Pensare al guidatore, anche dal punto di vista medico
Studi sulla fisiologia clinica alla guida come supporto per le scelte

Roma, 4 agosto 2015 – Se è vero, come è vero, che il fattore-uomo è al centro di quel complesso fenomeno, socialmente rilevantissimo, che va sotto il nome di “incidentalità stradale”, sembra opportuno pretendere, al riguardo, un maggiore impegno, scientifico e consultivo, da parte di coloro che pongono proprio l’essere umano a oggetto di ricerca e indagine: in primis, quanti hanno prestato il giuramento di Ippocrate.
Intendiamoci: la letteratura specialistica in tema di traumatologia della strada è sterminata, riempirebbe senza difficoltà intere biblioteche. Ma è uno sforzo intellettuale tutto concentrato sugli “effetti” dell’incidente. Molto più vasto, complicato e, a dirla tutta, inesplorato il campo delle “cause”.
Un valido tentativo di cominciare a colmare la lacuna è quello prodotto dal volume collettivo (curato da Aldo Ferrara, professore di Malattie Cardio-Polmonari all’Università di Siena) “Fisiologia Clinica alla guida”, Piccin editore, 2015. Il libro, peraltro oggetto di più presentazioni pubbliche (l’ultima lunedì 3 agosto a Porto San Paolo, in Sardegna), ha il pregio di analizzare a fondo le patologie che influiscono, o possono influire, sull’attività di guida: con grande spazio a quelle patologie funzionali (allergie, cinetosi, disturbi visivi...) che magari a casa si gestiscono in tutta tranquillità, ma in auto possono diventare esiziali.
Il lettore scopre, spiegati con linguaggio impeccabile ma al contempo accessibile, aspetti insospettabili sulle più gravi forme di prurito, in presenza delle quali non si resiste alla tentazione di spostare le mani dal volante verso la parte del corpo sede del prurito stesso (e a 100 km/h staccare una mano dal volante per indirizzarla altrove significa percorrere lo stesso tratto stradale con il rischio di incidente maggiorato del 50%, ovvero “guida cieca” per almeno 250 metri). Oppure sull’attacco labirintico, che genera nel conducente una perdita di orientamento spazio-temporale di per sé foriera di possibile perdita di controllo dell’autovettura. O, ancora, sul fumo di sigaretta dentro l’abitacolo come causa primaria di riduzione di apporto di ossigeno al cervello e, quindi, fattore di rischio assoluto per l’incidente.
Insomma, un’autentica miniera di informazioni, suscettibile di aprire una prospettiva metodologica del tutto nuova: concentrare gli sforzi su ciò che lede, o compromette, la performance del driver. Un criterio di massima che potrebbe, e dovrebbe, suggerire molte cose ai costruttori di autoveicoli e ai gestori delle infrastrutture viarie; oltre che al legislatore, specie nel momento in cui si accinge a riscrivere il Codice della Strada.