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Appalto: se l’appaltatore fallisce il subappaltatore non ha diritto al pagamento diretto ma deve insinuarsi nel passivo fallimentare

In caso di fallimento dell’appaltatore non è applicabile l’art. 118, comma 3, d.lgs n. 163/2006 (che consente alla S.A. di sospendere i pagamenti dovuti all’affidatario in mancanza delle fatture attestanti i pagamenti da questo effettuati in favore del subappaltatore) in quanto esso, “pur realizzando indirettamente una forma di tutela dei subappaltatori”, è “prioritariamente diretto a tutelare l’interesse pubblico alla regolare esecuzione dell’appalto, evitando che i subappaltatori possano cessare di prestare la loro opera avvalendosi degli strumenti di autotutela loro concessi”, ed è perciò “limitato ai contraenti in bonis e non estensibile in caso di fallimento, con inammissibilità della previsione di una apposita causa di prededuzione”. Il credito del subappaltatore non è perciò prededucibile ma quest’ultimo deve insinuarsi nel passivo fallimentare e concorrere con gli altri creditori per il soddisfacimento delle proprie pretese (Tribunale Bolzano, sez. I, 30 maggio 2022 n. 529).

Il Tribunale di Bolzano ha affermato che in caso di fallimento dell’appaltatore il credito maturato dai subappaltatori non è prededucibile.
In caso di fallimento dell’appaltatore non è applicabile il meccanismo previsto dall’art. 118, comma 3, d.lgs n. 163/2006 (che consente alla stazione appaltante di sospendere i pagamenti dovuti all’affidatario in mancanza delle fatture attestanti i pagamenti da questo effettuati in favore del subappaltatore) perché tale meccanismo, “pur realizzando indirettamente una forma di tutela dei subappaltatori, parti deboli del rapporto, [è] prioritariamente diretto a tutelare l’interesse pubblico alla regolare esecuzione dell’appalto, evitando che i subappaltatori possano cessare di prestare la loro opera avvalendosi degli strumenti di autotutela loro concessi”, ed è perciò “limitato ai contraenti in bonis e non estensibile in caso di fallimento, con inammissibilità della previsione di una apposita causa di prededuzione”. Ne deriva che, una volta intervenuto il fallimento dell’appaltatore, il subappaltatore deve insinuarsi nel passivo fallimentare e concorrere con gli altri creditori per il soddisfacimento delle proprie pretese. A differenza della associazione temporanea di imprese, la società consortile è un soggetto giuridico autonomo con personalità giuridica e piena autonomia patrimoniale, fiscale e gestionale. Pertanto, nel caso venga dichiarata fallita, “al Fallimento della stessa società spetta … senz’altro la legittimazione attiva a fare valere le azioni revocatorie ex art. 67 della legge fallimentare”.
La domanda formulata dal convenuto nei confronti di un altro convenuto va qualificata come domanda riconvenzionale e deve perciò essere contenuta nella comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata ai sensi dell’art. 167 c.p.c., mentre non è necessario chiedere lo spostamento dell’udienza né procedere alla citazione della parte cui la domanda è rivolta, salvo che questa risulti contumace alla prima udienza. Ciò vale anche con riferimento alle domande reciprocamente rivolte tra chiamati in causa, “in ottica della ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.), essendo la tempestività e l’efficienza del procedimento, ancor più in ambito fallimentare, cruciale ad una effettiva tutela dei diritti”.

 

  TC BZ 529_2022.pdf