Allarme dell'Enac: senza Piano, cieli italiani a rischio ko
Il blocco delle tariffe paralizza gli investimenti e i vettori low cost abbattono i margini
Roma, 12 giugno 2012 - Lunedì scorso ha compiuto 65 anni e domani presenterà in Senato e al ministro Corrado Passera il rituale rapporto annuale sullo stato dell'aviazione civile. Il secondo mandato di Vito Riggio alla presidenza dell'Enac è in scadenza a novembre, ma prima di andare in pensione spera almeno di veder approvato il Piano nazionale degli aeroporti, sul quale lavora da tre anni e che è pronto da almeno 12 mesi. Presidente Riggio, il grido di dolore che lancerà non sarà solo per la mancata adozione del Piano Sono appena usciti i dati Iccsai sulla competitività del trasporto aereo in Europa. Ai problemi degli aeroporti si sommano quelli delle compagnie: è bassissima la capitalizzazione di tutte le imprese aeronautiche europee. A questi valori di mercato, praticamente sono tutte acquistabili a prezzi di saldo. In più Alitalia, Meridiana, e WindJet sono in una posizione di grande difficoltà perché il traffico in Italia aumenta, ma a vantaggio delle low cost. Il che significa che il nostro sistema è in enormi difficoltà: è assalito sulle tratte intercontinentali dalle grandi compagnie, e in particolare dagli Emirati, che hanno i soldi e pagano poco il petrolio, e sulle tratte interne dal consolidamento delle low cost, in particolare EasyJet e Ryanair. In questa situazione il ricorso alla cassa integrazione da parte di WindJet, le difficoltà di Meridiana che portano a chiudere molte rotte e le possibili conseguenze anche su Alitalia, che ormai ha solo il 40% del mercato domestico, dimostrano che il sistema aeronautico italiano corre il rischio di essere o fagocitato da altri, oppure addirittura di scomparire come tale. Tuttavia continueremo a volare. Si vola perché c'è una liberalizzazione tale che chiunque può venire ad aprire compagnie. Noi siamo al più alto grado di liberalizzazione nel mondo. Non ci sono limiti all'apertura di nuove tratte interne all'Europa, che sono la maggior parte. E gli aeroporti? Gli aeroporti medio-piccoli sono cresciuti finanziati da Ryanair e quindi hanno aperto un sacco di rotte. Ma è traffico che non porta grandi profitti: la gente vuole viaggiare a poco prezzo. Per gli altri aeroporti il problema è che negli ultimi 10 anni non è stata aggiornata la tariffa che pagano i vettori. Un blocco di dieci anni delle tariffe determina una singolare situazione in cui i vettori esteri o europei che vengono in Italia pagano quasi la metà di quello che gli italiani pagano quando vanno fuori. Quindi noi arricchiamo le infrastrutture degli altri Paesi, scoraggiando gli investimenti sui nostri aeroporti. Questo ci mette fuori mercato. Da qui l'urgenza del piano. Gli unici che possono fare investimenti non sono gli enti locali disastrati, ma i privati che fanno questo lavoro in termini industriali. Se non si approva il piano non si orientano gli investitori. Non si prendono le decisioni, neanche per gli investimenti connessi per i collegamenti di viabilità e ferrovie.