Parcheggia in divieto, condannata per omicidio
Sentenza a Milano: L'auto impediva la visuale, per colpa sua investito un motociclista
Milano, 5 maggio 2011 - Ha posteggiato dove non poteva e per questo è stata condannata per omicidio colposo. La Kia Picanto lasciata sotto casa da una ragazza 22enne ha infatti impedito a un automobilista di vedere una motocicletta che si avvicinava all'incrocio: l'auto ha tagliato la strada alla moto e il centauro di 29 anni è morto sul colpo. Erano le dieci di sera del 16luglio 2009. La ragazza deve ora rispondere di quella morte, in concorso con il conducente dell'auto. Lo stabilisce una sentenza del gup Luigi Varanelli, che ha inflitto alla donna sei mesi di reclusione con la condizionale per avere parcheggiato a un incrocio in via Castelbarco, a Milano. Si afferma così il principio secondo cui i divieti di sosta rendono le strade meno sicure e si riconosce all'automobilista indisciplinato una responsabilità che va ben oltre la multa data dai vigili. La ragazza ora si limita a dire che prova «grande dolore per il ragazzo che è morto nell'incidente». Ma il suo legale, in attesa delle motivazioni della sentenza, annuncia che ricorrerà in appello, convinto che non vi sia legame fra sosta irregolare e incidente. Tanto più che il Comune ha nel frattempo annullato la multa che i vigili hanno fatto alla ragazza una volta arrivati sul luogo dell'incidente. A chiedere per la donna una condanna a nove mesi, ridotti a sei perché l'imputata ha scelto il rito immediato, è stato il pubblico ministero Gianluca Prisco. La pena è stata mitigata anche dal fatto che la moto Buell al momento dell'impatto corresse a 90 chilometri all'ora, oltre il limite di velocità. La norma violata sarebbe l'articolo 158 del codice della strada, che impone di verificare che dal posteggio «non possa derivare pericolo per l'incolumità delle persone». Il pm ha chiesto che sia condannato anche un altro automobilista che aveva posteggiato in un punto che, secondo le perizie ordinate dalla procura, avrebbe impedito la visuale all'incrocio. Ma il 40enne che quella sera lasciò il suo Suv Bmw in sosta vietata, ora rinviato a giudizio, non ci sta: «Voglio affrontare il processo per dimostrare che la mia auto non c'entrava nulla, e che ai tempi nessun cartello indicava che la sosta era vietata». Già una sentenza di Cassazione degli anni Settanta affermava, in linea di principio, la responsabilità di chi parcheggia fuori dalle regole sugli effetti che la violazione può avere sul traffico. L'automobilista che non ha rispettato la precedenza, un uomo d'affari giapponese in città per lavoro, ha invece patteggiato nove mesi di reclusione, sempre con la condizionale e sempre per omicidio colposo. Per Domenico Musicco, legale dell'Associazione parenti vittime della strada, «la sentenza è positiva, perla prima volta un processo di merito chiarisce la responsabilità di chi non rispetta le norme sulla sosta». Andrea Trentini, presidente dell'associazione di "motociclisti responsabili" Motocivismo, parla di «sentenza esemplare, che afferma quanto ripetiamo da anni, ossia che lasciare l'auto in sosta vietata può essere una condotta assassina». Se la mancanza di segnaletica al momento dell'incidente sarà dimostrata, si potrebbero individuare responsabilità anche per il Comune di Milano. Intanto l'assessore al Traffico Riccardo De Corato, in campagna elettorale per le Comunali, parla di «sentenza shock» e loda il sistema di multe "a strascico" da lui stesso introdotto, con i verbali alle auto in seconda fila fatti grazie a telecamere montate sulle auto dei vigili. Un sistema che in realtà funziona a singhiozzo, con Aci che stima in 90mila auto le auto che ogni giorno a Milano sono lasciate in doppia fila.