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Briciole di pane

Usa, il rientro dei capitali dall'estero per finanziare le strade

La proposta dei Democratici potrebbe trovare il via libera anche dei Repubblicani

Roma, 28 gennaio 2014 – I capitali di ritorno dall’estero delle maggiori compagnie statunitensi potrebbero servire a pagare l’ammodernamento delle infrastrutture Usa che versano in pessime condizioni. Strade e ponti nei diversi stati federali devono essere ricostruiti o necessitano di lavori urgenti di messa in sicurezza. Ma il taglio ai fondi governativi, spesso, non permette di affrontare la spesa. La soluzione potrebbe arrivare dalla proposta in discussione al Congresso.


Presentata dai Democratici, l’idea di pagare con i capitali dall’estero il conto per rinnovare la rete infrastrutturale potrebbe trovare il consenso dei Repubblicani, che da sempre si oppongono all’aumento delle tasse per questa finalità.


Il piano - secondo quanto riportato dal Financial Times - autorizzerebbe le società con capitali oltre confine a rimpatriarne una certa quantità senza pagare le tasse. A condizione che queste stesse società investano parte delle risorse nuovamente disponibili in bonds per finanziare le infrastrutture.


Le tasse sul rientro dei capitali in America arrivano fino al 35 per cento della somma rimpatriata, una delle percentuali più alte al mondo. Per questo motivo molte grandi società preferiscono tenere i profitti all’estero in investimenti a basso rischio.


In altre occasioni il governo Usa ha concesso il rientro dei capitali non tassandoli, ma i gruppi economici hanno spesso utilizzato i benefici per ripagare gli azionisti, senza creare nuovi posti di lavoro.

Le società tecnologiche, come per esempio la Cisco, possiedono la maggior parte dei capitali oltre Oceano, stimati nella cifra iperbolica di 2.000 miliardi di dollari.


La proposta dei Democratici, adesso, è di portare la tassa una tantum al 20 per cento, mentre i bonds per il finanziamento delle strade pagherebbero un tasso di interesse dell’1 per cento.
 

Manuela Zucchini