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Briciole di pane

Editoria, "Ricerca sul campo"

"Non possiamo capire la nostra cultura rimanendo al suo interno", il punto di vista dell'antropologia attraverso la forma del romanzo

Roma, 13 febbraio 2012 - Un esordio narrativo fra i più apprezzati quello del giovane giornalista americano Mischa Berlinski. Ricerca sul campo pubblicato negli Stati Uniti nel 2007 resta finora il suo unico romanzo. Ora viene tradotto in italiano da Francesca Frulla per Gran Vía Edizioni, casa editrice di nicchia che utilizza questo libro per inaugurare la sua nuova collana altrevie (e la nuova veste grafica) attraverso una letteratura lontana dai canoni e dal mondo così come crediamo di conoscerlo e ritratti di altri luoghi e percorsi umani e sociali. Il romanzo di Berlinski in origine doveva essere una ricostruzione sulla conversione al cristianesimo della popolazione thailandese Lisu, poi è diventato piano piano una storia di fiction dove è lo stesso autore a raccontare in prima persona e a mo’ di reportage la storia di Martyria van der Leun, un’antropologa californiana finita in una prigione thailandese per aver assassinato un missionario americano. Il giornalista incontra la donna una sola volta, poco prima della sua morte; incuriosito dalla figura della studiosa inizia a fare ricerche sul suo lavoro, sul crimine da lei commesso e sulla famiglia della vittima. Una storia che lentamente si dipana e trova il suo sviluppo all’interno di un Novecento che cavalca tutte le zone del sud-est asiatico, attraverso le due prospettive della famiglia - fervidamente religiosa - di missionari e quella dell’antropologa. Due approcci differenti che stabiliscono un’unica grande verità: la cultura occidentale non detiene il monopolio delle tradizioni e della cultura. Un viaggio storico che cavalca molti decenni fra Thailandia, Cina e Birmania.

Nel romanzo di Belinski, la ricerca sul campo si fa viaggio; l’autore descrive con grande armonia paesaggi e natura comparando parimenti la pace e la bellezza di quei posti incontaminati alla difficoltà pratica dei mezzi di comunicazione sottintendendo un messaggio non troppo velato di un’umanità bisognosa di solitudine e ricerca di se stessi attraverso strade e percorsi interiori non convenzionali. Pur con tutte le difficoltà e i sacrifici psicofisici che questo comporta. Fra sentieri sconnessi e accidentati del villaggio dei dyalo, fittizia comunità indigena della Thailandia del Nord che i missionari Walker vogliono convertire e la van der Leun vuole studiare entrando in contatto con loro, vivendo con loro e dormendo con loro, si sviluppa l’eterno conflitto fra natura e progresso, arcaiche tradizioni e viaggi dell’anima, che riportano ad un contraddittorio esotismo di conradiana memoria. Il romanzo di Mischa Berlinski è uno straordinario esempio di letteratura di viaggio che mescola scrittura sperimentale e tradizione narrativa e che punta ad ironizzare sugli assolutismi della cultura occidentale costruendo una trasfigurazione iconica dei corpi e delle menti degli indigeni, figure che vivono nel loro bacino per diventare vittime di un trasformismo sociale e culturale occidentale. Icone, figure lontane, private della propria identità e divenute mercificazione di un razzismo esotico da parte dell’uomo bianco (come ricorda anche Claude Lévi Strauss in Tristi tropici); e in questo la figura dell’antropologa e quella dei missionari diviene la faccia di una stessa medaglia culturale che non riesce a cogliere il proprio immaturo etnocentrismo. Ma Ricerca sul campo, candidato al National Book Award per la narrativa, punta l’occhio anche sulla trasformazione dell’uomo bianco all’interno del mondo orientale, privato delle sue comodità, del suo progresso urbano e stradale, della vita comoda e tecnologicamente avanzata; isolamento forzato che lo conduce ad un cambiamento del proprio punto di vista, sia esso comunque approssimativo e contraddittorio.

Quello di Martirya è il lavoro di un antropologo che segue alla lettera l’osservazione partecipante coniata da Malinowski – non solo raccogliere dati, ma intraprendere il medesimo stile di vita della popolazione osservata. Ed è proprio questo il punto focale del libro, l’anello mancante della società descritta dall’autore, il prezzo pagato dalla protagonista nel compiere un viaggio doloroso attraverso una iniziale curiosità verso la diversità, il rifiuto e la conseguente accettazione una volta capite le differenze. E i dyalo così diverranno in qualche modo l’unica casa che quella donna abbia mai avuto. Ecco qui che si costruisce nel testo berlinskiano tutta la drammaturgia del sovvertimento umano, della comprensione, della lotta verso quel quid necessario. Forse troppo tardi. Come il pensiero di Malinowski, Ricerca sul campo non diviene un romanzo sociale, ma individuale. Attraverso una struttura narrativa possente e dinamica, che affonda in uno stile a metà fra il new journalism e il romanzo più tradizionale, Berlinski conia un perfetto esempio di narrazione documentata, fra fantasia e realtà, disciplina antropologica e racconto, aggrappandosi a numerosi spazi fisici e temporali, etici e sociologici. Un percorso intimo ed interiore che ricostruisce attraverso una solida letteratura di viaggio un thriller dalla doppia valenza. Uno sguardo nuovo, che in realtà vuole essere un’analisi dettagliata sul trasformismo psicologico degli esseri umani in contesti culturali diversi insiti nelle difficoltà di adattamento. Berlinski ritrae i dyalo con la stessa consistenza di grondanti colori di un quadro di Lucian Freud trovando così nella scrittura i toni di una pittura densa e priva di virtuosismi; alla ricerca di mondi altri dove il mito tutto occidentale dell’esotismo diventa a ragione una delle grandi bugie del XX secolo.

Mischa Berlinski
Ricerca sul campo
Gran Vía Edizioni, 2011
424 pag.
17,00 €

Erminio Fischetti