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Briciole di pane

Canale di Suez, simulazioni in corso rispetto a un'ipotetica chiusura

Prefigurare gli scenari futuri è compito essenziale per i logistici

Roma, 2 settembre 2013 - La logistica (soprattutto, ma non solo, la grande logistica delle rotte intercontinentali) sembra incarnare molto bene il concetto, tipicamente contemporaneo, di “complessità”. Aspetti tecnici, economici e geopolitici si fronteggiano, in modo incessante, alla ricerca di sempre nuovi equilibri.

Nessun nuovo fattore ha un diretto “effetto-logistico”: quest’ultimo è, in effetti, la risultante del riposizionamento di tutti gli altri fattori. Un chiaro esempio di ciò, quasi una finestra che ci mostra tale complessità all’opera, è in un recente studio di Drewry. La famosa società di consulenza nello shipping ha provato a porsi la seguente domanda: che cosa avverrebbe se il precipitare della crisi egiziana portasse a una chiusura del canale di Suez?

La risposta, piuttosto sorprendente, è: nulla di grave, almeno a breve-medio termine. Le portacontainer potrebbero doppiare il Capo di Buona Speranza e risalire lungo le coste occidentali dell’Africa. Basterebbe portare la velocità di crociera a 22 nodi, lasciando un tranquillizzante safety margin rispetto a quella massima, stimata tra i 24 e i 25 nodi (mentre attualmente, a causa della crisi economica, la velocità media complessiva si assesta sui 19 nodi).

I maggiori costi in termini di carburante, tenuto anche conto delle fluttuazioni del relativo prezzo, sarebbero compensati, non integralmente ma, comunque, in misura soddisfacente, dai risparmi sui pedaggi (recentemente aumentati per decisione della Suez Canal Authority) e sulle assicurazioni (il tratto di mare che bisogna attraversare per giungere all’imboccatura del canale rimane uno di quelli a maggior rischio pirateria del mondo).

Certo, l’ipotetica chiusura di Suez penalizzerebbe sensibilmente i porti del Mediterraneo rispetto a quelli del Nord Europa, dovendo le merci rientrare dallo stretto di Gibilterra. Ma questo, lo si capisce bene dalle simulazioni, è visto come un problema “altro”. Esterno, per non dire estraneo. C’è una logica dei flussi e una logica dei territori. Forse, stiamo entrando in un’epoca storica in cui la prima prevale sulla seconda.

Carlo Sgandurra