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Briciole di pane

Pinocchio alla guida, ma non c'è nulla da ridere

False attestazioni e altre "bugie" alla polizia stradale: materia da codice penale

Roma, 8 febbraio 2017 – Eppure, c’è ancora chi ci casca. C’è ancora chi, per timore di ripercussioni sulla patente, fornisce false generalità o false attestazioni agli organi di polizia stradale, non importa se statali o locali. Commettendo, così, un reato. E finendo invischiati, visto che si tratta di un reato quasi sempre assai facile da accertare, in un procedimento penale: qualcosa di infinitamente peggio rispetto alle possibili vicende amministrative riguardanti la patente.

Un vasto campionario, in materia, è offerto dalle comunicazioni dei dati del conducente ai fini della decurtazione dei punti. Benché siano passati ormai quattordici anni dall’introduzione della patente a punti, continuano a finire nelle aule di giustizia vicende come quella dell’appassionato di auto sportive che, sorpreso da un autovelox, indica quale conducente, sull’apposito modulo, l’anziana zia, magari ospite di una casa di riposo ma provvidenzialmente titolare di patente non ancora scaduta. In simili casi, alla polizia basta una telefonata per ricostruire il tutto e passare il fascicolo alla Procura della Repubblica. Il reato è quello dell’articolo 495 Codice Penale e le condanne sono inevitabili (tra le ultime sentenze: Cass. Pen. 19527/2016).

È possibile assistere a espedienti persino più grossolani. Chi viene fermato alla guida con la patente sospesa o revocata potrebbe cedere alla tentazione di fornire, anziché le proprie generalità, quelle del proprietario del veicolo, confidando nel potere scusante del preteso fraintendimento. Il logoro alibi “avevo capito un’altra cosa...”, insomma. Peccato, però, che al fermo operato dalla pattuglia facciano seguito ulteriori adempimenti (alcoltest, invito a presentarsi negli uffici di polizia con i documenti in regola, ecc.) che puntualmente portano a smascherare la falsa dichiarazione. L’ultima sentenza della Cassazione è di pochi giorni fa, la n. 3424/2017: piena e totale conferma della condanna rispetto alla “riedizione della irrealistica tesi dell’equivoco”. Il che vuol dire, tradotto dal giuridichese: squallido trucchetto che ormai non funziona più.

Davide Fornaro