Roma, 7 agosto 2011 - Un aumento dei costi da 6,3 a 8,5miliardi attribuibili «in gran parte alle varianti che rendono l'opera più ricca e più completa con i progetti di trasporto metropolitani integrati in quello principale del Ponte». Il progetto definitivo approvato e un nuovo piano finanziario che punta a mantenere il rapporto 40-60 fra mezzi propri e debito, con un aumento di capitale da un miliardo del Tesoro. E’ il volto parzialmente nuovo con cui si presenta il Ponte sullo Stretto che ha mantenuto le caratteristiche progettuali e la volontà di arrivare in fondo, anche a dispetto del core network europeo che esclude l'opera.
L'amministratore delegato della Stretto di Messina (oltre che di Anas), Pietro Ciucci, è fiducioso sulle possibilità di recupero a Bruxelles. “Il documento che esclude la parte finale del corridoio 1 Berlino-Palermo è provvisorio e mi auguro che il Governo italiano e il ministro Matteoli siano in grado di determinare un ripensamento dell'Unione europea. Anche perché la logica che ci ha escluso è tutt'altro che chiara”. Per Ciucci “basterebbe usare l'argomentazione demografica che già usava il compianto ex commissario Ue ai trasporti Karel van Miert” per reintrodurre il Ponte nella carta europea: 6 milioni di cittadini europei non possono restare tagliati fuori dai grandi assi continentali. L'esclusione dalle mappe europee “non è indolore da un punto di vista dell'immagine perché quello della Ue è un marchio di qualità”. Più interessanti (e nuove) le implicazioni finanziarie di un eventuale reinserimento. “Da un punto di vista finanziario - dice Ciucci - nulla cambia perché il contributo previsto dall'Unione europea oggi è zero. È invece chiaro che, se rientremo nel core network, chiederemo per la prossima programmazione il contributo che non riuscimmo a chiedere a causa dell'azzeramento dell'opera disposta allora dal Governo Prodi”.
Proprio il piano finanziario è la novità più interessante delle decisioni assunte dal CdA di Stretto di Messina. Anzitutto, nel piano si deve tener conto dell'aumento dei costi: dai 6,3 miliardi del progetto 2009 a 8,5 miliardi. “Nel mettere a punto il nuovo piano finanziario ci siamo mossi fra due estremi”, spiega Ciucci. “Se avessimo sviluppato il nuovo piano incorporando l'aumento degli investimenti, ma lasciando tutti gli altri parametri immutati, costo del denaro, livello di copertura del servizio del debito, avremmo probabilmente coperto il fabbisogno aggiuntivo senza chiedere alcun intervento ulteriore al nostro concedente”. Dall'altra parte, “all'estremo opposto, sulla base della convenzione, potremmo chiedere al concedente, cioè al ministero delle Infrastrutture, un contributo pari alla differenza del costo fra progetto preliminare e il progetto definitivo, quindi 2,2 miliardi”.
Cosa si è deciso, in realtà? “Noi abbiamo la necessità di presentare il piano ai mercati finanziarie le turbolenze di oggi ci consigliano di irrobustirlo in alcuni parametri fondamentali. Anche il project financing è diventato molto più selettivo. Prendiamo uno dei valori di riferimento, la riserva di copertura del servizio del debito: valeva 1,20% nel piano 2009, lo abbiamo alzato a 1,65. Vuol dire che il flusso di cassa doveva coprire con un 20% le esigenze di rimborso degli interessi, ora sale al 65%. Potremmo anche tornare all'1,5 ma la tendenza resta quella”.
Più prudenza nel traffico, livelli tariffari più adeguati al mercato. Torniamo al "contributo" finanziario del Governo. “Non chiederemo contributi. Ma abbiamo bisogno di riequilibrare il rapporto fra mezzi propri e mezzi terzi, tornando al rapporto di 40% di mezzi propri e 60% di debito. Chiediamo di aumentare il capitale della società di 1-1,3 miliardi. Capitale, sia chiaro, che rimborsiamo e remuneriamo”. Il valore di subentro del nuovo piano (quanto sarà pagato a scadenza della concessione dal subentrante) “che era il 50%, si abbassa notevolmente, a 125%. Vuol dire che ammortizziamo di più”. Un irrobustimento che in qualche modo è indotto anche dallo scarso gradimento che ha il Tesoro per lo strumento del subentro. Altro capitolo è quello dell'aumento dei costi. Da cosa deriva? “Non è dato - risponde Ciucci - dall'aumento dei prezzi delle opere che, al netto dell'inflazione, resta lo stesso del 2003. Piuttosto a incidere sono, per un terzo, l'adeguamento alle norme tecniche di sicurezza e, per la quota preponderante,varianti che vanno intese nel senso di un arricchimento del progetto”.
Ciucci spiega come avviene questo “arricchimento” con qualche esempio. “Il comune di Messina - dice - ha chiesto di spostare la stazione ferroviaria di tre chilometri, cosa che ha significato realizzare una ferrovia in galleria. Abbiamo previsto anche tre nuove fermate intermedie. Questo non è un vantaggio solo perla città di Messina, ma per l'area ampia del Ponte sullo Stretto in un'area che ha oltre 400mila abitanti Diventerà una grande città”.
Anche sulla sponda calabrese non sono mancati i progetti. “Per esempio l'area direzionale, con un progetto affidato a Daniel Libeskind, seguendo l'idea di creare una grande piazza proprio al centro del Mediterraneo, un punto di incontro di civiltà, culture, religioni”.
Marketing territoriale? Acquisizione di consenso sul territorio? O addirittura un modo per lasciare un segno qualora il Ponte non si realizzasse mai? Ciucci nega che ci sia maggiore attenzione al territorio, magari per compensare la minore centralità del Ponte tra le priorità infrastrutturali della politica romana. “Sostegno politico non mi pare manchi, abbiamo appena presentato il progetto al presidente Berlusconi, al ministro Matteoli e al sottosegretario Letta.
Quanto alla cura del territorio l'abbiamo avuta fin dall'origine e in molte forme, compresa quella di un attento monitoraggio ambientale”.