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Briciole di pane

Foto sulla patente: come vanno fatte?

Indicazioni ed esempi in una recentissima circolare MIT

Roma, 27 ottobre 2016 - La circostanza, sovente, lascia un po’ interdetti i nostri amici stranieri: il fatto che per noi italiani, in Italia, valga come documento d’identità pure la patente di guida, ossia, a volerla dire in termini grezzi, l’attestazione che la tal persona riesce a ingranare le marce di un’autovettura e sa interpretare accettabilmente la segnaletica stradale.

Ma tant’è. Il testo unico sulla documentazione amministrativa, D.P.R. 445 del 2000, lo prevede esplicitamente all’articolo 35: passaporto, patente di guida, patente nautica e tante altre cose ancora sono “documento di riconoscimento equipollente alla carta d’identità”. E il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti lo ha ribadito pochi giorni fa, nella circolare 23176/8.3 datata 20/10/2016 (disponibile a questo link).


Nel suo contenuto specifico, la circolare mira a far sì che le foto siano conformi alle regole suggerite dall’ICAO (ente deputato alla standardizzazione dei documenti di viaggio). E’ rivolta innanzitutto alle Motorizzazioni, vale a dire agli uffici che, materialmente, rilasciano le patenti; ma il software per verificare la compatibilità della foto prodotta con i criteri ICAO sarà messo a disposizione di tutti i soggetti, anche privati, coinvolti nella procedura (autoscuole, studi di consulenza automobilistica, ecc.). Vietati quindi, d’ora in poi, visi inclinati, occhi rossi, occhiali con lenti colorate, errori nella messa a fuoco: tutti elementi che potrebbero compromettere la risposta del sistema automatico di riconoscimento.


Presto spiegato il motivo di un simile livello di attenzione: proprio perché la patente, come accennato, è equipollente alla carta d’identità, occorre dotarsi di “ogni necessario strumento di controllo per accertare che la fotografia apposta sul documento di guida rappresenti effettivamente il volto del suo titolare”.


Particolarmente delicato, anche sul piano dei diritti fondamentali che il tema evoca, il punto della copertura del capo. I “cappelli” vanno senz’altro tolti prima di scattare la fotografia; ma si parla, appunto, di “cappelli” o “berretti”: accessori dell’abbigliamento di uso eventuale.

Quando invece la copertura del capo discende da motivi religiosi, contribuisce essa stessa a definire la “identità” del soggetto ed è pertanto ammessa, purché il viso sia mostrato chiaramente e senza ombre.
Più delle parole, servono quale chiarimento le figure-esempio. La circolare ne riporta molte, tra cui quella qui riprodotta.

Davide Fornaro