Gli anelli di Saturno: la strada come un "mezzo" interiore e fisico
W.G. Sebald racconta il suo vagabondaggio fra le strade del Suffolk che divengono luogo astratto per raccontare altri percorsi e altri luoghi
Da Michael Hamburger, poeta e traduttore di Hölderlin, profugo in Germania, al giovane Joseph Conrad, che ancora con l’identità di Józef Teodor Konrad Korzeniowski vede morire i propri genitori, attivisti polacchi per l’indipendenza del proprio Paese dalla Russia zarista, piegati nel corpo, ma non nello spirito, prima di navigare via verso il mare e le proprie scoperte, più di tutte quella degli orrori e delle violenze nel Congo belga. Si passa poi per la figura dell’intellettuale irlandese omosessuale Edward FitzGerald, traduttore idealista di liriche persiane, per le lotte intestine della corte del Celeste Impero in Cina, le violenze del Terzo Reich, della seconda guerra mondiale e della lotta irlandese per l’indipendenza, fino ad arrivare alla coltivazione della seta in Italia. Una fuga dal mondo nel mondo, che si contorna in quei suoi dieci percorsi nel Suffolk di storie che raccontano di altri vagabondaggi.
La strada viene raccontata da Sebald come un “mezzo” interiore e fisico. Quando narra della coltivazione della seta nella campagna lombarda sembra di essere al centro di un Universo totalizzante e disarmante dove i confini locali vengono a sparire. Solo per poter respirare e veder nascere e svilupparsi qualcosa di bello e raffinato proprio lì “da qualche parte”, in mezzo alla sofferenza di tutti gli altri, in mezzo al fango e agli avvoltoi. E la metafora della seta che sancisce il concetto di bellezza all’interno di un mondo spregevole non ha bisogno di spiegazioni sul senso della vita e dell’esistenza. Così come recitano tutti quei fantasmi che aleggiano nel mondo sebaldiano da lui incontrati nell’astratto limbo del pensiero, per mezzo del quale hanno vissuto e patito. Una scrittura che non è possibile recintare negli schemi dei canoni del genere proprio come i vagabondaggi della vita dello scrittore non possono essere quelli lineari dello stupore di un viandante inconsapevole. Anche se il suo intento è proprio quello contrario di “ri-pescare” nel suo animo un’innocenza necessaria. Gli anelli di Saturno, come i racconti degli altri percorsi di Sebald, non possono essere annoverati come romanzo o aforisma o biografia o altro. La sua è una scrittura libera che si serve e si struttura come se fosse un flusso di coscienza geografico mescolato letteralmente con immagini composte di fotografie, mappe, disegni etc. (un percorso che verrà ripreso successivamente in chiave però meno sperimentale sul tema del viaggio e della memoria collettiva dall’americano Jonathan Safran Foer). L’intellettuale saturnino, attraverso il mezzo di un’arte come la scrittura (si pensi proprio alla metafora di un Cuore di tenebra di Conrad ad esempio), si appropria della memoria e dei ricordi privati dei suoi predecessori per poter trovare la pace all’interno di un cammino che non è, ovviamente, solo fisico e trova nel “concetto” di strada la metafora della vita. Il vagabondare diviene il senso unico e vero dell’esistenza, già troppo provata dai rigori di una memoria che dovrebbe abbracciarsi alla bellezza di luoghi e strade che altresì dovrebbero ri-donare l’innocenza del viaggiatore errante.