Editoria, "Però un paese ci vuole. Storia di nebbie e contentezza"
L'opera prima di Giovanna Grignaffini è un viaggio nella generazione del '68 e un ritorno alle nebbie della Bassa parmense
Nel romanzo della Grignaffini il luogo diventa motivo di partenze, di attese e di ritorni; rappresenta l’essenza stessa delle persone che lo animano. E quello dell’autrice non solo diventa il ritratto di una generazione, tutto raccontato a suon di frasi di canzoni dell’epoca, in immagini filmiche, in ricordi precisi di nottate in bianco, passeggiate, primi amori, vecchi rituali, ma soprattutto un’analisi ambigua di quella stessa generazione, di quei posti da cui bisogna andarsene, ma sono anche fondamentali per comprendere da dove tutto è cominciato. Ricordare il passato, ma non mitizzarlo. Prendere coscienza da dove si viene, ma andare avanti. Perché chi non lo fa, come il primo amico e il primo amore di Francesca, Carlo, è destinato ad affogare in se stesso. Carlo infatti è sempre rimasto a Fontanellato, un osservatore distratto del mondo, ma capace di fotografarlo alla perfezione, abile conversatore dai toni cinici e crudeli, analizzatore del suo tempo. È lui l’emblema di quell’Italia immobile che è rimasta indietro e a cui la realtà riserva una fine tragica, consapevolmente voluta e anche desiderata. Però un paese ci vuole è un ritratto malinconico, ma al tempo stesso cerebrale, che fa degli elementi culturali, come appunto la musica e il cinema – i due veicoli per eccellenza di quegli anni che hanno più di tutti permesso il processo di democratizzazione del Paese attraverso la sua accessibilità e i suoi messaggi universali -, il mezzo con il quale scardinare se stessi e le proprie illusioni. Perché l’autrice utilizza le stesse parole di musica e film, libri e quadri per costruire l’impalcatura di tutta una generazione. Sognatori cronici che sembrano non fare altro che rimembrare un passato fatto di virtù e gloria, dal quale non riescono a staccarsi, ma parimenti fonte di discussioni infinite, cerebrali, virtuosistiche. Fra una canzone di Caterina Caselli, una dei Beatles o di Patty Pravo per finire con i toni dei Doors, nel mezzo si rimembra il Bertolucci di Prima della rivoluzione che si ama di più di quello de L’ultimo imperatore. Fra una discussione e l’altra si vanno a vedere altri fragili sognatori, quei poeti estinti del grande Peter Weir che hanno come insegnante un ribelle Robin Williams. È l’attimo fuggente (che nel parmense probabilmente era già uscito ad agosto di quell’anno anziché a settembre come nel resto d’Italia, eppure mai tale “licenza letteraria” è stata meglio utilizzata), che si vorrebbe afferrare, ma è destinato a sfuggire a meno che non si è dei Peter (Pan, non Weir in questo caso). Ma non lo si è, il tempo passa per tutti, ce lo ricorda Il grande freddo di Lawrence Kasdan.
Fa molta attenzione Giovanna Grignaffini nella corposità della sua scrittura a ridefinire e celebrare la passione e innocenza collettiva di quel periodo. Eppure celebrativo è anche il distacco da essa. E il viaggio e il suo tema ne diventa l’emblema, è uno sfuggire imperterriti dai percorsi e al tempo stesso affrontarli, fra treni che nascondono amanti in fughe temporanee, statali che imboccano dritti la piazza di Fontanellato. Perché riscrivere un tempo e distaccarsene è un po’ come celebrarlo. Non a caso finisce come inizia Però un paese ci vuole: “Fontanellato è un ridente paesino annegato nella Bassa parmense”. Perché solo nella fine si può comprendere il principio, perché solo a posteriori la generazione del ’68 può trarre le somme di una certa “contentezza” del proprio vissuto e contemporaneamente stabilire una linea di confine fra verità e mito, fra il capire se stessi e il proprio tempo. Che sono un po’ la stessa cosa, perché anche se non tutti sono i Beatles o John Kennedy, Ken Loach o Bertolucci tutti contribuiscono a formarlo, anche una manciata di ragazzi di un paesino del parmense. Fra nebbie e contentezza, come ricorda il sottotitolo. E per giocarla a suon di titoli di film, Però un paese ci vuole è l’ultimo spettacolo, crudele e intenso (e con Peter Bogdanovich la scrittrice ha in comune simili trascorsi di studioso di cinema), di un mondo dove vige l’ironia di una Peggy Sue coppoliana che stavolta però non si è sposata.
Giovanna Grignaffini, Però un paese ci vuole. Storia di nebbie e contentezza; edizioni La Lepre, Roma 2012, 18,00 €
Il volume è pubblicato anche in versione e-book dall'Enciclopedia delle donne (www.enciclopediadelledonne.it)