Società delle Reti, Cdp «chiama» il Qatar
Primi incontri con i fondi sovrani del Golfo Persico. Sul tavolo una corposa quota di minoranza
Milano, 17 novembre 2012 – II vento del Golfo Persico spira sulla Cassa Depositi e Prestiti. La missione dei giorni scorsi della Cdp e del suo braccio finanziario, il Fondo Strategico Italiano, nell'emirato del Qatar e nei Paesi limitrofi di questa area geografica potrebbe essere il preludio a investimenti dei ricchissimi fondi sovrani arabi nel nostro Paese. La presenza dello stato maggiore della Cdp e del Fondo Strategico, con il presidente Franco Bassanini e l'amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini oltre al numero uno del Fsi Maurizio Tamagnini, la dice lunga sul progetto che lentamente potrebbe prendere corpo.
Nulla è ancora stato deciso, per ora ci sarebbero stati soltanto incontri informali e cordiali con alcuni responsabili dei fondi sovrani del Golfo Persico, ma nessuna trattativa. Tuttavia l'obiettivo forale nel medio periodo potrebbe essere di grosso calibro, cioè l'acquisto di una corposa quota di minoranza nella neonata società delle reti, la Cdp Reti (controllata al 100% dalla Cassa depositi e prestiti), che di recente ha acquistato da Eni il 30% più un'azione di Snam. Teoricamente in Cdp Reti potrebbe infatti confluire anche la quota che oggi la Cassa detiene in Terna (cioè il 29%).
Secondo lo statuto di Cdp Reti, è infatti possibile mettere insieme le partecipate nelle infrastrutture di rete della Cassa. Quindi, sempre in teoria, se le negoziazioni in corso con Telecom Italia dovessero riprendere in modo proficuo, nella società delle reti potrebbe finire anche il network dell'ex-monopolista telefonico. E, sempre come scenario, non è detto che nel prossimo futuro nella holding non possano confluire altre infrastrutture, come ad esempio la rete delle Ferrovie dello Stato.
E proprio una holding di questo tipo, capace di dare dividendi stabili agli azionisti, potrebbe interessare ai fondi sovrani da sempre a caccia di rendimenti costanti. E la stessa Cdp potrebbe a propria volta investire la cassa ottenuta con l'ingresso dei nuovi soci.
Una strategia che vale a maggior ragione per i colossi finanziari del Qatar, di Abu Dhabi e del Kuwait che focalizzano una fetta importante della loro asset allocation sulle infrastrutture. In questa area geografica esistono infatti alcuni dei fondi sovrani maggiori del mondo, stra-ricchi di liquidità miliardaria incassata grazie alle eccedenze di liquidità ottenute sulla vendita del petrolio. Basta pensare alla Qatar Invest- mens Authority (Qia) o ad Adia, il braccio finanziario degli Emirati Arabi. Ma questi ultimi sono solo alcuni dei colossi finanziari di questa parte del mondo, a cui vanno aggiunte altre casseforti del Far East. Procedendo verso l'Asia c'è infatti anche il ricchissimo fondo di Singapore.
L'unico fondo sovrano europeo è invece quello norvegese. Si calcola che oggi i fondi sovrani dispongano complessivamente di più di 4000 miliardi di dollari di liquidità (pari al 6% del Pil mondiale), con oltre il 50% che deriva dai proventi del greggio.
Ovvio che anche una piccolissima parte di questa ricchezza sarebbe benvenuta in Italia, che proprio nell'ultimo anno ha riguadagnato credibilità di fronte agli investitori internazionali. A dimostrazione del possibile legame c'è anche la missione nel Golfo Persico che il premier Mario Monti inizierà nel week end, che partendo dal Kuwait proseguirà con Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar: cioè i Paesi dove qualche giorno fa la stessa Cdp ha incontrato potenziali investitori.