Il piano per il Sud, Fitto: otto priorità per uno sviluppo armonico
Il ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, intervistato da Il Giornale
Milano, 10 marzo 2011 - Sono otto le priorità individuate dal Piano nazionale per il Sud approvato all'unanimità dal Consiglio dei ministri lo scorso mese di novembre: un piano fortemente voluto dal ministro per i Rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto, e che indica in istruzione, infrastrutture, innovazione, legalità, giustizia, efficienza della pubblica amministrazione, Banca del Mezzogiorno e sostegno alle imprese le linee di intervento di una politica di coesione che punti a uno «sviluppo armonioso» del Paese. Ed è proprio il ministro Fitto a spiegare quale sarà ora l'iter che porterà all'attuazione del piano. «A dicembre — spiega — abbiamo raggiunto l'intesa con le Regioni sui criteri di riprogrammazione delle risorse nazionali e comunitarie che finanziano il piano e avviato insieme al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti un serrato confronto con Anas e Rfi per la realizzazione delle grandi infrastrutture stradali e ferroviere indicate nel piano. Per tutti gli altri ambiti di intervento previsti procederemo d'intesa tra i ministeri responsabili e le amministrazioni regionali per giungere alla sottoscrizione dei contratti istituzionali di sviluppo, nei quali sancire con precisione opere, finanziamenti, responsabilità di ciascuna parte in causa e poteri di sostituzione nei casi di inadempienza. È finita l'epoca della fuga dalle responsabilità e delle grandi incompiute. Entro l'inizio di febbraio saremo in grado di arrivare al finanziamento delle prime grandi infrastrutture ferroviarie e stradali secondo questo nuovo metodo».
In che modo è possibile ora superare decenni di problemi e ritardi nella realizzazione e nel completamento di grandi opere, come la Salerno-Reggio Calabria?
«Il nostro paese nel suo complesso presenta condizioni avverse alla programmazione e alla realizzazione di grandi opere. Esiste un problema generalizzato di farraginosità delle procedure amministrative e concertative che prolungano oltre ogni ragionevole termine le operazioni. A ciò, nel Mezzogiorno, si sommano ulteriori fattori di criticità connessi alla qualità dell'azione amministrativa dei governi locali e, in alcune aree, alle interferenze della criminalità. Serve, dunque, un intervento di drastica semplificazione e di responsabilizza-zione di quanti sono coinvolti nelle fasi di realizzazione delle opere. Il governo ha allo studio un provvedimento che mira a definire tempi certi per la conclusione dell'iter approva-tivo di un'opera e a porre un freno alla crescita, ormai fuori controllo, delle compensazioni richieste dagli enti locali, spesso con una dose inaccettabile di opportunismo. Un fenomeno questo che fa lievitare enormemente i costi di realizzazione. Per quanto riguarda specificatamente il Piano per il Sud, come accennavo, abbiamo pensato a un nuovo strumento di attuazione della programmazione, il contratto istituzionale di sviluppo, che sancisce obblighi tra le parti contraenti alla stregua di quanto avviene tra parti private».
Come evitare invece che la criminalità organizzata possa infiltrarsi nei lavori correlati a queste grandi opere?
«Nelle grandi come nelle piccole opere il pericolo dell'infiltrazione criminale deve essere combattuto con tutte le armi di cui lo Stato dispone. Sotto questo profilo sono stati compiuti importanti passi in avanti nel corso di questa legislatura. Il piano, comunque, prevede il rafforzamento degli interventi per la sicurezza degli appalti pubblici, attraverso la promozione e attuazione dell'integrazione dei sistemi informativi operanti presso le Prefetture nei settori degli appalti, delle grandi opere e delle certificazioni antimafia, al fine di mettere a punto un'unica piattaforma dalla quale accedere a tutte le informazioni utili relative alle procedure di appalto e ai soggetti partecipanti».
Sul tema dell'ambiente, esiste una soluzione definitiva al problema dello smaltimento dei rifiuti? È possibile ipotizzare un Mezzogiorno autosufficiente in materia?
«Trovo che l'emergenza rifiuti in molte aree del Mezzogiorno sia l'emblema di tutte le insufficienze di certa classe politica e amministrativa meridionale. L'incapacità di provvedere da soli allo smaltimento dei propri rifiuti costituisce la cifra caratterizzante di una comunità che ha perduto il senso della responsabilità e quello più profondo dell'autonomia. Sono questi due mali che pervadono più complessivamente il Mezzogiorno e contro i quali muove la logica ispiratrice del Piano nazionale per il Sud, che è poi la stessa del federalismo fiscale: più autonomia, più trasparenza nei confronti dei cittadini, più responsabilità».
In che modo é necessario operare per migliorare la competitività delle imprese?
«Questo aspetto dipende da una pluralità di fattori, la gran parte dei quali è legata alle scelte e alla qualità dell'imprenditore. L'illusione della politica di poter sostenere la competitività attraverso forme diffuse di incentivi finanziari è rimasta tale. ll piano si pone l'obiettivo di incidere direttamente e in maniera misurabile su alcune variabili di contesto da cui dipende la produttività, come infrastrutture, beni pubblici e qualità del capitale umano da migliorare mediante interventi nella scuola e nel sistema della formazione. A ciò si aggiungono gli interventi sul sistema della sicurezza-legalità che costituisce una fonte di grandi diseconomie esterne per le imprese, sull'accesso al credito mediante l'avvio dell'operatività della Banca del Mezzogiorno e sul riordino e semplificazione del sistema degli incentivi. Di grande interesse per le imprese meridionali potrà risultare poi il programma di qualificazione e di avvio al lavoro per giovani con un basso livello di qualifica in percorsi di apprendistato, finalizzato al conseguimento di un titolo di studio tecnico o professionale di livello secondario in attuazione degli orientamenti del governo per la riforma del sistema della formazione professionale».
Disoccupazione e lavoro sommerso sono altre due questioni annose e diffuse nel Mezzogiorno. Quali interventi vanno messi in campo per contrastarle?
«La disoccupazione si combatte creando sviluppo. Il Mezzogiorno ha ancora grandi potenzialità inespresse che costituiscono potenziali bacini occupazionali, ma è evidente che non può esserci sviluppo e occupazione senza favorire una crescita dimensionale delle imprese meridionali che incontrano, invece, ostacoli molto forti legati anche ai costi unitari aggiuntivi e all'incertezza del contesto. E le parole chiave che declinano la riforma degli incentivi per le imprese del Mezzogiorno sono innanzitutto semplificazione, concentrazione e flessibilità nella definizione degli strumenti d'intervento. Il piano prevede, infatti, due capitoli d'intervento per le imprese: da un lato gli incentivi, che saranno automatici, semplificati e concentrati, finalizzati alla crescita dimensionale, operando in particolare sui crediti d'imposta e sulla fiscalità di vantaggio; dall'altro la nascita di un "Fondo Jeremie Mezzogiorno", uno strumento gestito dalla Banca del Mezzogiorno a disposizione delle piccole e medie imprese che utilizzi i fondi strutturali europei e che operi come fondo rotativo per sostenere il credito agevolato, il capitale di rischio c le garanzie».
E per quanto riguarda il sommerso?
«Permettere alle imprese meridionali, costrette a destreggiarsi tra le pieghe della crisi economica più profonda dal dopoguerra, di poter contare su risorse certe significherà riuscire a ridurre la quantità di lavoro sommerso, uno dei macigni più pesanti sulla nostra economia. Stando a una recente indagine Visa, nel nostro Paese il sommerso pesa infatti per oltre il 22% del Pil e vale 335 miliardi di euro».
Che ruolo concreto potrà avere per il Sud il varo definitivo della riforma federalista con l'approvazione dei decreti legge ancora mancanti?
«Il Piano per il Sud e il federalismo fiscale sono due facce della stessa medaglia, l'uno è condizione facilitante per la realizzazione dell'altro. Gli interventi del Piano servono a realizzare le condizioni che rendono possibile il passaggio ai costi standard e la perequazione infrastrutturale; la responsabilizzazione delle amministrazioni regionali e locali indotta dal federalismo è a sua volta precondizione per una maggiore efficacia e migliore qualità degli interventi che il Piano intende realizzare».
Non vi è il rischio, invece, di aumentare il divario con il resto del paese?
«Occorre sgombrare il campo dalla propaganda che mira essenzialmente a conservare lo status quo e che agita lo spettro di gravi e insanabili sperequazioni introdotte dal federalismo. Così non è: le tutele fornite dagli strumenti di perequazione previsti nella legge sono per molti versi ancor più favorevoli al Mezzogiorno di quanto non accada effettivamente oggi. Il disegno che il nostro federalismo attua, infatti, è basato non già come si vuol far pensare sul principio egoistico che vuole che le risorse tributarie siano spese lì dove sono riscosse, ma piuttosto su quello secondo il quale la spesa pubblica deve essere localmente determinata sulla base di criteri di efficienza e di costo standard per funzione svolta».
Quali garanzie ha ricevuto da parte del presidente Berlusconi e dal ministro dell'Economia sull'attuabilità del piano? Lei ha parlato di 100 miliardi di euro di risorse complessive: da dove proverranno i fondi necessari?
«Il piano costituisce, com'è noto, uno dei cinque punti programmatici sui quali il governo ha ottenuto il rinnovo della fiducia in Parlamento, e come tale esso coinvolge l'intero esecutivo e impegna tutti alla sua realizzazione. L'impegno del presidente Berlusconi nei confronti del Sud è pieno e convinto. Quanto alle risorse mi lasci dire che non esiste un problema di insufficienza dei fondi. AI contrario, con grande onestà politica, occorre dire che insufficienti sino a ora si sono dimostrate la qualità degli interventi programmati e la capacità di realizzazione. I fondi che copriranno il fabbisogno finanziario del piano sono quelli del Quadro strategico nazionale 2007-2013, cui si aggiungono le risorse che abbiamo recuperato, con la delibera Cipe del luglio scorso, su vecchie programmazioni non ancora spese. Tanto la programmazione quanto l'attuazione del piano sono svolte in stretta sintonia e coordinamento con il ministro Tremonti».
Come risponde alle critiche dell'opposizione secondo cui il piano non prevede strategie concrete di sviluppo ma solo "annunci"?
«Questa è la critica superficiale di chi rifiuta il confronto sul merito delle questioni. Vorrei far rilevare che, a partire dall'assunzione diretta della responsabilità delle politiche di coesione da parte del presidente Berlusconi, il governo ha finora tenuto una tabella di marcia serrata, rispettando le scadenze indicate. Dicemmo che entro l'estate avremmo avviato la ricognizione delle risorse nazionali e comunitarie delle precedenti programmazioni, ed è stato fatto a luglio. Avevamo poi assunto l'impegno di varare il piano entro l'autunno, e anche questo è stato fatto inserendo, tra l'altro, due ulteriori provvedimenti in attuazione del federalismo fiscale. Abbiamo, infine, concordato con le Regioni i criteri per la riprogrammazione, ed entro febbraio giungeremo alla sottoscrizione dei primi contratti istituzionali di sviluppo. Non mi pare si tratti solo di annunci».
(Fonte Il Giornale)
In che modo è possibile ora superare decenni di problemi e ritardi nella realizzazione e nel completamento di grandi opere, come la Salerno-Reggio Calabria?
«Il nostro paese nel suo complesso presenta condizioni avverse alla programmazione e alla realizzazione di grandi opere. Esiste un problema generalizzato di farraginosità delle procedure amministrative e concertative che prolungano oltre ogni ragionevole termine le operazioni. A ciò, nel Mezzogiorno, si sommano ulteriori fattori di criticità connessi alla qualità dell'azione amministrativa dei governi locali e, in alcune aree, alle interferenze della criminalità. Serve, dunque, un intervento di drastica semplificazione e di responsabilizza-zione di quanti sono coinvolti nelle fasi di realizzazione delle opere. Il governo ha allo studio un provvedimento che mira a definire tempi certi per la conclusione dell'iter approva-tivo di un'opera e a porre un freno alla crescita, ormai fuori controllo, delle compensazioni richieste dagli enti locali, spesso con una dose inaccettabile di opportunismo. Un fenomeno questo che fa lievitare enormemente i costi di realizzazione. Per quanto riguarda specificatamente il Piano per il Sud, come accennavo, abbiamo pensato a un nuovo strumento di attuazione della programmazione, il contratto istituzionale di sviluppo, che sancisce obblighi tra le parti contraenti alla stregua di quanto avviene tra parti private».
Come evitare invece che la criminalità organizzata possa infiltrarsi nei lavori correlati a queste grandi opere?
«Nelle grandi come nelle piccole opere il pericolo dell'infiltrazione criminale deve essere combattuto con tutte le armi di cui lo Stato dispone. Sotto questo profilo sono stati compiuti importanti passi in avanti nel corso di questa legislatura. Il piano, comunque, prevede il rafforzamento degli interventi per la sicurezza degli appalti pubblici, attraverso la promozione e attuazione dell'integrazione dei sistemi informativi operanti presso le Prefetture nei settori degli appalti, delle grandi opere e delle certificazioni antimafia, al fine di mettere a punto un'unica piattaforma dalla quale accedere a tutte le informazioni utili relative alle procedure di appalto e ai soggetti partecipanti».
Sul tema dell'ambiente, esiste una soluzione definitiva al problema dello smaltimento dei rifiuti? È possibile ipotizzare un Mezzogiorno autosufficiente in materia?
«Trovo che l'emergenza rifiuti in molte aree del Mezzogiorno sia l'emblema di tutte le insufficienze di certa classe politica e amministrativa meridionale. L'incapacità di provvedere da soli allo smaltimento dei propri rifiuti costituisce la cifra caratterizzante di una comunità che ha perduto il senso della responsabilità e quello più profondo dell'autonomia. Sono questi due mali che pervadono più complessivamente il Mezzogiorno e contro i quali muove la logica ispiratrice del Piano nazionale per il Sud, che è poi la stessa del federalismo fiscale: più autonomia, più trasparenza nei confronti dei cittadini, più responsabilità».
In che modo é necessario operare per migliorare la competitività delle imprese?
«Questo aspetto dipende da una pluralità di fattori, la gran parte dei quali è legata alle scelte e alla qualità dell'imprenditore. L'illusione della politica di poter sostenere la competitività attraverso forme diffuse di incentivi finanziari è rimasta tale. ll piano si pone l'obiettivo di incidere direttamente e in maniera misurabile su alcune variabili di contesto da cui dipende la produttività, come infrastrutture, beni pubblici e qualità del capitale umano da migliorare mediante interventi nella scuola e nel sistema della formazione. A ciò si aggiungono gli interventi sul sistema della sicurezza-legalità che costituisce una fonte di grandi diseconomie esterne per le imprese, sull'accesso al credito mediante l'avvio dell'operatività della Banca del Mezzogiorno e sul riordino e semplificazione del sistema degli incentivi. Di grande interesse per le imprese meridionali potrà risultare poi il programma di qualificazione e di avvio al lavoro per giovani con un basso livello di qualifica in percorsi di apprendistato, finalizzato al conseguimento di un titolo di studio tecnico o professionale di livello secondario in attuazione degli orientamenti del governo per la riforma del sistema della formazione professionale».
Disoccupazione e lavoro sommerso sono altre due questioni annose e diffuse nel Mezzogiorno. Quali interventi vanno messi in campo per contrastarle?
«La disoccupazione si combatte creando sviluppo. Il Mezzogiorno ha ancora grandi potenzialità inespresse che costituiscono potenziali bacini occupazionali, ma è evidente che non può esserci sviluppo e occupazione senza favorire una crescita dimensionale delle imprese meridionali che incontrano, invece, ostacoli molto forti legati anche ai costi unitari aggiuntivi e all'incertezza del contesto. E le parole chiave che declinano la riforma degli incentivi per le imprese del Mezzogiorno sono innanzitutto semplificazione, concentrazione e flessibilità nella definizione degli strumenti d'intervento. Il piano prevede, infatti, due capitoli d'intervento per le imprese: da un lato gli incentivi, che saranno automatici, semplificati e concentrati, finalizzati alla crescita dimensionale, operando in particolare sui crediti d'imposta e sulla fiscalità di vantaggio; dall'altro la nascita di un "Fondo Jeremie Mezzogiorno", uno strumento gestito dalla Banca del Mezzogiorno a disposizione delle piccole e medie imprese che utilizzi i fondi strutturali europei e che operi come fondo rotativo per sostenere il credito agevolato, il capitale di rischio c le garanzie».
E per quanto riguarda il sommerso?
«Permettere alle imprese meridionali, costrette a destreggiarsi tra le pieghe della crisi economica più profonda dal dopoguerra, di poter contare su risorse certe significherà riuscire a ridurre la quantità di lavoro sommerso, uno dei macigni più pesanti sulla nostra economia. Stando a una recente indagine Visa, nel nostro Paese il sommerso pesa infatti per oltre il 22% del Pil e vale 335 miliardi di euro».
Che ruolo concreto potrà avere per il Sud il varo definitivo della riforma federalista con l'approvazione dei decreti legge ancora mancanti?
«Il Piano per il Sud e il federalismo fiscale sono due facce della stessa medaglia, l'uno è condizione facilitante per la realizzazione dell'altro. Gli interventi del Piano servono a realizzare le condizioni che rendono possibile il passaggio ai costi standard e la perequazione infrastrutturale; la responsabilizzazione delle amministrazioni regionali e locali indotta dal federalismo è a sua volta precondizione per una maggiore efficacia e migliore qualità degli interventi che il Piano intende realizzare».
Non vi è il rischio, invece, di aumentare il divario con il resto del paese?
«Occorre sgombrare il campo dalla propaganda che mira essenzialmente a conservare lo status quo e che agita lo spettro di gravi e insanabili sperequazioni introdotte dal federalismo. Così non è: le tutele fornite dagli strumenti di perequazione previsti nella legge sono per molti versi ancor più favorevoli al Mezzogiorno di quanto non accada effettivamente oggi. Il disegno che il nostro federalismo attua, infatti, è basato non già come si vuol far pensare sul principio egoistico che vuole che le risorse tributarie siano spese lì dove sono riscosse, ma piuttosto su quello secondo il quale la spesa pubblica deve essere localmente determinata sulla base di criteri di efficienza e di costo standard per funzione svolta».
Quali garanzie ha ricevuto da parte del presidente Berlusconi e dal ministro dell'Economia sull'attuabilità del piano? Lei ha parlato di 100 miliardi di euro di risorse complessive: da dove proverranno i fondi necessari?
«Il piano costituisce, com'è noto, uno dei cinque punti programmatici sui quali il governo ha ottenuto il rinnovo della fiducia in Parlamento, e come tale esso coinvolge l'intero esecutivo e impegna tutti alla sua realizzazione. L'impegno del presidente Berlusconi nei confronti del Sud è pieno e convinto. Quanto alle risorse mi lasci dire che non esiste un problema di insufficienza dei fondi. AI contrario, con grande onestà politica, occorre dire che insufficienti sino a ora si sono dimostrate la qualità degli interventi programmati e la capacità di realizzazione. I fondi che copriranno il fabbisogno finanziario del piano sono quelli del Quadro strategico nazionale 2007-2013, cui si aggiungono le risorse che abbiamo recuperato, con la delibera Cipe del luglio scorso, su vecchie programmazioni non ancora spese. Tanto la programmazione quanto l'attuazione del piano sono svolte in stretta sintonia e coordinamento con il ministro Tremonti».
Come risponde alle critiche dell'opposizione secondo cui il piano non prevede strategie concrete di sviluppo ma solo "annunci"?
«Questa è la critica superficiale di chi rifiuta il confronto sul merito delle questioni. Vorrei far rilevare che, a partire dall'assunzione diretta della responsabilità delle politiche di coesione da parte del presidente Berlusconi, il governo ha finora tenuto una tabella di marcia serrata, rispettando le scadenze indicate. Dicemmo che entro l'estate avremmo avviato la ricognizione delle risorse nazionali e comunitarie delle precedenti programmazioni, ed è stato fatto a luglio. Avevamo poi assunto l'impegno di varare il piano entro l'autunno, e anche questo è stato fatto inserendo, tra l'altro, due ulteriori provvedimenti in attuazione del federalismo fiscale. Abbiamo, infine, concordato con le Regioni i criteri per la riprogrammazione, ed entro febbraio giungeremo alla sottoscrizione dei primi contratti istituzionali di sviluppo. Non mi pare si tratti solo di annunci».
(Fonte Il Giornale)