Editoria, "Profumi" di Philippe Claudel
Claudel racconta la sua vita attraverso il ricordo dei profumi, fra oggetti, cibo, paesaggi, eventi climatici, il catrame delle strade e viaggi
Una prosa certamente originale per rispolverare quel passato prezioso e custodito all’interno di una memoria olfattiva ricostruita attraverso sessantatré momenti, composti di una prosa letteraria quasi pittorica, quasi fossero dei tableaux vivants. Profumi che rappresentano il simbolo stesso della vita, come la vecchiaia , la morte o un bambino che dorme, che l’autore definisce quasi con le medesime essenze, o quelli del cibo, come la salsa di pomodoro, l’aglio, il lardo fritto, il cavolo, tutti elementi che lo riportano alla provincia e ai suoi primi anni di vita, odori che sottolineano spesso l’estrazione sociale o come quello del cavolo da sempre sinonimo di povertà, ma allo stesso tempo per Claudel talmente famigliare da ricordargli l’imbarazzo che gli generava sentendoselo addosso quando andava a scuola, eppure allo stesso tempo capace di trasmettere solitudine, messa al bando, l’odore di coloro che sono poco amati, che sono ai limiti. Eppure Claudel spera, ancora oggi, di odorare di cavolo. Al contrario, la salsa di pomodoro gli riporta alla memoria la figura materna e l’amore, il suo sentirsi amato. Tutte emozioni forti della vita che accompagneranno per sempre ogni persona. Ognuno con le proprie. Ma quello che interessa maggiormente, specialmente per questa sede, sono i profumi dei luoghi, delle strade, della geografia di quella Francia dei tardi anni Sessanta e Settanta, fra fiumi, torrenti, stradine di campagne, abeti, stoppie, cimiteri, chiese che riportano alla luce nel nostro protagonista momenti di un vivere civile e sociale determinati dalla natura primordiale del paesaggio e dall’uomo attraverso la costruzione delle vie di comunicazione, sullo sfondo di condizioni climatiche come il “cielo scricchiolante” della pioggia temporalesca o la nebbia, che rende il paesaggio “manomesso”, un contorno indefinito nonché “una proiezione semplice dell’anima”. Il catrame dell’asfalto, che forse a molti farà storcere il naso, ricorda al nostro Claudel – tramite quell’odore di “pietra frantumata, di polvere pirica” - le colonie estive fatte da bambino, le caldissime ore pomeridiane passate per strada a giocare con i propri compagni quando “il sole sfalda la superficie dell’asfalto creando tra il ghiaino grigio dei reticoli lucenti e grassi di petrolio nero che s’incolla alle ruote delle automobili e delle biciclette, oltre che alle suole del viandante”. In circa due paginette per ogni riquadro narrato, con toni assolutamente poetici, il narratore riporta in auge, storia, ideologia, figure, percorsi di un mondo scomparso e in questo specifico caso ad esempio rimette in luce il lavoro di operai immigrati algerini che fondevano quel liquido scuro sulla terra laddove una vespa poteva incapparvi per sbaglio e fondersi con esso. Quasi una metafora fra religione e scienza, vita e morte. Si conclude con il viaggio che è il percorso stesso della vita attraverso il fiuto di Paesi nuovi, per la prima volta scoperti e che tra mercati e chiese sembrano essere odori, allo stesso tempo, universali e di specifiche identità.
Philippe Claudel, Profumi, 175 pp.; Ponte alle Grazie, Milano 2013