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Appalto, danno da ritardato collaudo: il risarcimento comprende le spese generali e di custodia ma occorre la prova del pregiudizio

Grava sull’appaltatore l’onere di provare il danno derivante dal ritardo nell’emissione degli atti conclusivi del contratto (Tribunale Roma, sez. XVII, 2 febbraio 2023, n. 1774)

L’art. 191, comma 2, del dPR n. 207/2010 prescrive che le riserve devono essere iscritte a pena di decadenza sul primo atto dell'appalto idoneo a riceverle, successivo all'insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio subito dall'esecutore. Con riferimento alle fattispecie riconducibili a fatti continuativi l’onere della tempestiva formulazione delle riserve sorge, a pena di decadenza, al cessare del fatto pregiudizievole.

Il ritardo nell’emissione del certificato di collaudo e nella sua approvazione, se è imputabile al comportamento della Stazione appaltante senza che possa addebitarsi all’appaltatore alcun comportamento ostativo alle operazioni di collaudo, si configura come una fattispecie di inadempimento contrattuale suscettibile di risarcimento del danno. Il danno subito a causa del ritardo nell’emissione del certificato di collaudo comprende le spese generali (limitatamente a quelle che continuano ad essere sostenute dall’appaltatore nelle more dell’emissione dello stesso certificato) che attengono alle spese amministrative d’impresa e alla custodia e guardiania delle opere cui l’appaltatore è tenuto fino al collaudo, “nonché i premi pagati per garanzie fideiussorie e per la copertura assicurativa dei danni di esecuzione e responsabilità civile verso terzi”.

Grava sull’appaltatore l’onere di provare il danno derivante dal ritardo nell’emissione degli atti conclusivi del contratto e, in particolare, del certificato di collaudo, non potendosi ricorrere a criteri puramente equitativi per la sua liquidazione in mancanza di prova dell’an debeatur.

  TC RM 1774_2023.pdf