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Briciole di pane

I progetti italiani per la Libia

Missione dei ministeri dello Sviluppo e delle Infrastrutture per far ripartire le intese bilaterali

Tripoli, 29 febbraio 2012 – La diplomazia economica del post-Gheddafi muove lentamente i primi passi. Dopo la visita del premier Mario Monti lo scorso 21 gennaio, il governo italiano prova a rimettere in moto accordi e investimenti in Libia con una missione del ministero dello Sviluppo economico e delle Infrastrutture e Trasporti guidata dal viceministro Mario Ciaccia. In due giorni di lavoro a Tripoli, Bengasi e Misurata si sono svolti cinque bilaterali. Confronti che per ora sono serviti a sondare il terreno, nell'impossibilità di arrivare già a delle intese con un governo transitorio e con l'avvicinarsi delle elezioni per l'assemblea costituente, in programma a giugno.
Trasporti, con la proposta di un master plan da consegnare in poche settimane, infrastrutture, energie rinnovabili, Pmi con la prospettiva di creare società miste e insediarsi nella free zone di Misurata: questi i principali temi sul tavolo in attesa che una nuova missione guidata dal ministro dello Sviluppo Corrado Passera porti a casa i primi contratti dell'era che si è aperta ufficialmente con la "rivoluzione del 17 febbraio".
Ci sfidano apertamente la Turchia, la Germania e soprattutto la Francia che ha già organizzato tre missioni l'ultima delle quali con quasi 130 tra imprenditori e operatori al seguito. Parigi, in particolare, mira al settore dell'agroindustria, alle tlc dove Alcatel può sovrapporsi all'area in cui l'Italia è presente con Sirti, e all'assistenza agli aerei dove vorrebbe farsi larga anche l'italiana Atitech. La Confindustria francese e il gruppo Bollorè hanno già avviato contatti nella zona di Misurata, dove l'Italia però può cercare di rivitalizzare uno studio di fattibilità del 2009 per la creazione di un polo misto. Per il viceministro Ciaccia l'alto livello di competizione non è una sorpresa. «Parliamo di un'area che, al di là delle ricchezze nell'oil and gas, ha un altissimo potenziale di crescita, la maggioranza della popolazione sotto i 25 anni e una posizione invidiabile anche per sviluppare iniziative nel vicino Egitto. Ma sono certo che l'Italia mantenga un vantaggio rispetto ai competitor sia in virtù dei legami storici sia per la nostra tradizione manifatturiera». Di sicuro, mette in evidenza il viceministro, l'Italia deve proporsi ai «nuovi interlocutori con una visione di sistema, per far leva su tutte le nostre principali aree di eccellenza. Riporteremo l'interscambio ai livelli pre-crisi pari a 15 miliardi di euro e secondo le nostre proiezioni potremo incrementarlo in tempi brevi di circa il 30%».
Secondo lo Sviluppo economico, sul piatto ci sono possibili investimenti per 1 miliardo nella logistica, per 5 miliardi nel comparto ferroviario e stradale e per 600 milioni nell'agroalimentare. Negli incontri con i responsabili dei ministeri libici dell'Industria, delle Infrastrutture, dei Trasporti, dell'Elettricità e dell'Economia e nei confronti avviati a livello locale con il Consiglio nazionale di transizione di Bengasi e Misurata è stato aperto un ventaglio di possibilità decisamente ampio, che andrà però verificato attentamente dopo le elezioni e con il nuovo governo. L'Italia chiede alla Libia decisioni rapide sugli appalti sospesi relativi all'autostrada litoranea (interessate Anas e un consorzio guidato da Saipem) e alle ferrovie (Fs) ed offre un master plan che ridisegni completamente il sistema dei trasporti, sulla falsariga di quanto già fatto in Iraq con Anas, Fs, Enac ed Enav. «L'attuale esecutivo libico ci ha dichiarato l'intenzione di procedere mediante gara internazionale per un piano 2015-2035 - spiega Ciaccia - ma riteniamo che la nostra proposta possa rappresentare un valido canale alternativo».
I progetti presentati dal ministero dello Sviluppo economico includono anche l'utilizzo del project financing nelle infrastrutture, lo sviluppo del sistema portuale, progetti di formazione, collaborazioni nel campo dell'energia rinnovabile, mentre dovrebbe partire subito un comitato tecnico congiunto per individuare possibili società miste per le Pmi. Anche Simest potrebbe essere della partita con un'apposita operazione di scouting.
Nel frattempo l'Eni, storica avanguardia italiana nel Paese, sta piano piano riavvicinandosi ai livelli import di greggio e gas precedenti il periodo della rivoluzione. Nei piani del governo Monti, è proprio intorno al gigante del gas e ad altre grandi aziende italiane (tra le altre Tecnimont, Iveco, Finmeccanica, Impregilo, Danieli, Trevi) che dovrebbe nascere una rete più fitta di piccole e medie aziende in grado di partecipare al rilancio post-Gheddafi.

Carmine Fotina (fonte: Il Sole 24 Ore)