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Appalto, riserve: l’art. 191, comma 2, dPR n. 207/2010 si applica agli appalti banditi durante la sua vigenza, anche se stipulati successivamente

L’art. 191, comma 2, dPR n. 207/2010 si applica agli appalti affidati in virtù di gare bandite durante la sua vigenza (dall’8 giugno 2011 al 30 maggio 2018) anche se il contratto è stato stipulato successivamente: infatti “le norme legislative o regolamentari vigenti al momento di indizione della procedura devono essere applicate anche se non espressamente richiamate nel bando” mentre “le norme sopravvenute per le quali non è configurabile alcun richiamo implicito nella lex specialis, non modificano i concorsi già banditi a meno che non sia espressamente stabilito dalle norme stesse” (Tribunale Aosta, 20 ottobre 2022, n. 323).

L’art. 191, comma 2, del dPR n. 207/2010 prescrive che le riserve devono essere iscritte a pena di decadenza sul primo atto dell'appalto idoneo a riceverle successivo all'insorgenza o alla cessazione del fatto che ha determinato il pregiudizio subito dall'esecutore e nel registro di contabilità all'atto della firma immediatamente successiva. Con particolare riferimento ai fatti produttivi di danno continuativo “la riserva va iscritta contestualmente o immediatamente dopo l'insorgenza del fatto lesivo percepibile con la normale diligenza, mentre solo il quantum può essere successivamente indicato”. Le riserve inoltre si intendono abbandonate se non espressamente confermate sul conto finale. Grava quindi sull’appaltatore l’onere di dimostrare la tempestiva iscrizione delle riserve azionate.

L’art. 191, comma 2, dPR n. 207/2010 si applica agli appalti affidati in virtù di gare bandite durante la sua vigenza (dall’8 giugno 2011 al 30 maggio 2018), anche se il contratto è stato stipulato successivamente: infatti “le norme legislative o regolamentari vigenti al momento di indizione della procedura devono essere applicate anche se non espressamente richiamate nel bando” mentre “le norme sopravvenute per le quali non è configurabile alcun richiamo implicito nella lex specialis, non modificano i concorsi già banditi a meno che non sia espressamente stabilito dalle norme stesse”. Ne deriva che “le regole fissate nel bando devono essere applicate dall’amministrazione, anche se illegittime o divenute non conformi allo jus superveniens, salvo l’esercizio del poter di autotutela da parte dell’amministrazione stessa” (principio di immodificabilità del bando), venendo altrimenti sacrificati i principi di certezza e buon andamento.

Ai sensi dell’art. 240-bis del d.lgs n. 163/2006 – e alla luce di quanto chiarito dalla Corte costituzionale (sentenza n. 109/2021) - entro la soglia del venti per cento del valore dell’appalto, qualunque pretesa dell’appaltatore può essere riconosciuta, in via bonaria o previo accertamento giudiziale fermo restando il diritto dell’appaltatore di agire in giudizio per il riconoscimento di importi che superino tale limite.

  TC AO 323_2022.pdf