Pendolarismo e mobilità, ragionare sull'area vasta
Città metropolitane come salto di qualità. Anche per l'infrastrutturazione
Roma, 27 aprile 2015 - I mutamenti negli assetti istituzionali hanno senso e ragione solo se tendono a soddisfare maggiormente i bisogni della collettività. Affermazione, questa, particolarmente vera per i mutamenti che, addirittura, ridisegnano gli ambiti territoriali dell’azione dei pubblici poteri: come la creazione della città metropolitana, stabilita dalla “legge Delrio” del 2014. E il banco di prova più significativo sarà, senza dubbio, quel bisogno primario, umano e sociale, che è la mobilità. Perché la città metropolitana non è (non dovrà essere) solamente “un Ente un po’ più grande di prima”, ma un modulo di governo del territorio tale da segnare discontinuità nella capacità di affrontare i problemi.
E’ nelle città metropolitane, non all’interno degli originari comuni capoluogo, che si concentra la quota più rilevante di infrastrutturazione del Paese: troviamo, in esse, 1.204 chilometri di autostrade su 7.412 della rete autostradale complessiva; 1/3 degli scali aerei; ben il 20,3% delle stazioni ferroviarie italiane. Tanto che non sarebbe sbagliato vedere le città metropolitane come altrettanti snodi trasportistici. Ma, sull’altro piatto della bilancia, sta una domanda di mobilità, qualitativamente e quantitativamente, più forte, perché espressione di una collettività residente nell’aera vasta. Con rischi di congestione molto più preoccupanti, dato che, sotto ogni punto di vista, le aree di cui parliamo sono i fulcri dell’economia italiana.
Uno studio ISFORT (Istituto Superiore di Formazione e Ricerca per i Trasporti), del dicembre scorso, ci offre un po’ di cifre. Basate su un approccio che va, correttamente, a cogliere l’aspetto essenziale: il bisogno di muoversi. Nello specifico, è stato preso un campione statisticamente significativo della popolazione italiana, e si sono registrati in modo sistematico tutti gli spostamenti effettuati dall’interessato il giorno precedente l’intervista (solo giorni feriali).
Per esempio, lo studio ci mostra come, nella prospettiva di area vasta, cessi di essere vera la correlazione, apparentemente indiscutibile, tra crisi economica e contrazione della mobilità. Gli spostamenti complessivi, è vero, diminuiscono: da una media giornaliera di 3,05 pro-capite (anno 2000) a una di 2,75 (anno 2013). Ma se, per i residenti nei comuni capoluogo, ciò è equivalso anche a una diminuzione, pur contenuta, dei chilometri percorsi (da 28,6 a 28,1 al giorno), per i residenti nella città metropolitana l’indicazione appare completamente invertita: per loro i chilometri percorsi, nella medesima serie storica 2000-2013, sono aumentati, e di molto (da 29,8 a 34,8 al giorno, con l’area di Roma che addirittura “sfonda” il muro dei 40 km); con l’aggravante di essere, nel 62,2% dei casi, spostamenti effettuati su mezzo privato (mentre la quota percentuale di preferenza del mezzo privato scende di quasi 9 punti guardando ai soli residenti nei comuni capoluogo: 53,5%).
Maggiori distanze da coprire, più tempo dedicato agli spostamenti, dis-economie aggravate, inquinamento inevitabilmente in crescita. Colpa, certo, della dispersione territoriale di molte attività lavorative combinata con assetti urbanistici quanto meno discutibili. Ai nuovi sindaci metropolitani, però, servirà a poco denunciare gli errori del passato. Quello della mobilità è un problema che incombe e richiede risposte rapide. Magari approfittando della propensione al cambio modale, forte come non mai: nella fase pre-crisi (2004-2007) solo il 24% dei cittadini si dichiarava pronto a una diminuzione dell’uso dell’auto privata, e solo il 28,3% esprimeva il desiderio di voler aumentare l’uso del mezzo pubblico; percentuali che sono diventate, nel periodo 2011-2013, rispettivamente 37,8 e 46,1. “Se non ora, quando?”, potrebbe essere uno slogan molto pertinente. Ancorché piuttosto inflazionato.
Ad ogni modo, a parte le polemiche sulle possibili soluzioni, è la base metodologica a rivestire un’assoluta importanza. Occorre partire, lo ripetiamo, da un’analisi delle esigenze di spostamento sul territorio, scevra da condizionamenti. Esemplare la “Matrice origine-destinazione” redatta dalla Regione Lombardia per capire quanto, quando, come, dove e perché ci si muove in quella Regione (iniziativa di cui si è dato dettagliatamente conto su queste colonne: leggi l'articolo).
L’attuazione della città metropolitana si presenta, quindi, come una vera sfida, che ingaggerà la battaglia decisiva proprio sul fronte della mobilità di persone e cose. Con l’obiettivo di migliorarne, drasticamente, la qualità (tempi di percorrenza, safety e security in ogni modalità trasportistica). Un obiettivo al quale devono piegarsi, senza indugio, gli interventi infrastrutturali, di ogni livello. Al riguardo il neoministro delle infrastrutture, Graziano Delrio (nella foto), con il suo background di sindaco (Reggio Emilia) prima, estensore della legge sulle città metropolitane poi, non potrà non mostrare la giusta sensibilità.