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Briciole di pane

A3, la sfida quasi impossibile

E' una grande opera necessaria alla Calabria

Palmi (RC), 5 maggio - «Sventrare spazio con un accordo tamtuuumb: azzannarlo, sminuzzarlo, sparpagliarlo». Al km 393 dell'autostrada prende forma la visione futurista della Calabria. È li, tra gli svincoli di Gioia Tauro e Scilla, che l'uomo sfida gli elementi per realizzare la più impegnativa delle missioni: modernizzare l'A3, la famigerata A3 delle frane, degli incidenti e del traffico. Un incubo contemporaneo al cui fianco, invisibile ai più, scorre il sogno visionario di architetti e ingegneri. «Non è un ammodernamento, è un'autostrada nuova di zecca» spiega Antonio Picca, manager e direttore tecnico dei due macrolotti. In tutto, quaranta chilometri di asfalto, acciaio e calcestruzzo. Più della metà sono montagne da scavare e ponti da elevare, partendo sempre da un riferimento costante: non ci sono riferimenti all'infuori del vuoto creativo. È questa la prima regola del Fight club autostrade spa.

Lo ha ben presente Gianpaolo Frante, delegato della Impregilo, la società di costruzioni che dal canale di Panama, passando per il Brasile, ha messo il proprio sigillo su alcune fra le più rilevanti opere infrastrutturali del mondo. L'ultima, in ordine di tempo, sarà proprio quella calabrese. Il tratto in questione è certamente quello più importante dell'intero percorso. Non soltanto perché rappresenta il trampolino di lancio per la Sicilia. È piuttosto la stessa morfologia del luogo a suggerirci la soluzione. E non solo. Tra tunnel e viadotti, infatti, c'è una circolazione da salvaguardare sempre e comunque. «È come rifare una casa partendo dalle fondamenta, però, con le persone all'interno», semplifica con saggezza Alfio Cirami, direttore dei macro-lotti. Qui, a differenza che altrove, cavarsela con una deviazione è praticamente impossibile. E allora, oltre che tecnici, finisce che bisogna essere anche un po' poeti. Il problema non è solo costruire la nuova autostrada, quanto piuttosto dismettere il vecchio tracciato per riportare i luoghi al loro stato originario, salvaguardando così l'ambiente. In minima parte le vecchie carreggiate verranno riutilizzate come strade di collegamento interno. Il resto, cioè quasi tutto, sparirà per sempre grazie a una delicata opera di smontaggio, pezzo su pezzo, «nel centro di quei tam-tuuumb spiaccicati». Dicevamo, invisibili ai più, sui quaranta e passa chilometri di crosta terrestre, si spalmano duemila operai, stanziati in due Campi base, uno nel centro di Palmi, l'altro a ridosso di Scilla. Sono gli eroi dell'asfalto, scalatori dell'abbandono che applicano quotidianamente le formule magiche della fisica che altri hanno riscritto per loro, adattandole alle forme impervie di questo torsolo di Calabria. Sospesi nel vuoto, aggrappati alle rocce o calati nelle viscere della terra, caschi arancioni e in testa un solo obiettivo comune: progettare l'avvenire. Un buon assaggio, rispetto a ciò che sarà, è offerto dalla galleria che precede l'ingresso a Palmi. Illuminata a giorno da decine di led laterali e forgiata sul modello dei sottopassi parigini, è un biglietto da visita per monsieur I'autoroute Sa-Rc. L'ingegner Luigi Silletta, responsabile del procedimento, precisa che saranno tutte così le dodici gallerie che feriscono l'Appennino, 24 considerata la doppia direzione di marcia. Ventiquattro gallerie per 48 imbocchi: «rocce da addentare e nuvole rosee, delizie lontane». Frattanto, il paesaggio costiero scorre rapido davanti agli occhi di automobilisti incolonnati.

Salvatore Tonti legge nei loro pensieri, ma non per divinazione. Vicedirettore centrale Anas per l'area Nuove costruzioni e calabrese d'origine, Tonti segue passo passo l'evoluzione dei lavori. Nel riscatto della sua terra, ci crede più d'ogni altro. E per questo, è disposto anche a passare sopra ai luoghi comuni che, da sempre, accompagnano l'autostrada più bistrattata del mondo. «Comprendo i disagi, ma se vedessero ciò che stiamo realizzando, sarebbero più teneri con noi. Comunque finiremo nel 2013, rispettando le scadenze». Gallerie e ponti, ponti e gallerie: si procede così, sorvolando gole che superano i cento metri di profondità. E dove non c'è il creato a frapporre ostacoli, allora interviene l'uomo. Sui cantieri, tutto è controllato, classificato, sorvegliato a vista con un accordo tam-tuuumb, ma l'ombra della 'ndrangheta è qualcosa con cui fare i conti quotidianamente. Il furto di un escavatore, l'incendio di un camion, le minacce più o meno esplicite, possono paralizzare i lavori anche per un giorno intero. Frante lo sa. E come lui Tonti, Cirami, Picca e Silletta. Nei loro occhi, la certezza che, malgrado imprevisti e sofferenze, stavolta c'è un muro invalicabile di legalità già eretto a protezione del sogno. Anche per questo, a metà tragitto, in località Acqua della signora, è stato predisposto un piano di protezione civile, con carri attrezzi Aci, vigili del fuoco e volanti della polizia pronti a scattare in ogni direzione, 24 ore su 24. «Nel 2013» ripete Tonti, fissando quella che il geometra Russo definisce «la madre di tutte le battaglie». È il viadotto Favazzina, tra Bagnara e Scilla, ma con le sue antenne e con i tiranti, potrebbe trattarsi tranquillamente di Brooklyn e del suo celebre ponte. Un piccolo miracolo della scienza che fa da copertina all'intero progetto. Di certo, tra le opere d'arte è la più rappresentativa.

L'emblema di uno sforzo intellettuale con cui un pool ben assortito di uomini ha piegato la Natura alla propria volontà. Salerno-Reggio Calabria, accade al km 393 e giù di li. Se passate da quelle parti, non smoccolate al primo accenno di traffico. C'è chi lavora per voi. Tamtuuumb.

Marco Cribari - Calabria Ora

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