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Briciole di pane

L'Italia è un Paese a rischio catastrofi

Lo denuncia il primo rapporto Ance-Cresme che delinea tre rischi: sismico, idrogeologico e la vetusta degli immobili

Roma, 11 ottobre 2011 – E’ a dir poco allarmante, ma certamente veritiero, il primo rapporto Ance-Cresme su 'Lo stato del territorio italiano', che descrive un Paese caratterizzato da un fortissimo rischio naturale, esposto sia ad elevato pericolo sismico che ad elevata criticità idrogeologica.

Le zone a rischio terremoti coprono addirittura circa il 44% dell’intera superficie nazionale (131 mila kmq), interessando il 36% dei comuni (2.893).
In queste aree ad elevato rischio sismico vivono 21,8 milioni di persone (36% della popolazione), e si trovano circa 5,5 milioni di edifici tra residenziali e non residenziali.
Le regioni più interessate dai terremoti sono quelle della fascia appenninica e del Sud Italia. Al primo posto c'e' la Campania, in cui 5,3 milioni di persone vivono nei 489 comuni a rischio sismico elevato. Seguono la Sicilia, con 4,7 milioni di persone in 356 comuni a rischio e la Calabria, dove tutti i comuni sono coinvolti, per un totale di circa 2 milioni di persone. E sempre in queste tre regioni il patrimonio edilizio e' esposto a rischio sismico maggiore: Sicilia (2,5 milioni di abitazioni), Campania (2,1 milioni di abitazioni), Calabria (1,2 milioni).

Il rischio idrogeologica (pericolo di frana e/o alluvione) coinvolge invece circa il 10% della superficie italiana (29.500 kmq) e riguardano l'89% dei comuni (6.631).
La popolazione residente nelle aree ad elevato rischio idrogeologico e' pari a 5,8 milioni di persone (9,6% della popolazione), con oltre 1,2 milioni di edifici.
La regione a maggiore rischio idrogeologico è l'Emilia Romagna, con 4.316 kmq, pari al 19,5% della superficie. Seguono la Campania (19,1% di aree critiche), il Molise (18,8%) e la Valle d'Aosta (17,1%).
Tra le singole provincie in cima a questa classifica negativa c'e' Napoli, dove 576 mila persone risiedono nelle aree a rischio elevato (208 mila abitazioni), al secondo posto Torino (326 mila persone e 148 mila abitazioni) e al terzo Roma (216 mila persone e quasi 96 mila abitazioni).

Come riuscire a tutelare e garantire sicurezza a queste popolazioni?

“Serve – ha spiegato il viceministro delle Infrastrutture, Mario Ciaccia, in occasione della presentazione del rapporto Ance-Cresme - una cabina di regia e ulteriori risorse per i Comuni”.
Per il ministro dell’Ambiente Corrado Clini "dobbiamo semplificare le procedure. C'è bisogno di un meccanismo che consenta di utilizzare al meglio le risorse pubbliche perché o non ci sono le risorse oppure se ci sono non riusciamo a spenderle" e "l'urgenza ora è utilizzare quelle che ci sono e utilizzarle bene".

Per l’attuazione di un piano nazionale per la sicurezza e la manutenzione del territorio, il ministro Clini ha quantificato recentemente gli investimenti necessari in 1,2 miliardi di euro all'anno per 20 anni, ma dal 1991 al 2011 risultano finanziati interventi per circa 10 miliardi di euro, meno di 500 milioni all'anno, per l'80% gestiti dal ministero dell'Ambiente.

In 10 anni (2002-2012) i bandi di gara per lavori di sistemazione e prevenzione del dissesto idrogeologico rappresentano, rispetto all'intero mercato delle opere pubbliche, solo il 5% per numero di interventi e il 2% per importi di gara.

Per i sette maggiori terremoti degli ultimi 45 anni (Belice 1968, Friuli 1976, Irpinia 1980, Marche e Umbria 1997, Molise e Puglia 2002, Abruzzo 2009, Emilia Romagna 2012) gli stanziamenti statali complessivi hanno superato i 110 miliardi di euro.

Quello che, a oggi, ha assorbito le più ingenti risorse pubbliche è stato il sisma dell'Irpinia, costato circa 50 miliardi di euro, pari al 45% dei finanziamenti complessivi per tutti e 7 i terremoti. Quest'evento, secondo quanto ricorda il rapporto Ance-Cresme, è anche quello che ha fatto registrare i maggiori danni: 200 Comuni colpiti, quasi 3.000 vittime, 280.000 senza tetto e 150.000 edifici da ricostruire.

Rispetto, invece, alla ripartizione annua dei finanziamenti, al primo posto c'è il sisma del Belice. I finanziamenti autorizzati coprono, infatti, un arco temporale di 65 anni: dal 1968 al 2018. Per la ricostruzione delle zone colpite dal terremoto in Abruzzo del 2009 risultano autorizzati stanziamenti a carico dello Stato per 9,4 miliardi, ai quali vanno aggiunti 1,1, miliardi da altre fonti (enti di previdenza, Fondo di solidarietà Ue, privati, stati esteri).
Per quanto riguarda infine il terremoto in Emilia Romagna, a oggi risultano autorizzati stanziamenti a carico dello Stato per un ammontare di oltre 9 miliardi, ai quali vanno aggiunti 670 milioni da Fondo di solidarietà Ue e donazioni.

Quanto grave sia il danno – non solo in termini di vite umane – causato dall’abbandono e dalla mancata tutela del territorio è evidente dall’analisi dei costi che il rapporto analizza.

Il costo complessivo dei danni provocati in Italia da terremoti, frane e alluvioni, dal 1944 al 2012, è stato pari a 242,5 miliardi di euro, circa 3,5 miliardi all'anno. Solo dal 2010 a oggi si stimano costi per 20,5 miliardi (l'8% del totale), considerando i 13,3 miliardi quantificati per il terremoto in Emilia Romagna. Il 75% del totale, 181 miliardi riguarda i terremoti, il restante 25%, 61,5 miliardi, è da addebitare al dissesto idrogeologico.

Nel rapporto si sottolinea, infine, che la pericolosita' degli eventi naturali e' senza dubbio amplificata dalla elevata vulnerabilita' del patrimonio edilizio italiano, dove risulta che "oltre il 60% degli edifici (circa 7 milioni) e' stato costruito prima del 1971, quindi prima dell'entrata in vigore della normativa antisismica per nuove costruzioni (1974)".

E’ un patrimonio edilizio "vecchio e vulnerabile" e "conservato male", dove "oltre 2,5 milioni di immobili risultano in pessimo o mediocre stato di conservazione". La maglia nera va alla Sicilia, con oltre 800 mila edifici realizzati piu' di 40 anni fa.

Giacomo Kahn

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