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Briciole di pane

Editoria, "Destinazione immaginario – Andata e ritorno nell'universo simbolico della ferrovia" di Roberto Scanarotti

Il treno raccontato in tutte le sue sfaccettature, dall'uso quotidiano al mito delle arti

Roma, 5 novembre 2012 - “Il treno fa viaggiare l’umanità, del resto, e l’umanità in treno esprime le proprie infinite sfaccettature, stimolata da un contesto che interviene nel rapporto spazio-tempo e costringe gli individui alle più inattese convivenze.” Così, Roberto Scanarotti , per anni dirigente delle Ferrovie dello Stato, definisce l’anima di un mezzo di comunicazione e di trasporto, che nel XIX secolo cambiò per sempre il rapporto fra le distanze umane, nel suo ultimo libro Destinazione immaginario – Andata e ritorno nell’universo simbolico della ferrovia . Distanze che hanno permesso il cambiamento del mondo così come era conosciuto fino a quel momento. Non per niente la ferrovia può essere la miglior rappresentante dell’era industriale, del progresso più in generale. La Storia e le storie del treno sono numerose, allegre e tristi, dolci e amare, e si frastagliano all’interno di un immaginario collettivo che cavalca tutte le arti e unisce tutti i popoli negli ultimi due secoli. E non solo, anche le nostre vite. Scanarotti racconta così il treno; attraverso tutte le sue sfaccettature, da quelle concrete della mera gestione (con riferimenti anche a quelle estere, non solo italiane), fatta di scelte politiche ed economiche, alle sue evoluzioni tecnologiche, passando per le categorie che lavorano nel settore, per l’analisi dei comportamenti umani che si rapportano con esso, attraverso le classi e i comportamenti sociali, ma soprattutto attraverso l’immaginario collettivo che le arti gli hanno costruito attorno.

Il libro di Scanarotti è un interessante lavoro sul mondo del treno a trecentosessanta gradi, che ingloba in qualche modo tutti gli aspetti della vita, dalla concretezza all’entertainment, dalle tragedie alle gioie che accadono tutti i giorni, nascita e morte si alternano lungo la ferrovia e con loro tutti i sentimenti che ne conseguono. Con tono leggero e scorrevole, persino divertente a tratti, è la “vita” del treno a farla da padrone nella quasi duecento pagine del libro, che a conti fatti, più che un saggio sull’iconografia che la ferrovia ha acquisito nel tessuto umano e sociale, è una biografia. E anche se utilizzare questa parola può essere definito un uso improprio della lingua, in realtà non lo è. Il treno è vivo. Perché pur essendo inanimato, più di altri mezzi di trasporto rappresenta la vita, nella sua collettività, nel suo consumo quotidiano, fra pendolari a lunga e breve percorrenza, che devono fare i conti con le distanze ogni mattina e ogni sera, dove il treno si rivela l’unica soluzione per poter stare a casa con la propria famiglia non solo nei fine settimana. Con le nuove tecnologie e la velocità sempre più breve, tantissima gente viaggia ogni giorno cosicché in qualche modo il treno, la stazione, la ferrovia è diventata la loro casa, un rituale, un posto stanziale nel quale la vita scorre e non si immobilizza nel concetto di Marc Augé di non luogo; nel frattempo, infatti, le stazioni sono diventate anche altro, sono ricche di negozi, luoghi di intrattenimento, etc.

Cambiano le concezioni, le distanze, gli stili di vita, cambiano i treni, ma nell’immaginario collettivo resta sempre un po’ di retorica, un po’ di magico romanticismo nel modo in cui ci rapportiamo ad esso. Il treno è un luogo dove il tempo in qualche modo si ferma pur essendo un transito verso quell’altra parte della vita che conduciamo, che sia un viaggio casuale o uno cambiamento è una ripetizione costante. Ma l’interesse del libro di Scanarotti (che tra gli altri ha pubblicato nel 1997 con Le Mani un volume sul rapporto fra cinema e treno, Treno e cinema. Percorsi paralleli) verte maggiormente e più luminosamente su una ricostruzione dettagliata di quelle arti che del treno ci hanno raccontato storie. Dalla letteratura attraverso opere di Proust, Zola, Calvino passando per le odi di Montale e Sbarbaro e i gialli di Agatha Christie, alla pittura, di Monet, Grosz, Dix, Carrà, ecc. passando per la musica di Celentano e De André. Ma in primis è il cinema, che in comune con il treno possiede una cosa essenziale: il movimento; come non paragonare quei 24 fotogrammi che compongono il secondo di ogni film al paesaggio che si allontana visto dal retro di un finestrino di un treno? L’autore cita tutto quello che è citabile del cinema, da quel The Great Train Robbery del 1903, che introdusse il concetto di montaggio alternato, del film come genere narrativo, del concetto di sceneggiatura e di qualche altra “cosetta” che ha stabilito le regole base del cinema stesso, fino al recente The Tourist, grande spot per il nostro Frecciarossa con Johnny Depp e Angelina Jolie. Nel mezzo tanti altri capolavori, ma forse quello che rappresenta il treno in tutta la sua magia è The General, capolavoro malinconico di Buster Keaton, che salva dalle grinfie dei nordisti la sua bella e la sua locomotiva, che si chiama appunto The General. Non ci sono fotogrammi migliori per ricordarlo.

Roberto Scanarotti, Destinazione immaginario – Andata e ritorno nell’universo simbolico della ferrovia; 190 pp., ilmiolibro.it

Erminio Fischetti