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Briciole di pane

Self-driving car sulle strade di Mountain View

Le Google car macinano chilometri e diventano sempre più intelligenti

Roma, 14 gennaio 2016 - Sulle strade californiane e texane circolano quarantotto Google Car. Sono auto senza pilota che hanno già percorso oltre due milioni di km in autonomia e un milione e mezzo di km guidate da un conducente.

Sono facili da riconoscere, per via della loro caratteristica forma. E diventano sempre di più intelligenti, visto che la società di Mountain View ha brevettato un sistema che permette loro di comunicare anche con i passanti.

Ad esempio, a ridosso dei passaggi pedonali, non ripartono fino a quando non rilevano che non ci sono più persone in procinto di attraversare. Ma questi veicoli sono prudenti pure se si trovano nelle vicinanze dei bambini. In occasione della festa di Halloween hanno “insegnato” alle Google Car a riconoscere i piccoli, nonostante fossero mascherati.

 


Nota curiosa, una di queste vetture è stata fermata dalla polizia perché viaggiava lentamente. L’agente ha rilevato la congestione del traffico e accertato che il prototipo andava a circa 39 km/h (24 mph) in un tratto dove la media è di 56 km/h (35 mph).

Da Google Car hanno risposto sottolineando che la velocità dei veicoli prototipo è limitata a 25 mph per "motivi di sicurezza". L'azienda ha precisato pure che c'è almeno una persona a bordo di tutti i veicoli ("per ora.."), seduta sul sedile del passeggero, pronta a intervenire in caso di necessità. La self-driving car raccoglie, ogni secondo, circa 750 MB di dati. Una mole impressionante d’informazioni che le consente di monitorare minuziosamente tutto ciò che la circonda. La società ha ammesso che nel corso degli ultimi sei anni le “macchine intelligenti” sono state coinvolte in undici incidenti "minori" (che non hanno comportato feriti) e che la colpa non è stata dei suoi veicoli. Certi sinistri, insomma, allo stato attuale, semplicemente non possono essere evitati.

La sperimentazione continua e riserverà, sicuramente, altre sorprese.

Carlo Argeni