Editoria, "L'amore graffia il mondo" di Ugo Riccarelli
La storia di Signorina, chiamata come la locomotiva di inizio Novecento con la quale condivide la medesima grazia ed eleganza. Vincitore del Premio Campiello 2013
Roma, 16 settembre 2013 – Lo scorso 7 settembre, Ugo Riccarelli ha vinto postumo il Premio Campiello per il suo ultimo romanzo L’amore graffia il mondo. È la prima volta che questo riconoscimento viene vinto postumo. Cosa sorprendente considerato anche che il Campiello ha una regola precisa: gli autori devono essere viventi al momento della candidatura. In realtà così è stato perché il 31 maggio scorso quando fu annunciata la cinquina dei finalisti Ugo Riccarelli era ancora fra noi. L’acclamato scrittore vincitore del Premio Strega per Il dolore perfetto è infatti morto lo scorso 21 luglio di una malattia polmonare. La stessa malattia polmonare che contrae Ivo uno dei personaggi principali de L’amore graffia il mondo, una storia antica e splendidamente scritta che racconta la vita di Signorina, l’ultimogenita di un capostazione di un paesino di provincia termale, chiamata così in omaggio ad una popolare locomotiva realizzata dalle Ferrovie dello Stato nel primo decennio del secolo scorso e nota per la sua forma elegante e slanciata. E negli anni, nonostante la nascita in una famiglia economicamente disagiata, il ritiro prematuro da scuola dopo la licenza elementare, malgrado l’insistenza della maestra che vedeva nella sua allieva un’ottima promessa (a detta del padre però le donne non avevano bisogno di studiare, l’importante era trovarsi un buon marito), Signorina conserva tutta la grazia e l’eleganza dell’origine del suo nome, che si esprime nella sua intelligenza e nella sua vivace creatività. Ma la guerra, il periodo fascista e soprattutto la famiglia e il senso del dovere impediranno a quella che ormai è diventata una giovane donna di poter diventare quello che avrebbe tanto desiderato costruendo invece una vita fatta di sacrificio e perdita delle illusioni. Finita la guerra, però Signorina si rende conto che il mondo non è ancora finito per lei e decide di andare avanti con un figlio nato prematuramente e troppo malato a cui saprà donare quella generosità di amore genitoriale che lei non ha mai ricevuto.
Riccarelli propone ancora una volta uno straordinario personaggio femminile che rappresenta l’essenza della donna italiana dei primi decenni del Novecento votata a vivere in secondo piano, ma capace di riscattare se stessa e la propria condizione nonostante, per parafrasare un bellissimo passaggio del libro, “il fastidio per la nascita di un impiastro di femmina fu un poco mitigato dalla bellezza che anche un ammasso d’acciaio riusciva a esprimere in quel procedere maestoso“. Da qui il suo nome, dato un po’ per crudeltà e un po’ per egoismo dal padre della giovane, definiscono la metafora fin troppo ovvia di una donna che viaggia lontano verso la propria meta proprio come quel treno aggraziato che si fermava nella stazione quando era piccola e il mondo sembrava ancora un posto immobile dove non poteva succedere nulla di male. Anche se Signorina ha presto scoperto la verità su come gira il mondo. Elegante, raffinato, ricco di una prosa avvolgente e lirica, affascinante nell’intrecio che racconta un altro lontano pezzo d’Italia di cui proprio la locomotiva Signorina voleva rappresentare un omaggio alle donne forti e coraggiose che sarebbero state protagoniste di quel nuovo secolo ricco di innovazione chiamato Novecento. Così, la nostra Signorina in carne e ossa ha mantenuto le aspettative di quell’ammasso d’acciaio dal “procedere maestoso”.
Ugo Riccarelli, L’amore graffia il mondo, 219 p.; Mondadori, Milano 2013; 19,00 €