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Briciole di pane

Per i porti italiani sfida ancora aperta sulla produttività

Nelle strutture transhipment movimenti inferiori rispetto alla media globale

Genova, 21 gennaio 2011 - «Le grandi compagnie di container si sono sempre lamentate della produttività dei terminal italiani, rispetto a quella di altri porti, ad esempio del Nord Europa». Piero Lazzeri, presidente di Fedespedi, l'associazione degli spedizionieri, riassume con efficacia un concetto che emerge anche dai dati sulle movimentazioni per ora nei porti di transhipment italiani ed esteri. Un calcolo che, sia pure col limite di numeri esposti a molte variabili (tipologia ed età delle gru, tipo di navi operate e così via), fornisce uno spaccato efficace del gap che pesa sui porti italiani. Il che non significa che la nostra portualità non funzioni, visto che un altro calcolo sulla produttività, basato sul numero di tonnellate di merci movimentate per addetto, indica che gli scali italiani sono sopra la media europea. Resta, dunque, soprattutto il problema dei porti di transhipment che appaiono alla mercé dei competitor. Appare, quindi, fondato l'allarme lanciato dall'armatore di Msc, Gianluigi Aponte, che ha lamentato la bassa produttività («22 movimenti l'ora») del porto di Gioia Tauro. La media mondiale, dice uno studio della World Bank, si attesta intorno ai 25-30 movimenti l'ora «Aponte ha ragione - afferma Augusto Cosulich, alla guida della storica agenzia marittima Fratelli Cosulich - sicuramente Gioia Tauro è lento. Però bisogna dire che, in generale, i porti italiani sono migliorati». Dai numeri raccolti tra operatori di logistica e terminalisti (principalmente su rilievi fatti nel 2008-2009) la media dei movimenti/ora è di circa 24 a Gioia Tauro (appena più alta di quella indicata da Aponte); 24 a Cagliari; 20 a Taranto. Anche Malta conta 24 movimenti l'ora. Mentre Tangeri ha una media di 30.
Spostandosi in Asia, Busan, in Corea, conta in media 29 movimenti l'ora; mentre Salalah (Oman) 28 movimenti PérAsia Container Terminal (Hong Kong) non c'è un dato medio ma una punta massima di 38 movimenti per ora Diversa la situazione dei porti italiani di destinazione finale dei container. Qui, come all'estero, la situazione è differente: dai 14 ai 20 movimenti l'ora Ci sono molti fattori,però, dice il presidente di AssologisticaNereo Mar-cucci, che possono influenzare questi dati: «Ad esempio il modo, più o meno ordinato, in cui i contenitori si trovano disposti sulla nave. E quindi difficile stabilire davvero la produttività di uno scalo dalla movimentazione oraria». Senza contare «i piccoli contrattempi- afferma il direttore generale di Assiterminal, Luigi Robba - che possono rallentare le operazioni, ad esempio raffiche dì vento che impediscono alle gru di lavorare; o interruzioni per consentire alle navi di caricare provviste o di fare piccole manutenzioni». Stefano Messina, vicepresidente di Confitarma, aggiunge: «È chiaro che Tangeri, Port Said o Malta sono più competitivi, soprattutto per un minor costo del lavoro. Bisogna anche dire, però, che in Italia c'è più sicurezza Il vero problema italiano, invece, sono i collegamenti terrestri e i fondali troppo bassi». In effetti, in un documento elaborato nel 2010 dall'Autorità portuale di Bari, era stato stilato un indice di produttività basato sul rapporto occupati per tonnellate di merci movimentate, in generale, nei porti (esclusi i liquidi). Questo studio indica che i porti italiani, «nel loro complesso, sono s stanzialmente al di sopra della media». L'Italia conta, infatti, un addetto su17460 tonnellate di merce movimentata; Anversa uno su 7.885 tonnellate; Rotterdam uno su 12.591; Amburgo uno su 9.599 e la media del Regno Unito è di uno Su 12.591.

(fonte: Il sole 24 Ore)

Raoul de Forcade