Contratto di appalto: la risoluzione del contratto per inadempimento impedisce al Giudice l’esame delle riserve
Ai sensi dell’art. 1458 c.c. la risoluzione contrattuale per inadempimento ha efficacia retroattiva tra le parti. Pertanto, in caso di risoluzione del contratto di appalto per inadempimento, tutti gli effetti del contratto stesso vengono meno, e con essi tutti i diritti che ne sarebbero derivati e che si considerano come mai entrati nella sfera giuridica dei contraenti: ciò impedisce al Giudice di esaminare le riserve dell’impresa formulate nel corso della esecuzione del contratto e di porsi la questione della loro fondatezza (Tribunale Roma, sez. II, 16 maggio 2022 n. 7575).

La risoluzione per inadempimento del contratto di appalto ex art. 136 d.lgs n. 163/2006 e la facoltà di recesso prevista dal successivo art. 134, pur avendo effetti diversi, sono entrambe espressione di un potere di autotutela privatistica riconosciuto alla stazione appaltante.
Con riferimento alla risoluzione per inadempimento, nel caso in cui la stazione appaltante e l’appaltatore contestino reciproci inadempimenti “il giudice deve procedere ad una valutazione combinata delle rispettive e contrastanti allegazioni in modo da individuare, al netto delle singole doglianze, a quale delle due parti sia da addebitare sostanzialmente il fallimento della convenzione”. Nella specie il Tribunale ha confermato la legittimità della risoluzione esercitata da ANAS per inadempimento dell’appaltatore dopo aver riscontrato che quest’ultimo si era avvalso del subappalto oltre il limite del 10% (per cui il subappalto era stato autorizzato) e che aveva ripetutamente violato le norme sulla sicurezza. A tal proposito il Tribunale ha anche sottolineato che la reiterata mancata osservanza delle norme sulla sicurezza da parte dell’appaltatrice costituisce un inadempimento tanto grave da legittimare di per sé la risoluzione in danno ex art. 136 d.lgs n. 163/2006 e l’espunzione dal prezzo dell’appalto dei relativi oneri.
Una volta pronunciata la risoluzione, in forza dell’operatività retroattiva di questa stabilita dall’art. 1458 c.c. tutti gli effetti del contratto di appalto vengono meno e con essi tutti i diritti che ne sarebbero derivati e che si considerano come mai entrati nella sfera giuridica dei contraenti stessi: ciò impedisce al Giudice di esaminare le riserve dell’impresa formulate nel corso della esecuzione del contratto e di porsi la questione della loro fondatezza, residuando soltanto la valutazione delle pretese reciproche (il pagamento dei lavori al netto del ribasso contrattuale, i materiali, i maggiori costi sostenuti quanto alla parte attrice e i danni cagionati per aver costretto la committente alla risoluzione, quanto alla parte convenuta).