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Briciole di pane

In Cina via libera alle grandi infrastrutture

Investimenti da 125 miliardi di euro in strade, autostrade e aeroporti

Shanghai, 9 settembre 2012 - Dopo una lunga anticamera, la Cina dà finalmente l'ultimo via libera a un massiccio piano di investimenti infrastrutturali destinati ad accelerare la modernizzazione del Paese. Ma, soprattutto, destinati a sostenere la crescita economica che viaggia ai minimi degli ultimi tre anni.
Nei giorni scorsi, la National Development and Reform Commission (Ndrc) ha approvato l'immediata realizzazione di una sessantina di grandi lavori pubblici: perlopiù strade, autostrade, porti e aeroporti per un valore complessivo stimato oltre mille miliardi di yuan (125 miliardi di euro).
Sebbene il loro annuncio ufficiale venerdì abbia infiammato le Borse asiatiche (Shanghai non viveva una seduta così scoppiettante da ben otto mesi), i progetti compresi nel piano di sviluppo erano già stati approvati lo scorso maggio. Ma ora, con il via libera della Ndrc, i cantieri potranno essere materialmente aperti.
E quando le opere infrastrutturali cinesi aprono i cantieri l'effetto volano sull'economia reale è sempre potente (almeno nel breve termine): a questo riguardo, basti pensare che nel 2011 gli investimenti fissi hanno contribuito a oltre la metà della crescita annuale ( 9,3%) del prodotto interno lordo. E Pechino, come suggeriscono i recenti dati congiunturali e l'indice Pmi di settembre, di questi tempi di crescere di più ne ha proprio bisogno.
A partire dallo scorso inverno, la crisi debitoria europea e il malessere dei consumatori americani hanno inferto un duro colpo all'industria manifatturiera del Dragone che esporta nel mondo. E sul fronte interno il calo dei prezzi immobiliari, un settore che contribuisce in misura significativa alla formazione del Pil, ha fatto il resto.
«La nostra economia è sotto forte pressione e ciò sta mettendo in difficoltà sia le aziende esportatrici che le piccole e medie imprese - ha ammonito ieri il presidente cinese, Hu Jintao - la crisi, inoltre, sta creando anche seri problemi occupazionali perché in queste condizioni risulta difficile assorbire la nuova forza lavoro».
Nel primo semestre 2012, l'economia cinese ha registrato un'espansione di "solo" il 7,8%, contro il 9,6% messo a segno nella prima metà del 2011. Per sostenere la congiuntura intorno alla soglia di sicurezza dell'8% (il livello che teoricamente garantisce l'equilibrio del mercato del lavoro che tanto preoccupa Hu e l'intera classe dirigente cinese), all'inizio dell'estate Pechino ha agito sulla leva monetaria, operando due tagli dei tassi d'interesse in stretta sequenza, e varando diverse riduzioni della riserva obbligatoria.
Ma quella medicina - forse perché, come sostengono alcuni economisti, oggi Pechino si trova in una classica "trappola della liquidità" che rende inefficaci le riduzioni del costo del denaro - ha prodotto scarsi risultati.
Così ora, dopo lunghi tentennamenti, il Governo cinese ha deciso di utilizzare con maggiore convinzione anche la leva fiscale, dando il tanto atteso via libera al piano di lavori pubblici da mille miliardi di yuan.
Questa nuova iniezione di fondi statali dovrebbe essere più che sufficiente. Nel Paese, infatti, sono in molti a pensare (anche in seno al Governo) che il maxi-pacchetto di stimolo all'economia da 600 miliardi di dollari varato da Pechino nel 2008 per contrastare la crisi finanziaria globale, alla fine abbia prodotto più distorsioni che benefici all'economia cinese nel suo complesso.

Luca Vinciguerra (Il Sole 24 Ore, corrispondente da Shanghai)