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Briciole di pane

Berneschi: "I soldi ci sono rilanciamo le opere pubbliche"

Intervista al Presidente di Banca Carige

Genova, 10 ottobre 2011 - «Basta, sono veramente stanco. Basta con queste polemiche che non portano da nessuna parte, con questo Paese immobile che ha smesso non solo di correre, ma anche di camminare. La macchina è ferma, ma il motore è ancora acceso: se si spegne anche quello, è finita». Giovanni Berneschi, presidente di Banca Carige, è al tavolo del suo ufficio, al quindicesimo piano del grattacielo che si affaccia su piazza de Ferrari. Le sue parole sgorgano senza freni, com'è consuetudine di questo banchiere, vicepresidente del-l'Abi (l'Associazione bancaria italiana), che alla prosa convenzionale della finanza ha sempre opposto una sincerità a volte persino disarmante. La"sua" Carige, spiega affiancato dal direttore generale Ennio La Monica, resiste ai contraccolpi e si avvia a chiudere il 2011 «in linea» con l'anno precedente (quando l'utile netto fu di 180 milioni di euro). E il piano industriale prevede ulteriore crescita da qui al 2014, quando si stima che il "coretier 1" arrivi all'8% (dall'attuale 6). «Ma è un'impresa titanica, in queste condizioni». II quadro in cui questo Paese si dibatte, infatti, avverte Berneschi, è davvero cupo. E a salvarsi sono in pochi. Non certo la politica,. «intenta solo a litigare». Nemmeno gli imprenditori, con una Confindustria «sempre meno propositiva». «La forza dell'Italia, ciò che la tiene davvero in piedi, sono i piccoli risparmiatori - spiega - che però soffrono sempre di più e di fronte a un reddito che scende vertiginosamente cominciano a erodere il loro capitale. Peccato che la politica dia l'impressione di non accorgersene».
Insomma, la colpa è sempre della politica? «La colpa è delle polemiche continue, esasperanti, a cui questa politica ci ha purtroppo abituato. Ne abbiamo parlato anche recentemente in Abi, questo sarebbe il momento di smetterla con le liti e di pensare allevere esigenze del Paese».
Quali? «Una su tutte, far partire le infrastrutture, aprire i cantieri, creare lavoro. La macchina italiana è ferma da troppo tempo, se si spegne anche il motore allora è la fine».
E che cosa ci vuole per farla ripartire? «Eliminare ciò che la sta tenendo ferma, ovvero la burocrazia. Vede, nel passato le grandi opere sono state realizzate. Poi tutto si fermato, la burocrazia si è allargata a macchia d'olio».
Facciamo un esempio? «Molto volentieri, lo faccio proprio guardando a noi. Da dieci anni, siamo soci di hia, la società candidata alla realizzazione del collegamento stradale Venezia-Orte. E aspettiamo che cinquantasette comuni si pronuncino sull'attraversamento del loro territorio. Quando questo avviene, inizia un nuovo livello autorizzativo, in materia ambientale. E l'iter riparte. Ora forse siamo arrivati all'atto conclusivo, ma intanto sono passati dieci anni».
Non si possono escludere i territori dalla consultazione, quando si parla di grandi opere. «E chi li vuole escludere? Ci mancherebbe altro. Non sto certo qui rimpiangere i tempi in cui uno solo decideva e gli altri ubbidivano. Ma ci sono strumenti, vedi le conferenze dei servizi, che possono accelerare gli iter autorizzativi. Ciò che distrugge tutti quanti è l'incertezza sulla realizzazione di un'opera: posso realizzarla oppure no? Con un pronunciamento più rapido, positivo o negativo, tutto si semplificherebbe».
E' anche un problema di soldi, non trova? «Non sono d'accordo. In questo Paese i soldi ci sono, l o lasci dire a me. Il vero freno 61a burocrazia e in questa battaglia vorrei vedere al nostro fianco anche la Confindustria».
Questo non avviene? «A mio avviso, non come dovrebbe essere. Quella della infrastrutture dovrebbe essere la prima battaglia di un Paese che vuole risorgere. E non sto parlando solo di cemento, sabbia e ghiaia, ma anche di tecnologia».
Anche la Liguria è al palo per quanto riguarda le infrastrutture. «Tutto fermo, terzo valico, gronda, bretella. E pensare che dall'apertura di questi cantieri potremmo generare per anni migliaia di posti di lavoro, dando anche una soluzione a situazioni di crisi gravissima, come quella di Fincantieri, con il cantiere di Sestri che da marzo resterà senza più commesse».
Vi avviate quindi a chiudere un anno difficile, dal punto divi-sta dei conti? «Beh, in una situazione come questa, anche la gestione del risparmio diventa complessa. Se ci mettiamo poi gli annunci a intermittenza sulla patrimoniale, che dai beni immobili potrebbe poi trasferirsi su quelli mobiliari, lei capirà il clima di disagio in cui vivono i risparmiatori. Detto questo, posso dire che non abbiamo fatto male, quest'anno. Dovremmo chiudere in linea con l'esercizio precedente, con sforzi notevolissimi. La Carige mette in campo un modello di banca-assicurazione che può creare sinergie importanti. E in momenti come questi, individuare altri flussi di ricavi può essere fondamentale».

Massimo Minella - la Repubblica Affari & Finanza