ogni piccolo cambiamento intorno a loro, si divertirono molto nel vedere quell’inusuale modello di carrozzina che frenava di botto, derapava, ripartiva di scatto sollevando un polverone.
Eccitato dalle prestazioni del mezzo, si diresse verso la collina che lo avrebbe portato dall’altra parte del parco. La carrozzina, seppur ancora spedita, cominciò a sentire il peso della salita. Se ne accorse subito ma pensò che, accelerando ancora, avrebbe potuto sfruttare l’effetto della rincorsa per proseguire. Il mezzo invece rallentò ulteriormente fino a non reagire in alcun modo ai suoi comandi e a bloccarsi. La musica, quasi a porre l’accento sul momento, diminuì di volume fino a spegnersi del tutto.
Si ritrovò bloccato.
Non aveva bisogno di essere un tecnico per capire che le batterie si erano scaricate.
“Complimenti Andrea”, si disse. “Ora come ne esci? Sei proprio uno stupido! Viva la tecnologia…”.
Per carattere non mollava mai. Non si perse d’animo.
Staccò l’iPad dal supporto della carrozzella e cercò in internet il sito del produttore della Permobil X870.
«Perissinotto Group, con sede a Venezia, Calle degli Storti 2054», gli indicava Google. “Proprio il posto adatto per vendere carrozzelle per disabili! Ci sarà la fila fuori dalla porta...”.
Digitò sul cellulare il numero dell’assistenza dedicata e attese la risposta.
Una voce femminile, in un italiano stentato, gli disse: “Bongiorno, assistenza clienti Perissinotto Group, possiamo aiutare?”.
“Mi chiamo Andrea, oggi ho comprato una vostra carrozzella elettrica. Si è fermata. Sono all’aperto e non so cosa fare...”.
“Provato caricare le batterie?”.
“Eh no! Sono fuori... all’aperto. In un parco. I' m in the green, in a park!” Aggiunse disperato.
“Ba bene. Ho capito. Vi davo numero assistenza vostra città. Dove chiamate?”.
“Roma”.
“Bella!”, si lasciò sfuggire la ragazza.
“Scusi... ma dove sto chiamando?”.
“Lei in parco, mi ha detto prima...”.
“No! Lei ...io la sto chiamando... Ma lei dove si trova? Non è in Italia, vero?”.
“Ehm... Io non posso dire! Questo ‘Centro Assistenza Perissinotto Group’. Noi stiamo in telefono... Per tutto il mondo”.
“Tranquilla, mica lo dico al Signor Perissinotto. Non lo conosco nemmeno!”.
Non del tutto convinta, la voce: “Albania. Non brava?”.
“No, anzi molto brava. Sentito accento diverso e quindi io essere curioso”.
Si rese conto che, involontariamente, stava parlando come lei. Se ne vergognò.
“Se tu in Roma, ecco numero cellulara per intervento. 3478924297. Motion & Emotion Service, nome ditta”.
“...Attimo. Ecco... Memorizzato. Bene, grazie dell’aiuto. Buona giornata”.
“Bona giornata a te. A suo servizio”.
Chiuse la conversazione interdetto e compose il secondo numero. Al primo squillo rispose un’altra voce femminile, questa volta pimpante e dall’accento marcatamente romano. “Moscioemoscionservissss, buongiorno!”.
“Buongiorno, sono Andrea. Ho avuto un problema con una carrozzella elettronica della Perissinotto...”.
“Benissimo, mi lascia un recapito? La faccio contattare in giornata dell’assistenza”.
“No, guardi, sono fuori casa. Sono rimasto bloccato in un parco, sono sulla carrozzella...”.
“Ah, scusi... Non avevo capito! Mi dice il modello? Tempo un’ora e i nostri ragazzi saranno da lei”.
“Permobil X870”.
“Ahh”.
“Problemi?”.
“No no, uno dei modelli migliori! È solo che sono stati venduti dei modelli con delle batterie difettate e riceviamo spesso segnalazioni... Ne ho ricevuto diverse nelle scorse settimane. Lei, che problema ha avuto?”.
“Batterie!”.
“Oh, mi spiace!”. Si capiva benissimo che se non rideva, poco ci mancava. “Mi dica dove si trova... I ragazzi arrivano subito!”.
“Sono in un parco, quello vicino a via...”. Consultò la mappa sul tablet. “...Via Zuccarelli”.
“Perfetto, ha bisogno di altro?”, disse quasi a volersi discolpare.
“Nulla! Salvatemi! Vi aspetto, buona giornata e grazie”.
“Giorno”.
Non gli rimase che aspettare. Ne approfittò per cercare in internet maggiori notizie sul problema alle batterie. Trovò decine di pagine al riguardo, molte, zeppe di lamentele sul prodotto.
L’assistenza ci mise poco più di un’ora a raggiungerlo. Quattro omoni, vestiti in salopette nera, T-shirt e cappellino bianchi su cui campeggiava la scritta: «Motion & Emotion Service». Ognuno con una valigetta in alluminio. “Mi hanno scambiato per una Ferrari, ora mi fanno il pit stop”, rise fra sé, vedendoli arrivare.
Si avvicinarono, e uno si presentò: “ Motionemoscionservissss. La centrale ci ha avvisato del suo problema. Non spenderà nulla. L’assistenza, da noi, è sempre gratuita “. Due di questi, poggiate le loro valigette a terra, estrassero dei parallelepipedi neri incellofanati, le batterie da sostituire. Un altro, aperta la sua, tirò fuori un calice e un bicchiere di vetro. Esibendoli con soddisfazione, disse: “ Preferisce vino, acqua o coca cola?
“ Scusi?
“ Vuole bere qualcosa? Magari ha sete! Fa parte del nostro servizio assistenza... Capisce... Motionemoscionservissss. Loro “ disse indicando col mento gli altri tre “ si occupano del Moscion e io… dell’emotion! Il cliente. Prima di tutto!
Incredulo, diniegò l’offerta.
Il quarto uomo gli si piazzò alle spalle. S’inginocchiò e, dai rumori metallici che gli giungevano all’orecchio, lo immaginò armeggiare con chiavi e cacciaviti per rimuovere le batterie scariche. Non dovevano essere tanto facili da smontare, a giudicare da quel che sentiva.
“ Uff... Ci sono quasi! Porc... Mmm. Niente!
Provarono tutti e quattro. Grondanti di sudore ammisero che forse nella fabbrica cinese in cui producevano le carrozzine, avevano serrato troppo le viti e i bulloni. Occorreva uno svitatore più potente. “ Dobbiamo portare la Permobil in officina...
“ Ma... Come facciamo? Io...
“ Non si preoccupi! Sblocchiamo le ruote della Permobil, la spingiamo noi fino al nostro furgone. Abbiamo una carrozzella di scorta. Non è come questa... ma si tratta solo di poche ore. Stasera riavrà la sua. Possiamo accompagnarla anche a casa. Siamo attrezzati anche per questo! “ disse soddisfatto uno dei quattro.
Non aveva alternative.
Arrivati al furgone, estrassero la carrozzella sostitutiva. Dire che non era come la sua era stato un complimento. Aveva di fronte una carrozzella manuale, vecchia di chissà quanti anni. I punti di ruggine sulla struttura, una volta cromata, e il sedile consunto non lasciavano dubbi al riguardo. Quasi avessero letto la sua disapprovazione: “ Purtroppo è l’ultima rimasta! Le altre sono state date tutte via ad altri clienti Permobil...
“ Eh, vabbè! “ disse rassegnato.
Compilata la scheda-riparazione della carrozzella con i suoi dati anagrafici, lo issarono con tecnica collaudata e lo riposizionarono sulla carrozzella sostitutiva. Agganciarono le borse dell’altra alla meno peggio poiché i sistemi di attacco erano differenti.
Non poté non notare che anche su questa campeggiava il logo Permobil. Indicandolo a uno dei ragazzi dell’assistenza: “ Siamo sicuri?
“ Sicuri! “ disse uno, non troppo convinto. “ Se vuole, la accompagnano a casa...
“ No, grazie. Faccio da solo. Ci vediamo stasera...
Aspettò che ripartissero prima di riprendere la via di casa. Posizionò le mani sui corrimano circolari agganciati alle ruote e iniziò a spingere in maniera ritmica in avanti. Seppur più faticoso rispetto alla Permobil X870, non gli dispiaceva affatto.
Grazie alle indicazioni di alcuni passanti, non ci mise molto a tornare nel suo quartiere. Era ora di pranzo, aveva fame e il sole cominciava a infastidirlo.
Gli ultimi metri prima di arrivare a casa li percorse con foga. Non notò la merda di cane che, ancora fresca, era a bordo strada. Ci passò sopra con la ruota destra. Una parte ci rimase attaccata. La mano, che spingeva su quel lato, sfiorò lo pneumatico. Solo in quel momento si accorse di quel che era successo. Annusò schifato la mano avvicinandola al viso.
“ Basta! “. Era troppo.
Si alzò. Aprì il cancello del giardino scagliando la carrozzella in un angolo. Entrò in casa a passo spedito, in bagno, a rimuovere il nauseabondo odore.
Strofinò con vigore le mani usando molto sapone. Riannusandola, continuava ad avere l’impressione che l’odore ci fosse ancora.
Si accasciò sul divano. Ripensò a quella mattinata.
Il pomeriggio di due giorni prima, per la fretta, aveva rischiato di investire col suo fuoristrada un ragazzino in carrozzella che, molto lentamente, attraversava la strada sulle strisce. Era riuscito a fermarsi a pochi centimetri ma la gente, dopo che era sceso dalla macchina per sincerarsi che il ragazzo stesse bene, lo aveva aggredito. Tra i vari improperi, uno gli si era conficcato in testa.
“ Dovresti esserci tu al suo posto per capire!
Aveva dormito male, quella notte e la successiva. All’alba della seconda decise di mettere a tacere quella voce.
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