Flash news Infrastrutture:
 
 

Briciole di pane

Edilizia, caschi colorati in piazza per chiedere concertazione e investimenti

Il 24,1% in meno in termini di investimenti e produttività in cinque anni

Roma, 3 marzo 2012 - Il 24,1% in meno in termini di investimenti e produttività in cinque anni, 400 mila posti di lavoro bruciati in oltre tre anni, trlicate le ore di cassa integrazione dal 2008 (40 milioni) al 2010 (104 milioni), 60 mile imprese costrette a chiudere i battenti, anche a causa dei ritardati pagamenti. Sono questi i numeri della crisi del settore delle costruzioni. Una crisi che oggi i lavoratori dell'edilizia hanno portato in piazza con la manifestazione nazionale indetta dai sindacati di categoria, presenti anche i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, per chiedere al Governo l'apertura immediata di un tavolo e investimenti per far ripartire un settore chiave per permettere al Paese di tornare a crescere.

Una manifestazione colorata di caschetti da cantiere che ha visto la partecipazione, secondo gli organizzatori, di 30 mila persone. I lavoratori hanno sfilato dalla Bocca della verità fino al Colosseo con cartelli di denuncia: 'La crisi ci schiaccia' e 'Piccole opere fanno grande il Paese'. E' andato in scena anche un finto funerale per denunciare i tanti casi di cantieri fermi e opere incompiute.

"Il settore delle costruzioni è sempre stato il classico settore anticiclico. Se non riparte questo, non è vero che riparte la crescita", ha detto Susanna Camusso che, come gli altri sindacalisti, indossava un caschetto colorato. "Siamo in piazza per protestare contro lo stallo dell'edilizia", ha aggiunto Raffaele Bonanni, che al premier Mario Monti chiede di "eliminare la vergogna degli appalti al massimo ribasso, che sono l'anticamera degli interessi mafiosi". Per il leader della Uil, Luigi Angeletti, è necessario passare "dalle promesse ai fatti: il governo faccia realizzare opere e stanziamenti e i cantieri si avviino subito, rimuovendo gli ostacoli".

I sindacati di categoria chiedono anche alla politica di non sottovalutare il "profondo disagio sociale" del settore. Solo nell'edilizia si registrano 300.000 occupati in meno dall'inizio della crisi, e le ore di cassa integrazione sono state 104 milioni nel 2010 e nei primi 10 mesi del 2011 sono aumentate del 4,5%. "I dati sono sconfortanti, ma il settore può diventare un banco di prova decisivo per un cambiamento di rotta", ha detto il segretario generale Feneal Uil, Antonio Correale, avvertendo che "Governo e Parlamento non potranno ignorare le nostre proposte unitarie". I sindacati hanno infatti presentato una piattaforma rivendicativa con le proposte per portare fuori dalla crisi il settore, nel segno della regolarità e della sicurezza del lavoro, della qualità dell'impresa e per uno sviluppo sostenibile.

Al Governo si chiede, in particolare, "una stretta regolativa, ponendo fine alla devastante corsa al ribasso dei costi che sta distruggendo il settore", ma anche "che le risorse stanziate, come quelle delle ultime delibere Cipe, si trasformino in cantieri e non restino promesse", ha detto il leader della Fillea-Cgil, Walter Schiavella. Un altro aspetto riguarda la previdenza: i lavoratori dell'edilizia, marmo e cave, ha avvertito il segretario generale della Filca-Cisl Domenico Pesenti, vanno considerati "categorie di lavori pesanti e usuranti" e necessitano quindi di "un'età pensionabile più bassa".

Adesione allo sciopero dei sindacati è arrivata anche dall'Ance, l'associazione dei costruttori, che rappresenta le 700 mila imprese edili italiane, che danno lavoro a un milione di addetti. "Stiamo denunciando da tempo la gravissima crisi nella quale ormai versa senza alcun segnale di ripresa uno dei settori più importanti dell`economia del Paese", ha sottolineato il Presidente dell`Ance Paolo Buzzetti che ieri ha inviato al Presidente del Consiglio, Mario Monti, una lettera nella quale si chiede di determinare lo stato di crisi del settore e di avviare tutti gli interventi necessari per salvare centinaia di imprese dal rischio chiusura ed evitare la perdita di altre migliaia di posti di lavoro.

In primo luogo i costruttori chiedono che si trovino soluzioni concrete per il grave problema dei ritardati pagamenti, per allentare la stretta creditizia e per liberare risorse già stanziate ma non ancora trasformate in cantieri. I tempi medi di pagamento - denuncia l'Ance - sono ormai attestati sugli 8 mesi, ma i picchi di ritardo possono arrivare anche a due anni. I debiti del settore pubblico rispetto alle imprese sono di 70 miliardi complessivi e di questi ben 30 riguardano l'edilizia.

"Per queste ragioni l`Ance condivide i motivi che hanno spinto Filca-Cisl, Fillea-Cgil e Feneal-Uil a indire una manifestazione di protesta", ha commentato Buzzetti, ricordando che un anno e mezzo fa gli stessi costruttori furono protagonisti insieme ai sindacati e alle altre sigle della filiera riunite sotto il simbolo degli Stati Generali delle Costruzioni di una importante e partecipata manifestazione di protesta organizzata di fronte al Parlamento per chiedere alla politica di rimettere al centro dell`agenda del Paese il settore dell`edilizia. "Da allora, nonostante l`attenzione e alcuni segnali incoraggianti avuti da parte del Governo e delle forze parlamentari, nulla o poco più è cambiato e il tempo a disposizione è ormai scaduto".

L`Ance denuncia anche un fortissimo razionamento del credito verso tutto il settore. In alcuni casi, questa chiusura sarebbe stata sollecitata "anche dall`Organo di Vigilanza di Banca d`Italia al fine di ridurre il profilo di rischio degli istituti coinvolti". Per le costruzioni, poi, secondo l'associazione dei costruttori "il blocco delle erogazioni è duplice: diretto, perché non vengono finanziati gli investimenti proposti dalle imprese, e indiretto, perché è praticamente impossibile per le famiglie contrarre mutui per l`acquisto della casa. In questa fase le banche sono impegnate esclusivamente a richiederci di rientrare dai prestiti in essere".

La crisi di liquidità delle imprese, sottolinea l'Ance, "è accentuata drammaticamente dal problema dei ritardati pagamenti da parte della pubblica amministrazione, che assume dimensioni sempre più preoccupanti e sta mettendo fortemente a repentaglio la sopravvivenza di numerose aziende". L`Ance ha collaborato con la Cassa Depositi e Prestiti per la creazione di un plafond di 2 miliardi di euro per finanziare le operazioni di sconto pro soluto dei crediti delle imprese. Questa iniziativa, secondo i costruttori, si starebbe "scontrando con la ritrosia delle banche verso questo strumento, ritardando la firma del Protocollo". Anche le misure previste dal Governo per accelerare i pagamenti stanno trovando ostacoli: "L`obbligo di certificazione dei crediti verso gli enti locali è ancora, nonostante le nostre continue sollecitazioni, in attesa del decreto attuativo del Ministero dell`economia che non sembra imminente".

L`Ance sottolinea infine che, pur essendo consapevole della necessità di continuare sulla strada del rigore per consolidare i conti pubblici, "in questa fase recessiva non possono mancare misure per la crescita che pongano al centro delle politiche economiche del Paese il rilancio degli investimenti in infrastrutture e i provvedimenti di sostegno per l`edilizia privata. Purtroppo, le scelte, finora adottate dal Governo, non sembrano andare in questa direzione".

La decisione del Governo di sostenere la richiesta dell`Ance di reintroduzione dell`IVA su opzione a tutte le cessioni e locazioni di abitazioni realizzate direttamente da imprese di costruzioni "si è infranta - affermano i costruttori - dopo una prima approvazione dei Ministri competenti, sulle resistenze del Ministero dell`Economia. Eppure, si tratta di un provvedimento di importanza vitale, che permetterebbe di scongelare beni immobili inutilizzati, liberando risorse per nuovi investimenti, ed offrirebbe abitazioni in locazione a prezzi calmierati in una situazione italiana che vede lo stock in affitto tra i piu` bassi a livello europeo".

Sul tema delle infrastrutture, l'Ance "pur apprezzando l`impegno del Governo nell`aver garantito, attraverso il Cipe, una dotazione finanziaria a favore delle opere necessarie all`adeguamento del territorio", ritiene che sia` necessario "offrire un segnale di certezza sulle risorse che potranno, effettivamente, essere utilizzate. Dei fondi allocati e riallocati piu` volte in questi anni, infatti, solo 4 miliardi risultano disponibili per il 2012. Una cifra ben inferiore a quelle piu` volte dichiarate, ma sufficiente, almeno, a far ripartire il settore, se dedicata a interventi indispensabili, come quelli per le scuole, per la riduzione del rischio idrogeologico e per le infrastrutture urbane".

Più in generale, conclude l'Ance, si avverte "l`esigenza di una politica di bilancio finalizzata a liberare risorse per l`infrastrutturazione del Paese, investimenti che possono costituire il volano per aumentare la competitivita` e generare lo sviluppo che anche l`Europa, insistentemente, ci chiede. E` necessario sviluppare una politica che favorisca gli investimenti nell`ammodernamento e nella rigenerazione delle nostre citta`, in grado di aumentarne l`efficienza e la qualita` della vita dei cittadini".

M.Av.