Flash news Infrastrutture:
 
 

Briciole di pane

Appalto integrato: su chi incombe la responsabilità in materia di oneri da interferenze?

Il Tribunale di Roma (sez. XVI, 3 gennaio 2022, n. 16) ha chiarito che nel caso di appalto integrato le difficoltà incontrate nella fase esecutiva - tra cui quelle dovute alle interferenze - rientrano negli obblighi e nei rischi contrattuali che assume l'appaltatore

L’appalto integrato ha ad oggetto non solo l’esecuzione dei lavori, ma anche la progettazione di carattere esecutivo, demandata all’impresa aggiudicataria che può, dunque, determinare i dettagli dell’opera, verificarne la fattibilità in base al progetto, verificare la sussistenza di interferenze nella esecuzione dei lavori e procedere alla relativa rimozione, nonché verificare la necessità di acquisire ulteriori autorizzazioni o nulla osta.

Il corrispettivo determinato in contratto, dunque, comporta la preventiva valutazione non solo della attività esecutiva, ma anche progettuale e, di conseguenza, la “assunzione da parte dell’appaltatore di un rischio di impresa più ampio, che ricomprende la risoluzione di problematiche esecutive che l’impresa ha modo, però, di verificare e valutare occupandosi direttamente del progetto esecutivo e del relativo cronoprogramma, valutando i problemi tecnici da affrontare nel corso di realizzazione dell’opera”. Le difficoltà incontrate nella fase esecutiva – tra cui quelle dovute a interferenze – rientrano perciò negli obblighi e rischi contrattuali che l’impresa si è assunta e non possono essere addebitate alla stazione appaltante, salvo che derivino da specifiche condotte negligenti ad essa imputabili (nella specie, il Tribunale ha ritenuto non imputabile alla stazione appaltante l’omessa rimozione, da parte dei gestori, di interferenze previste nel progetto definitivo).

La materia delle riserve attiene ai diritti patrimoniali disponibili delle parti: pertanto l’onere della prova della loro tempestiva iscrizione grava sull’appaltatore; ma tale onere diventa concretamente attuale soltanto se la controparte ne eccepisce tempestivamente la decadenza, che non può essere rilevata d’ufficio. Con specifico riferimento all’ipotesi di sospensione dei lavori, qualora l’appaltatore abbia iscritto le relative riserve solo nel verbale di ripresa dei lavori e non in quello di sospensione, deve dimostrare (a fronte dell’eccezione di decadenza formulata dall’amministrazione) che la potenzialità dannosa della sospensione poteva essere percepita, secondo la normale diligenza, solo nel momento della ripresa dei lavori, quando cioè il fatto produttivo del danno era ormai cessato.

Il rinvenimento di reperti archeologici (cd. sorpresa archeologica) nel corso dell'esecuzione del contratto costituisce causa di forza maggiore ai sensi dell'art. 30, comma 1, dPR n. 1063/1962 e impedisce per legge la prosecuzione dei lavori. In simili ipotesi, dunque, non operando alcuna discrezionalità da parte della committente, la sospensione disposta dalla stazione appaltante non consente all'appaltatore di chiedere, ai sensi dell'art. 30, comma 2, del medesimo decreto, lo scioglimento del contratto ove la stessa superi i termini ivi stabiliti (un quarto della durata complessiva prevista per l'esecuzione dei lavori stessi e mai per più di sei mesi complessivi) ed ottenere, in caso di rifiuto da parte del committente, l'indennizzo dei maggiori oneri sopportati.

  TC RM 16_2022.pdf