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Briciole di pane

Cannavò e l'Italia raccontata dalle bici del «Giro»

Alla strada come luogo simbolico, che unisce culture e vita, è dedicato il volume "Strade", in occasione del 75° anniversario della fondazione Anas

Catania, 28 novembre 2012 – La strada è la metafora del viaggio, del cammino, è un non-luogo che diventa essenza, nel suo portarci sempre da qualche parte, riuscendo ad essere di volta in volta rifugio o meta. Rifugio per gli scrittori, per i giornalisti in cerca di storie e di percorsi nuovi; meta del viaggio, per chi con la strada si confronta, magari in corsa folle su una bicicletta, segnando la storia di un paese come l'Italia che delle due ruote è stato fedele amante e appassionato sostenitore; e c'è chi sulla strada ha inseguito gli eventi, con la passione del giornalista sportivo e dell'acuto osservatore, del cronista e dell'avventuroso sognatore, sempre in cammino, come Candido Cannavò che, partito dalla Sicilia si ritrovò a Milano, a scrivere la storia su un giornale e di un giornale, quella Gazzetta dello Sport che ha diretto per quasi vent'anni e dalle cui pagine ci ha raccontato il suo mondo, popolato di eroi e di campioni, di successi e di sconfitte.
Alla strada come luogo simbolico, che unisce culture e vita, capace di moltiplicarsi nell'idea che gli scrittori e gli intellettuali possono restituirci, è dedicato un volume dal titolo appunto "Strade", edito e distribuito dalla Rcs editori e abbinato al Corriere della Sera Magazine, in occasione del 75° anniversario della fondazione Anas. Al suo interno le testimonianze di grandi scrittori, come Dacia Maraini e Tahar Ben Jelloun si incrociano ai racconti di Alain Elkan, Vittorio Sgarbi e a quella di Candido Cannavò, che ci racconta il Giro d'Italia del '46, in quel dopoguerra che sapeva di rinascita e di scommessa.
Il volumetto è stato lo spunto, ieri pomeriggio nelle Biblioteche Riunite Civica e Ursino Recupero, per dare vita ad un'intensa conversazione dal titolo "Il giro che riunì l'Italia": un'eccezionale testimonianza umana di Candido Cannavò, promossa dall'associazione «Salvatore Addamo» e dall'Ammi (Associazione mogli dei medici italiani) e a cui sono intervenuti Alessandro Cannavò, capo redazione della sezione culturale al Corriere della Sera nonché figlio dell'indimenticato Candido, il giornalista Nino Milazzo, la direttrice delle Biblioteche, Rita Carbonaro e Giuseppe Scanni, direttore centrale relazioni esterne e rapporti istituzionali dell'Anas (vedi la foto, pubblicata da La Sicilia -Catania).
La figura di Cannavò uomo, amico, giornalista e scrittore ha preso corpo attraverso le testimonianze accorate del suo amico Nino Milazzo, che ha ripercorso col ricordo gli anni passati insieme a «La Sicilia», la scelta di partire per Milano, dove, separati solo da un piano, in quel rifugio di intelletti che era via Solferino 28, scrivevano l'uno di sport per la Gazzetta, fino ad arrivare a dirigerla e l'altro per il Corriere, di cui diventerà vicedirettore. Poi i ricordi del figlio, che ha restituito alla platea tutta la forza dell'uomo, capace di inventarsi una redazione "volante" in un'abitazione privata, per seguire il Giro che aveva cambiato percorso a causa di una slavina, o capace di inventarsi una redazione volante per seguire il Giro odi nascondere a tutta la famiglia, che la sua Fiat 600, secondo amore dopo quello giovanile per la Vespa, aveva avuto un brutto incidente da cui lui era uscito incolume ed essendo la vigilia di Natale, aveva pensato di tenerlo nascosto «e così fu per 40 anni». Giuseppe Scanni ha poi dato uno spaccato di storia italiana, raccontando cosa ha rappresentato l'Anas per l'Italia, che non a caso ha scelto di celebrare il 75° anniversario della fondazione con eventi culturali legati a quel concetto di percorso e di rete. Una "strada" di relazioni insomma, che intercorre continuamente tra le cose, le idee e le persone, mettendole in movimento; come solo i grandi giornalisti sanno fare.

Samantha Viva (La Sicilia, edizione di Catania)