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Briciole di pane

Sticchi Damiani: “Nei prossimi cinque anni mobilità più eco-sostenibile”

Il Presidente dell’Aci, in un’intervista a Le strade dell’informazione, ribadisce l’impegno dell’associazione in sicurezza e sostenibilità

La sicurezza stradale è il principale obiettivo della vostra mission: può la tanto attesa svolta green essere efficace anche in questo ambito?

Credo di sì. Per due fattori, in particolare. Il primo è un dato oggettivo: le auto di nuova progettazione sono molto meno inquinanti e infinitamente più sicure di quelle vecchie. Rinnovare il nostro parco circolante – il più vecchio d’Europa, con auto che hanno, in media, più di 11 anni di età – non significa, dunque, soltanto migliorare la qualità dell’aria che respiriamo, cosa che è, ovviamente, un aspetto fondamentale. Significa anche concorrere ad elevare, in maniera significativa, gli standard di sicurezza delle nostre strade.

Il secondo fattore riguarda la sensibilità ambientale degli automobilisti. Ormai è chiaro a tutti che la svolta verde è imposta dalla gravità dell’emergenza ambientale. Non c’è un minuto da perdere. Raggiungere il “punto di non ritorno” sarebbe la catastrofe. Va da sé che chi vuole un ambiente più pulito, lo vuole anche più sicuro. Se teniamo alla qualità dell’ambiente in cui viviamo, infatti, è perché teniamo alla qualità della vita. Ma, se teniamo davvero alla qualità della vita, non la mettiamo certo a repentaglio, attraverso comportamenti sconsiderati al volante.

Quali sono gli obiettivi di Aci in termini di sostenibilità?

Promuovere – nei fatti, non a parole - una nuova cultura della mobilità sostenibile. Sostenibile da ogni punto di vista: ambientale, ovviamente, ma anche economico, dell’efficienza, della sicurezza e dell’inclusività sociale. Quando dico “fatti”, intendo soprattutto tre cose: il contributo di esperienza e know-how che l’ACI ha sempre fornito e continuerà a fornire al Legislatore, per aiutarlo a mettere a punto norme sempre più efficaci dal punto di vista della sostenibilità; un dialogo aperto, realista né pregiudiziale né ideologico con tutti gli stakeholder del comparto energia, per capire in che modo le diverse alimentazioni possono – anzi devono – contribuire alla sostenibilità ambientale della mobilità; e la sensibilizzazione di tutti gli utenti della strada – automobilisti, due ruote, ciclisti, monopattini e pedoni – affinché comprendano che la strada è patrimonio di tutti. Patrimonio che tutti devono contribuire a valorizzare, nell’unico modo realmente efficace: rispettandola e rispettandosi.

Ridurre del 50% il numero di incidenti e vittime entro il 2030 per arrivare al 2050 con zero morti sulle strade: è questo un obiettivo dell’Ue che ci coinvolge tutti. Secondo lei, questa svolta epocale potrà avvenire anche attraverso l’uso di veicoli più sostenibili?

Certo. Come le ho detto, le auto di nuova generazione sono infinitamente più sicure di quelle di dieci, quindici o venti anni fa. Quasi 25 anni di crash test Euro NCAP (ai quali, dal 2019, si sono aggiunti i test di sostenibilità ambientale del consorzio Green NCAP) testimoniano del fatto che, sia dal punto di vista della progettazione che materiali impiegati, sono stati fatti passi da gigante. Un notevole contributo alla sicurezza ci viene, poi, dalla sempre maggiore dotazione di tecnologie come gli ADAS (Sistemi avanzati di assistenza ai conducenti) – frenata di emergenza, controlli della velocità, mantenimento della corsia, rilevazione della stanchezza, controllo della distrazione – che ci aiutano a ridurre sensibilmente i rischi ai quali andiamo incontro quando ci troviamo alla guida. Anche se non dobbiamo mai dimenticare che la tecnologia più importante di tutte è la nostra testa e che la sicurezza – nostra e degli altri – dipende soprattutto da coscienza, responsabilità e prudenza. Le nuove tecnologie sono importantissime se usiamo la testa. Se ci rifiutiamo di usarla, però, per noi possono fare poco o niente.

L’Italia è fra i Paesi dell’Unione Europea con il più alto numero di veicoli, spesso anche di vecchia data e quindi fra i più inquinanti, per popolazione. È però notizia degli ultimi giorni, rilevata dall'Unione europea delle cooperative (Uecoop) su dati Unrae, che per la prima volta, nel primo trimestre 2021, i veicoli con un motore ibrido o totalmente elettrico hanno sorpassato per numero di immatricolazione, quelli a carburante, dalla benzina al diesel, dal gpl al metano. È il sintomo che qualcosa si muove nel verso giusto?

Assolutamente sì. È la direzione giusta. Direzione che dobbiamo imboccare con decisione ma senza discriminazioni o, peggio, demonizzazioni di quelle alimentazioni tradizionali che hanno raggiunto livelli di impatto ambientale – dalla progettazione alla gestione allo smaltimento – assimilabili a quelli delle alimentazioni più innovative. Credo che, nei prossimi cinque anni, assisteremo all’affermazione dei veicoli elettrificati (per intenderci, gli ibridi nelle diverse forme), i quali contribuiranno a rendere la mobilità più eco-sostenibile. Per i veicoli totalmente elettrici o a idrogeno, invece, credo che ci vorrà un po’ più di tempo, sia per i limiti nell’autonomia e nel costo sia per la necessaria infrastruttura (rete di ricarica) non ancora sufficiente a far fronte alla domanda. Per fortuna, ricerca e tecnologie corrono più delle nostre auto e sono fiducioso che, ancora una volta, ci sorprenderanno positivamente.

 In vista del processo di de-carbonizzazione ormai in corso, come può il nostro Paese seguire il passo e accelerare ancora di più questa trasformazione?

Coniugando intelligenza, esperienza, visione e senso di responsabilità. La transizione ecologica è una battaglia alla fine della quale non ci possono essere vincitori e vinti: o si vince tutti insieme o si perde tutti insieme. Siamo tutti sulla stessa barca. Anzi: sulla stessa strada. Una situazione che ci impone l’obbligo morale – per noi, per i nostri figli e per le generazioni a venire - di fare il possibile, e anche l’impossibile, per ridurre a zero l’impatto della mobilità sull’ambiente. Si può fare. E si deve fare. Lo dimostra, ad esempio, l’esperienza realizzata in questi ultimi anni dalla Fondazione Caracciolo – il centro studi dell’ACI - che ha riunito intorno allo stesso tavolo tutti i principali protagonisti della scena energetica italiana, in un dialogo franco, aperto e costruttivo nel quale le visioni di parte sono state lasciate fuori dalla porta per far prevalere la consapevolezza che la transizione ecologica si può realizzare soltanto facendo ciascuno la propria parte, per contribuire a una svolta vitale per tutti. Un modus operandi che mi auguro si imponga come uno standard su questo e su tutte le altre grandi sfide che ci attendono, non solo in tema di mobilità.

Un veicolo elettrico è spesso molto più costoso di un altro inquinante a benzina, nonostante gli incentivi e le detrazioni messe a disposizione dal governo. Quanto ci vorrà per cambiare questa tendenza e come tutto questo può trasformarsi da costo in opportunità?

Credo sia fondamentale che tutti comprendano che bisogna trasformare il problema-ambiente nell’opportunità-ambiente. Opportunità importante per tutte le componenti della filiera mobilità: i produttori di energia, le Case automobilistiche e il loro vastissimo indotto, noi cittadini e, naturalmente, lo Stato. Il nostro parco circolante è il più vecchio d’Europa. L’anzianità media delle auto è di 11 anni e 6 mesi. Non solo: ben 4,5 milioni hanno più di 23 anni e circa 21 milioni ne hanno più di 9. Cifre impressionanti, che dicono con drammatica chiarezza che il nostro circolante, oltre a essere il più vecchio, è anche il più inquinante e insicuro d’Europa. La sua riconversione, dunque, è una priorità assoluta, che può essere affrontata in un unico modo: mettendo tutti nelle condizioni di poter cambiare auto. Oggi, molto più di ieri, infatti, è evidente che o si incentiva il passaggio ad auto di nuova concezione o la mobilità più verde e più sicura che tutti auspichiamo rimarrà un miraggio. Non ce lo possiamo più permettere.

Sappiamo che prima di tutto la sicurezza passa per un approccio culturale ed educativo ad esso. Come può integrarsi in modo efficace anche in termini sostenibili?

Rispetto è, secondo noi, la parola chiave. È soprattutto sul rispetto, infatti, che si fonda la sicurezza sulle strade. Rispetto di noi stessi e delle persone che viaggiano con noi. Ma anche rispetto degli altri: automobilisti, motociclisti, ciclomotoristi, ciclisti, monopattinatori o pedoni che siano. È del tutto evidente, infatti, che, senza questa reciprocità, non ci sarà mai piena sicurezza, perché qualcuno metterà sempre a rischio la vita di qualcun altro. Anche per questo, porteremo ancora una volta la campagna #rispettiamoci al Giro d’Italia, sempre più convinti del fatto che la vera svolta per la piena sostenibilità della mobilità risieda proprio nel rispetto. Quel rispetto che dobbiamo all’ambiente nel quale viviamo, infatti, lo dobbiamo anche alle persone con le quali viviamo. Altrimenti lui non sarebbe vero rispetto e noi non riusciremo mai a raggiungere i risultati che ci prefiggiamo.

Siete impegnati molto anche nell’automobilismo sportivo: promuovere competizioni con veicoli sostenibili potrebbe diffondere un approccio e una cultura nuova alla mobilità?

L’ACI è nato, più di 115 anni fa, proprio per organizzare e regolamentare le gare automobilistiche. Anche se non tutti lo sanno, siamo la Federazione italiana dell’automobilismo sportivo, come la FIGC lo è del calcio o la FIDAL dell’atletica leggera. Il nostro impegno nel motor-sport, dunque, non è solo passionale ma è anche istituzionale. Da questa posizione, posso confermarle che la FormulaE – il primo campionato a ricevere l'accreditamento ambientale della FIA con tre stelle - è una realtà viva e vitale, che riveste un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’automobilismo sportivo, del quale, a mio avviso, incarna l’evoluzione. Il futuro del motor-sport passa, infatti, dall’elettrico. E dall’elettrico, dunque, passerà anche il futuro delle nostre auto, visto che, da sempre, il motor-sport rappresenta il più straordinario laboratorio di ricerca e innovazione sul quale il mondo dell’auto - dalla pista alla strada - abbia mai potuto contare. Un futuro che, grazie alla forte spinta evolutiva impressa dalla Formula E, è già presente: un presente sempre più eco-sostenibile, sempre più efficiente, sempre più sicuro.