Trenitalia Cargo rivede la struttura produttiva
La parola d'ordine è flessibilità: 60% programmato, 40% come straordinario
Milano, 25 aprile 2011 - Trenitalia Cargo non chiude, non viene venduta, non c'è una «bad company» modello Alitalia nelle quale far confluire i debiti. «Al contrario, ci siamo e ci saremo in futuro — sottolinea Mario Castaldo, direttore della Divisione Cargo — lavoriamo per essere leader in Italia e un soggetto importante nella logistica ferroviaria internazionale». Intanto però il cargo su ferro ha perso anche nel 2010: «Abbiamo rispettato per l'anno scorso il budget e gli obiettivi che ci eravamo dati. Ovvero ristrutturare il traffico diffuso che non è più funzionale alle esigenze della clientela, trasformandolo in treni multicliente su piattaforme dalle quali si terminalizza via gomma, e crescere nel segmento dei treni completi. Certo complessivamente abbiamo fatto meno treni/km».
I dati di bilancio sono ancora riservati così come i contenuti del piano industriale all'esame dei due ministeri interessati, ma qualche anticipazione trapela. «Stiamo lavorando per essere davvero un'impresa: sul fronte dei costi di produzione dall'inizio di quest'anno stiamo introducendo la figura dell'agente polifunzionale, che permette di ridurre il numero di persone necessarie a mettere in linea un treno — spiega Castaldo — ma stiamo anche rivedendo la nostra organizzazione produttiva». La parola d'ordine è flessibilità. «C'è una crescita dei traffici e un aumento della domanda — continua — ma è caratterizzata da una forte variabilità dei flussi, che cambiano a seconda dei mercati, specie per le materie prime. Noi allora abbiamo organizzato così l'offerta: il 60% è programmato a orario, il 40% è previsto come straordinario. La pianificazione dei treni è settimanale ma variazioni sono possibili fino a 48 ore prima dell'effettuazione».
II piano industriale punta su treni completi, trasporto internazionale e relazioni da e per i porti. «Contiamo di crescere in questi segmenti — aggiunge Castaldo — e quindi a chi ci accusa di tenere locomotive accantonate, E655 ed E656, rispondo che andremo a riutilizzarle già da quest'anno e anzi dal 2013 pensiamo di acquistarne di nuove. Per i porti in particolare vorremmo arrivare a poter comporre i treni pronti per partire in banchina come succede a Rotterdam, ma intanto lavoriamo per ridurre il costo delle manovre. E non abbandoniamo il sud Italia, dove garantiamo un servizio universale sovvenzionato sì dallo Stato con 128 milioni, ma a fronte di una precisa lista di relazioni e volumi da assicurare. Soldi che prendiamo a consuntivo sui treni effettuati».
Sulle polemiche con le altre imprese cargo private, Castaldo smorza i toni, ma precisa: «lavoriamo per aprire il cargo ferroviario a nuovi segmenti e a nuovi mercati. La concorrenza c'è da 10 anni e doveva servire a fare crescere il settore. Ma le tonnellate trasportate su ferro da allora a oggi non sono cresciute. Io mi chiedo: perché queste imprese ferroviarie in 10 anni non sono riuscite a sottrarre una sola tonnellata di merci alla strada?». La domanda è ovviamente provocatoria: «Le hanno sottratte a noi — conclude — è la concorrenza certo, ma vorremmo che fosse su regole uguali, penso ad esempio ai contratti di lavoro. Poi purtroppo dove la strada gode di grandi sovvenzioni, in Italia solo quest'anno 700 milioni, la quota del cargo ferroviario è bassa. Siamo al 10% contro il 25% della Germania, per non parlare della Svizzera che porta su ferro il 54% delle merci».
I dati di bilancio sono ancora riservati così come i contenuti del piano industriale all'esame dei due ministeri interessati, ma qualche anticipazione trapela. «Stiamo lavorando per essere davvero un'impresa: sul fronte dei costi di produzione dall'inizio di quest'anno stiamo introducendo la figura dell'agente polifunzionale, che permette di ridurre il numero di persone necessarie a mettere in linea un treno — spiega Castaldo — ma stiamo anche rivedendo la nostra organizzazione produttiva». La parola d'ordine è flessibilità. «C'è una crescita dei traffici e un aumento della domanda — continua — ma è caratterizzata da una forte variabilità dei flussi, che cambiano a seconda dei mercati, specie per le materie prime. Noi allora abbiamo organizzato così l'offerta: il 60% è programmato a orario, il 40% è previsto come straordinario. La pianificazione dei treni è settimanale ma variazioni sono possibili fino a 48 ore prima dell'effettuazione».
II piano industriale punta su treni completi, trasporto internazionale e relazioni da e per i porti. «Contiamo di crescere in questi segmenti — aggiunge Castaldo — e quindi a chi ci accusa di tenere locomotive accantonate, E655 ed E656, rispondo che andremo a riutilizzarle già da quest'anno e anzi dal 2013 pensiamo di acquistarne di nuove. Per i porti in particolare vorremmo arrivare a poter comporre i treni pronti per partire in banchina come succede a Rotterdam, ma intanto lavoriamo per ridurre il costo delle manovre. E non abbandoniamo il sud Italia, dove garantiamo un servizio universale sovvenzionato sì dallo Stato con 128 milioni, ma a fronte di una precisa lista di relazioni e volumi da assicurare. Soldi che prendiamo a consuntivo sui treni effettuati».
Sulle polemiche con le altre imprese cargo private, Castaldo smorza i toni, ma precisa: «lavoriamo per aprire il cargo ferroviario a nuovi segmenti e a nuovi mercati. La concorrenza c'è da 10 anni e doveva servire a fare crescere il settore. Ma le tonnellate trasportate su ferro da allora a oggi non sono cresciute. Io mi chiedo: perché queste imprese ferroviarie in 10 anni non sono riuscite a sottrarre una sola tonnellata di merci alla strada?». La domanda è ovviamente provocatoria: «Le hanno sottratte a noi — conclude — è la concorrenza certo, ma vorremmo che fosse su regole uguali, penso ad esempio ai contratti di lavoro. Poi purtroppo dove la strada gode di grandi sovvenzioni, in Italia solo quest'anno 700 milioni, la quota del cargo ferroviario è bassa. Siamo al 10% contro il 25% della Germania, per non parlare della Svizzera che porta su ferro il 54% delle merci».