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Briciole di pane

Scoraggiare il consumo di alcol? La Corte UE indica alla Scozia la via corretta

Ma nessuno contesta i benefici per la salute pubblica. E per la sicurezza stradale

Roma, 29 gennaio 2016 – Che il consumo di bevande alcoliche figuri tra i peggiori nemici della sicurezza stradale, è ormai arcinoto. I numeri, impressionanti, appaiono da anni su varie testate, specialistiche e non. Si stima che gli incidenti stradali alcol correlati, nel nostro Paese, siano pari ad almeno il 30-35% del totale.

 

L’alcol alla guida rappresenta, in Italia come in Europa, la prima causa di morte per i giovani di età compresa tra i 16 e i 25 anni.

D’altronde, fatto “1” il rischio di incidente quando si è sobri, esso sale a 11 – rischio undici volte superiore! – quando il tasso alcolemico è tra 0,5 e 0,9 g/l; arriva a 48 con valori tra 1 e 1,4 g/l; mentre con un tasso pari o superiore a 1,5 g/l raggiunge la spaventosa quota 380, equivalente alla quasi certezza di un incidente grave (fonte: ACI).


Sarebbe senz’altro interessante una disamina tecnica, giuridica e sociologica delle strategie legislative adottate nei vari Paesi per affrontare il fenomeno. A livello italiano, le campagne portate avanti, e qualche volta vinte, dall’ASAPS (Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale) già offrono un campionario significativo di provvedimenti possibili e/o ipotizzabili: divieti di vendita in certe ore; divieti di vendita a certe fasce della popolazione; controllo sui contenuti e sui messaggi di certa pubblicità.


In questo contesto, con la recentissima sentenza 23 dicembre 2015 - causa 333/14, la Corte di giustizia dell’Unione europea ha posto un punto fermo: non sono ammissibili imposizioni di prezzi minimi di vendita alle bevande alcoliche. Ci aveva provato, nel 2012, il parlamento scozzese, varando una legge contenente il divieto di vendita di tali bevande a un prezzo inferiore a un importo minimo calcolato in funzione del contenuto alcolico.

Ma gli eurogiudici hanno corretto il tiro: è certo legittimo, per uno Stato, porsi l’obiettivo di fissare a livelli elevati i prezzi delle bevande alcoliche, al fine di contenerne il consumo specie tra i più giovani; ma tale obiettivo si può perseguire, tranquillamente, con una misura fiscale che inasprisca la tassazione su dette bevande. Invece l’imposizione di un prezzo minimo, non lasciando gli operatori economici liberi di determinare il prezzo di vendita, ostacola la libera circolazione delle merci e perciò la concorrenza: “eccede” quanto necessario per il raggiungimento della finalità di interesse generale.

Davide Fornaro