Export, le nuove sfide per la logistica
Il Made in Italy protagonista nel mercato globale

Roma, 23 gennaio 2014 - Si dice da più parti che, in questa particolare fase, soltanto l’export possa rappresentare una scialuppa di salvataggio per la nostra economia. Si tratta, lo riteniamo anche noi, di una delle poche vie praticabili per cercare di risollevare la domanda, anche interna. Quello italiano, peraltro, è un export che sta profondamente mutando fisionomia. Un cambiamento che genera nuove esigenze, che sarebbe deleterio trascurare.
In effetti, nel 2013 si è registrata una svolta davvero epocale: lo spostamento dell’asse dell’export italiano verso l’extra Unione europea. Ancora nel 2012, le statistiche davano le esportazioni italiane al 53,7% verso i Paesi UE e al 46,3% verso l’extra UE. Nel giro di un anno, i valori si sono invertiti. E tutto lascia intendere che proseguirà la tendenza del nostro manifatturiero a cercare sbocchi al di fuori del Vecchio Continente.
I dati e le cifre disponibili, d’altronde, sono indicativi. L’Osservatorio GEA-Fondazione Edison, riadattando le classificazioni della Goldman Sachs, ha distinto, specificamente per l’Italia, i più importanti mercati emergenti in due gruppi: i “TREC” (Turchia, Russia, Emirati Arabi Uniti, Cina) e i “NEXT-11” (Brasile, Hong Kong, Arabia Saudita, Messico, Algeria, Corea del Sud, India, Tunisia, Egitto, Libia, Israele).
Ebbene: l’export italiano verso i “TREC” ammonta a 35,1 miliardi di Euro; quello verso i “NEXT-11”, addirittura, a 38,3 miliardi. Dati importanti. Dai quali si capisce, oltretutto, come il Made in Italy possa, malgrado le difficoltà, continuare a macinare primati (l’Italia risulta tuttora primo Paese al mondo, per attivo commerciale con l’estero, in ben 235 prodotti: calzature in pelle, macchine per imballaggio, attrezzature frigorifere per supermercati, pasta, occhiali, elicotteri, yacht di lusso, pelli conciate, tubi in acciaio, pompe per liquidi, pomodori lavorati, mele...).
Nel nuovo scenario dell'import e dell'export, si pongono e si porranno grandi sfide a quanti, su ogni piano, si occupano di logistica. Quest’ultima è destinata a giocare un ruolo, se possibile, ancora più importante di prima. Un ruolo, senza giri di parole, decisivo. Perché esportare in aree geograficamente e culturalmente lontane richiede, davvero, che il sistema-Italia sappia, finalmente, “fare squadra”.
Alle varie filiere produttive deve essere garantito il massimo di efficienza nella movimentazione. Le infrastrutture di trasporto devono declinare il livello di servizio offerto in funzione della maggiore mobilità ottenibile. Le scelte di politica economica, oltre a favorire l’intermodalità sul territorio, devono porsi l’obiettivo qualificante di intercettare le grandi rotte intercontinentali, nelle quali operano i colossi mondiali della logistica.
E le merci devono essere in grado di lasciare il Paese in maniera celere e sicura, senza antieconomicità. In tale prospettiva, lo Sportello Unico Doganale, attivato negli ultimi mesi in alcune importanti realtà portuali e aeroportuali, costituisce senz’altro la strada da percorrere. Pure in questo caso, si può dire che il Piano Nazionale della Logistica, approvato due anni fa per un orizzonte temporale fino al 2020, aveva visto giusto.