Ordinanze contingibili e urgenti: presupposti di legittimità e responsabilità della P.A.
Le ordinanze ex art. 54 TUEL sono incompatibili con l’obbligo di comunicazione, hanno natura residuale e possono disciplinare situazioni di pericolo effettivo solo in via temporanea (TAR Calabria, sez. I, 18 aprile 2023, n. 617)
L’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 7 della legge n. 241/1990 non opera con riferimento alle ordinanze contingibili e urgenti data la sua incompatibilità con l’urgenza di provvedere, che può aggravarsi con il trascorrere del tempo e che pertanto richiede un intervento immediato e indilazionabile a tutela della sicurezza urbana e dell'incolumità pubblica.
Le ordinanze contingibili e urgenti hanno natura residuale e possono essere emanate in situazioni di pericolo effettivo non tipizzate dalla legge, la cui sussistenza deve essere accertata attraverso un'istruttoria adeguata e suffragata da congrua motivazione. Presupposti indefettibili per la loro emanazione sono quindi: (a) l'indifferibilità dell'intervento, in relazione alla ragionevole previsione di un danno incombente; (b) l'impossibilità di scongiurare la situazione di pericolo incombente con gli ordinari mezzi apprestati dall'ordinamento; (c) la provvisorietà e la temporaneità della misura adottata, in proporzione agli obiettivi con la stessa perseguiti, “in quanto solo in via temporanea può essere consentito l'uso di strumenti extra ordinem che permettono la compressione di diritti ed interessi privati con mezzi diversi da quelli tipici indicati dalle leggi”.
Il pericolo per la pubblica incolumità può consistere anche in una situazione nota da tempo e che si sia protratta per un lungo periodo senza dare luogo al danno temuto, “posto che il ritardo nell'agire potrebbe sempre aggravare la situazione”; inoltre non è necessario che il pericolo sia imminente ma è sufficiente la ragionevole probabilità che possa divenirlo se non si interviene prontamente. In ogni caso, il potere di emanazione delle suddette ordinanze rientra nella sfera del merito dell’azione amministrativa e, in quanto tale, non è sindacabile dal giudice amministrativo salvo i casi di manifesta illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza e macroscopico travisamento dei fatti posti a suo fondamento.
La responsabilità della pubblica amministrazione per l’emanazione di un provvedimento illegittimo ha natura di responsabilità extracontrattuale da fatto illecito. Essa non consegue automaticamente all'annullamento del provvedimento amministrativo o all'accertamento della sua illegittimità in sede giurisdizionale ma presuppone l’accertamento della condotta colposa o dolosa dell’amministrazione, il verificarsi di un danno ingiusto inteso come lesione di un interesse legittimo ed il nesso di causalità tra l’azione amministrativa e quest’ultimo. In particolare occorre la prova che dalla condotta amministrativa sia derivato, secondo un giudizio di regolarità causale, un pregiudizio direttamente riferibile al provvedimento e lesivo del bene della vita cui l’interesse legittimo è preposto. Ai fini del risarcimento è inoltre necessario che il danno non fosse evitabile con l’ordinaria diligenza, mentre non rileva la sua eventuale prevedibilità (nella specie il Collegio ha negato il risarcimento richiesto da ANAS sul presupposto che gli interventi da questa effettuati non erano diretta conseguenza dell’ordinanza impugnata ma di una successiva attività interistituzionale compiuta per risolvere la criticità della circolazione nel tratto stradale interessato, rispetto alla quale l’ordinanza costituiva un mero antecedente logico).