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Briciole di pane

Autosole, quella strada dritta che aprì un futuro all'Italia

Nel romanzo di Francesco Pinto non la storia di un uomo o di un pugno di uomini. ma dell'Autosole

Napoli, 23 aprile 2011 - Un romanzo epico che ha come protagonista l'Autosole. Non un uomo o un pugno di uomini, non una storia o più storie che si intrecciano e si scontrano producendo emozioni, ma un nastro d'asfalto di 756 chilometri, freddo e mosso solo dalle balze del terreno. A nessuno era mai venuta in mente una idea così folle eppure così esaltante, che gusto c'è a parlare di una strada? Ma non di "quella" strada che schiuse prospettive economiche, sociali e turistiche di grande portata. Che non sono state raccolte vanificando l'impresa di un gruppo di pionieri che è giusto far uscire dall'anonimato. Francesco Pinto, direttore di RaiTre e ora del Centro di produzione Rai di Napoli, ha, dunque, inaugurato un filone di scrittura dimostrando che qualsiasi avventura dell'uomo, anche la più asettica, ha un'anima e si svolge all'interno di una storia che non aspetta altro che di essere raccontata. A patto che si tocchino le corde giuste. La "strada diritta" contiene tutti questi motivi ed è davvero un bel libro, intenso e vissuto con straordinaria emotività. Traccia un solco letterario, ma difficilmente troverà imitatori, perché l'Italia nella quale annaspiamo è cosa ben diversa da quella a cavallo tra gli anni '50 e '60, che aveva voglia di scrollarsi dalle spalle le vergogne e le macerie della guerra, che aveva nei forzieri della Banca d'Italia una lira solida e inattaccabile, ma sapeva divertirsi e anche sbalordire come alle Olimpiadi del 1960. Era l'Italia di Livio Berruti, della Bussola e delle notti cantate da Mina, ma anche dell'Iri che accettava le sfide più ardue e riusciva a vincerle. Come accadde con l'Autosole costruita in soli otto anni. Unacorsafolle contro il tempo e la ragione. Un "buco" sulla via Emilia per partire e tacitare gli scettici e subito dopo un altro a cavallo tra la provincia di Salerno e quella cosentina: così almeno fino a lì ci fanno arrivare, disse Fedele Cova, il capo di quell'esercito di ingegneri, di tecnici e semplici manovali, tutti percorsi da un brivido positivo. Protagonisti schivi, presi dal lavoro e non dalla voglia di apparire. Nei filmati televisivi che raccontarono la cerimonia dell'inaugurazione, nel 1964, Fedele Cova non c'è mai: quel trionfo non gli interessava, aveva lottato per un altro ideale e il premio lo aveva già ottenuto. «Loro volevano davvero unificare il Nord e il Sud, quello lasciatemelo dire senza retorica è stato il momento più alto dell'unità d'Italia». Questo libro ce lo ha ricordato ed è giusto dargliene merito. Il racconto è appassionante, le vicende di Giovanni Nigro, appena tornato dalla campagna di Russia, e di Gaetano, il muratore del Sud che ha fretta di tornare a casa, regalano sensazioni forti e positive. Francesco Pinto offrì a Roberto Saviano lo spunto di un romanzo centrato sull'epopea dell'Autosole, ma il suo amico scrittore rispose in modo esemplare: «L'idea è di chi l'ha avuta, devi scriverlo tu». Ha avuto ragione

Carlo Franco - La Repubblica