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Briciole di pane

Infrastrutture, le banche da sole non ce la fanno

Pagani (Dexia): aiuti fiscali ai project bond e impegno diffuso di Cassa Depositi

Roma, 12 marzo 2012 - La crisi di liquidità ora, e poi Basilea 3 (dal gennaio 2013) impediranno alle banche di sostenere finanziamenti a lungo termine per opere in project financing». Ma c'è una speranza. «Le operazioni di finanziamento devono essere sostenute in modo più massiccio dalla Cassa Depositi e Prestiti, e il finanziamento a lungo termine deve essere reperito con i project bond. Solo così possiamo farcela».
Fabrizio Pagani, capo della struttura di project financing di Dexia Crediop, ci racconta la crisi post Lehman Brothers e le difficoltà attuali del project financing in Italia.

Qual è stato l'impatto della crisi finanziaria internazionale sul project financing in Italia?


C'è stato un doppio impatto. Prima nel 2008, con la crisi post-Lehman, e poi nella seconda metà dello scorso anno. Prima del 2008 l'unico obiettivo delle banche era prestare soldi, il più possibile. Per certi versi sì, come nell'immobiliare anche nel Pf c'è stato un certo credito facile. Noi siamo sempre stati selettivi ... ma certo c'era una enorme corsa a chi prestava di più. Dopo il 2008 si è cominciato invece a dare attenzione alla liquidità, che è diventata un bene scarso.


Qual è stata la conseguenza?

Il Pf via via si è un po' ripreso, ma a condizioni ben diverse da prima. Innanzitutto una durata più corta, sia in termini nominali (gli anni totali) sia soprattutto con meccanismi che accelerano il rimborso, obbligando il debitore a impegnare la cassa. Poi i costi, che sono aumentati per tutti i finanziamenti, ma in particolare per il Pf che è a lungo termine: da spread di 100 punti sull'Euribor si è passati a 300. Infine, terzo punto, la richiesta di più equity, che dal 10-20% è passata almeno al 30 per cento.


Che è successo invece dopo la seconda crisi finanziaria, quella dal luglio 2011?


Con la crisi dei debiti sovrani, il rischio di solvibilità degli Stati, il mercato si è completamente bloccato. Ciò ha avuto effetti devastanti sul Pf: sostanzialmente non c'è stato nessun closing nella seconda metà del 2011.


C'è a questo punto un problema di liquidità per le grandi autostrade del Nord in Pf?

Ma certo che c'è! Sommando le tre lombarde, Pedemontana Veneta e Autovie arriviamo a quasi dieci miliardi di fabbisogno: sono numeri da far paura! E poi con l'avvio di Basilea 3 (dal 1° gennaio 2013) le banche non potranno più arrivare a durate di 15-18 anni, dovranno fermarsi a cinque-sette anni.

Quindi addio project financing?


No. Semplicemente non può essere il credito bancario a risolvere il problema delle infrastrutture in Italia. Le durate lunghissime non sono più possibili. Una delle soluzioni possibili è quella dei project bond, che potrebbero consentire di coinvolgere investitori istituzionali (assicurazioni, fondi pensione, fondi di investimento) con prestiti a lungo termine. I soggetti ci sono, solo che sono abituati a comprare Bot o al massimo obbligazioni corporate. Saranno le banche che dovranno spiegare i project bond a questi soggetti; noi abbiamo intenzione di farlo, sia in termini generali che su singole operazioni.

Funzioneranno? Basteranno?


Bè, servirà un grande sforzo. E certamente importante sarà introdurre agevolazioni fiscali, come l'aliquota al 12,5%, o prevedere la partecipazione della Bei o di Cassa Depositi e Prestiti al rischio. Ecco, il ruolo della Cassa è la grande incognita. Ha già contribuito con suoi prestiti, di mercato, ad esempio per Strada dei Parchi, ma questo ruolo di "portatore di liquidità" deve essere più deciso e diffuso. E la Cassa potrebbe anche spingersi a finanziare alcune operazioni a condizioni agevolate.

Alessandro Arona (fonte: Il Sole 24 Ore Edilizia e Territorio)