Beni culturali, Cnr: la perdita del patrimonio costa quasi un punto di Pil
In corso un convegno per presentare i dati del Sistema informativo territoriale del Cnr
Roma, 12 giugno 2012 - Dai due terzi alla quasi totalità dei giacimenti archeologici presenti sul territorio non sono censiti. E quelli compromessi da lavori agricoli, infrastrutture, scavi clandestini e fenomeni naturali sono migliaia. Lo dicono i dati del Sistema informativo territoriale del Cnr presentati oggi e domani in un convegno. "La perdita del patrimonio culturale ci costa circa un punto percentuale del Pil, calcolando il solo valore economico e non quello culturale, incalcolabile. Se adeguatamente conosciuto, conservato e tutelato, tale bene e' una fonte inesauribile di reddito", spiega Marcello Guaitoli, ricercatore dell'Istituto per i beni archeologici e monumentali del Cnr.
"I beni archeologici presenti sul nostro territorio mediamente sono conosciuti solo per il 10% - afferma Guaitoli - anche per questo molti di essi rischiano una sistematica distruzione a causa di lavori agricoli, di urbanizzazione, scavi clandestini e fenomeni naturali". I dati del Sistema informativo territoriale (Sit) raccolti attraverso le ricognizioni in sito condotte in Lazio e Puglia dal Cnr in sinergia con le università di Roma 'La Sapienza', Siena, Napoli e della Tuscia e con le strutture centrali e periferiche del ministero per i Beni e le attività culturali, sono al centro del convegno 'I beni che perdiamo' organizzato nell'aula convegni della sede centrale dell'Ente a Roma, oggi e domani dalle 9. Un confronto tra varie istituzioni sul rischio e sull'azione di salvaguardia di monumenti, centri storici, paesaggi e siti, anche alla luce degli ultimi eventi sismici.
Le ricchezze archeologiche non censite e rilevate con l'indagine scientifica condotta dal Sit nei territori di Lazio e Puglia vanno da un minimo del 67% (Taranto) a un massimo del 94% (Neviano in provincia di Lecce).
Il Sit lancia un vero Sos: "Nel territorio di Taranto, su un totale di 1.190 siti, ben 859 sono noti grazie alla ricognizione a tappeto, mentre le aree sottoposte a vincolo sono appena 8, quelle archiviate della Soprintendenza 63 e 331 quelle note dalla bibliografia, 44 delle quali sono scomparse", prosegue Guaitoli. "Nulla in confronto a Ruvo, dove il 99% dei siti segnalati non esiste più. Nel Salento le evidenze scoperte grazie alla ricerca sono il 77%, pari a 3.166 sul totale delle 3.931 conosciute, a Capo Santa Maria di Leuca, 1.001 su 1.092. Il caso limite e' Neviano, dove solo il 6% delle aree archeologiche e' presente in bibliografia".
Altrettanto critica la situazione nel Lazio: "Nel territorio di Viterbo l'87% del conosciuto, 2.158 presenze, e' frutto della mappatura - spiega il ricercatore Ibam-Cnr - nell'area a nord-ovest di Roma sono stati rintracciati 3.183 siti, il 55% dei quali prima sconosciuti". E anche qui "emerge il dato sconfortante dei molti luoghi di interesse citati in fonti scritte oggi scomparsi: esemplare la via Prenestina, dove solo 245 su 856 presenze archeologiche rilevate nel 1970 sono scampate alle opere di urbanizzazione", ha aggiunto.
Per il Cnr la minaccia maggiore per il patrimonio culturale e' costituita dai lavori agricoli, che incide nei danni da un minimo del 40% (Neviano) fino all'87% di Commenda (Vt).
Infrastrutture industriali e urbane, scavi clandestini e fenomeni naturali le altre cause.