Editoria, "Il rumore delle cose che cadono" e "Una stessa notte"
Il colombiano Juan Gabriel Vásquez e l'argentino Leopoldo Brizuela raccontano i regni del narcotraffico e della dittatura
Roma, 18 luglio 2013 - È in corso una nuova primavera artistica per scrittori e registi latinoamericani, che fanno i conti nelle loro opere con le dittature degli anni Settanta dei loro paesi. Al cinema ne sono due validi e recenti esempi il delicato Infanzia clandestina di Benjamín Ávila, che racconta gli anni della dittatura argentina, e NO – I giorni dell’arcobaleno di Pablo Larraín, sul referendum che sancì la fine del potere di Pinochet in Cile nel 1988. Per due anni di seguito, il 2011 e il 2012, l’Alfaguara uno dei premi letterari più prestigiosi (nonché il più ricco in termini pecuniari) di lingua spagnola è andato a romanzi che ritraggono il rapporto dell’America Latina con quel periodo fatto di violenze, morte e sopraffazione. Il rumore delle cose che cadono di Juan Gabriel Vásquez e Una stessa notte di Leopoldo Brizuela narrano rispettivamente la Colombia e l’Argentina di quel momento storico, con grande attenzione ai dettagli – ovviamente! - politici. I rispettivi protagonisti Antonio e Leonardo guardano nella nostra contemporaneità (o quasi) quel tempo di silenzi e di paura. Vásquez e Brizuela raccontano attraverso l’uso della prima persona la storia dei due protagonisti sfruttando fino ai massimi livelli l’elemento dell’immedesimazione.
Due lavori di grande impatto narrativo, eleganti, ricchi di sfumature psicologiche. I loro personaggi ripercorrono quel passato, lo accarezzano come se fosse un sentimento nuovo, in realtà per i due scrittori è un confrontarsi con i fantasmi della propria infanzia, che nell’opera di Brizuela in particolare trova in questo elemento ampio margine. Soprattutto però i due autori prendono in esame gli sfondi, l’ambientazione - la Bogotà fredda e piovosa, il fiume Magdalena, Las Acacias in Il rumore delle cose che cadono, la sinistra oscurità di La Plata in Una stessa notte – che fanno da cornice a mondi sinistri, traffici di droga storici, sparizioni, sequestri. In Vásquez e Brizuela il dolore e la perdita vengono amplificati nei loro confini geografici. Città che sono la messa in scena della morte, della rassegnazione, del pavido guardare dall’altra parte, come fa Leonardo, che poi però nella segretezza della sua casa scrive tutto ciò che vede ora e che aveva visto oltre trent’anni prima quando era ancora un bambino, come fa pure Antonio che cerca di penetrare nello sguardo dell’avventuriero Ricardo Laverde, che aveva fatto della sua abilità aviatoria un modo per fare soldi in fretta con il narcotraffico, una realtà strettamente collegata alla situazione politica e sociale della Colombia, che porta i suoi strascichi ancora oggi (come ironizza anche una delle protagoniste di una delle sit-com più popolari d’America, la fiera colombiana Gloria Delgado di Modern Family). Regni di terrore che nessuno ha mai dimenticato e che oggi diventano lo sfondo di opere letterarie di grande pregio che travalicano quello spazio e quel tempo per essere popolari e apprezzate non solo nei paesi di lingua spagnola. Dalle ceneri di quel mondo si può fare non solo della buona letteratura, ma può anche raccontare la vita, le sue sfaccettature, nonché le cicatrici e le ferite che oggi restano ancora aperte. Ma è attraverso i paesaggi meravigliosi di quegli spazi immensi e al contempo soffocanti che vengono definiti i popoli che ne sono protagonisti, dove le atmosfere sono cupe, grondanti grande estetica e forma narrative. Due romanzi di grande pregio che trovano ampi consensi in quest’annata splendida nella traduzione di una lingua musicale e avvolgente che per un lungo periodo ha conosciuto il buio della notte dettato dalla censura.
Juan Gabriel Vásquez, Il rumore delle cose che cadono (trad. di Silvia Sichel), 296 pp.; Ponte alle Grazie, Milano 2012; 16,80 €
Leopoldo Brizuela, Una stessa notte (trad. di Chiara Tana), 304 pp.; Ponte alle Grazie, Milano 2013; 16,00 €