Il mito della Aurelia tra letteratura e cinema
Su Il Foglio il racconto della Strada Statale 1 gestita da Anas

Il mito di una strada tra classicità, letteratura, cinema ed enogastronomia. È la storia della Aurelia narrata dal giornalista Maurizio Bertera su Il Foglio. Un racconto lungo più di 2000 anni che parte dalla sua costruzione nel 251 a.C. Nata per collegare Roma con Cerveteri, prese il nome dal console Gaio Aurelio Cotta ma a dare un deciso sprone ai lavori fu Giulio Cesare. La strada partiva da Porta San Pancrazio e proseguiva fino alla Liguria dove l’imperatore Augusto ne chiese la prosecuzione fino a Ventimiglia e poi Arles, per creare un sistema Aurelia Julia-Augusta.
Oggi la strada statale 1 "Aurelia" in gestione ad Anas (Gruppo FS Italiane), collega la capitale al confine francese per un totale di 697,3 km. Una strada affascinante. Il giornalista ne rievoca le bellezze paesaggistiche e naturalistiche.
Quelle che sedussero il grande scrittore francese Gustave Flaubert, che in una lettera del 1846 ne commentava con stupore la sua personale scoperta, o le immagini protagoniste di una delle pellicole simbolo della commedia all’italiana, Il sorpasso di Dino Risi. In questo capolavoro, diventato poi un cult movie ferragostano, il mattatore Vittorio Gassmann ed un giovane compassato Jean Louis Trintignant a bordo di una Lancia Aurelia B24S Convertibile del 1956 trascorrono il 15 agosto, vagando senza meta tra il Lazio e la Toscana, percorrendo l’Aurelia. È l’Italia del dopoguerra e del boom economico che si affrancava dalle macerie postbelliche. Tanti i luoghi resi immortali da questo film, dalla Maremma di Capalbio all’Argentario, da Marina di Grosseto a Castiglione della Pescaia fino a Castiglioncello. E sulla via del ritorno, tra un dipanarsi di spettacolari tornanti, la curva di Calafuria, fatale per il personaggio di Trintignant.
Ma l’Aurelia, come sottolinea Bertera, è anche una terra con uno straordinario paniere enogastronomico che ha come principe della tavola il cacciucco da accompagnare rigorosamente con un Chianti classico. E l’invito finale, scontato, per vivere in pieno la bellezza di questa strada, non può che essere un viaggio a bordo di una cabrio, baciati magari dal sole, per sentirsi il Bruno Cortona di gassmaniana memoria.