Incidenti stradali 2010. Rapporto Istat - Aci
Roma 11 novembre 2011 - Meno 3,5 per cento i morti sulle strade nel 2010 rispetto al 2009. Questo il dato del rapporto Istat – Aci, annunciato lo scorso 9 novembre a Roma presso l’Aula Magna della sede dell’Istat, sugli incidenti stradali del 2010, che ha visto tra illustri interventi quello del Presidente Istat, Enrico Giovannini, il Presidente ACI, Enrico Gelpi, e il Presidente della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, Mario Valducci. Il Presidente Giovannini esordisce ricordando che celebrare questi 150 anni dell’Unità d’Italia può essere “un’occasione per capire meglio il Paese dove viviamo e un momento per capire dove si è arrivati e cosa si deve fare”. In questa sede però si parla di dati e ogni dato è soggetto a variazioni e analisi, prospettive e confronti. Secondo l’obiettivo fissato dall’UE nel Libro Bianco del 13 settembre 2001, che prevedeva la riduzione della mortalità da lì a 10 anni del 50 per cento, l’Italia, sotto questo punto di vista, ha fallito perché ha raggiunto solo il 42,4 per cento. Anche se di poco inferiore alle media europea del 42,8 per cento. Le morti sono in calo, ma abbiamo pur sempre 11 morti al giorno. Certo nel 2001 i morti sono stati 7.096 contro i 4090 dello scorso anno; un grosso passo avanti non indifferente in soli dieci anni, ma le strade italiane sono fra le meno sicure d’Europa. In pochi hanno raggiunto o superato l’obiettivo, fra questi Lettonia, al primo posto con meno 60,9 per cento seguita da Estonia, Lituania, Spagna, Lussemburgo, Francia e Slovenia. Siamo stati però più bravi della Grecia (- 31,9 per cento), della Romania (un calo quasi nullo, in dieci anni le morti sono calate solo del 3,1 per cento), di Malta (relativo però considerato che lì non si parla di migliaia di vittime, ma al massimo di un paio di decine) e persino delle avanguardissime Olanda e Finlandia (che oscillano fra il 37 e il 40 per cento). Interessante notare come in fondo politiche e riordini sociali, ascese e declini riguardino tutti gli ambiti di un Paese con l’economia e la politica a stretto contatto con qualsiasi altro evento. Ed è infatti evidente che il calo maggiore di incidenti, soprattutto nel raggiungimento dell’obiettivo, riguardi Paesi in forte espansione economica e sociale come i Paesi baltici (Lettonia, Lituania, Estonia) o la Spagna, la vera protagonista europea degli ultimi dieci anni. Paradossale se lo si confronta con l’Italia, dove gli incidenti dagli anni Trenta ad oggi, sono aumentati in diretta proporzione al miglioramento economico del nostro Paese con picchi di oltre diecimila i morti agli inizi degli anni Settanta. E l’Italia purtroppo ancora una volta, anche quest’anno, si classifica per i suoi dati sconfortanti, anche se il Presidente ACI Enrico Gelpi ha asserito giustamente il contrario ricordando che un miglioramento c’è stato e i morti sono diminuiti in dieci anni. Eppure a guardare il numero dei morti senza confrontarlo con altri dati, se non i semplici numeri delle vite umane pagate dall’uso dell’automobile, l’Italia si guadagna il podio. I dati e i sondaggi dell’Istat ci confermano indici già comprovati dall’intuito, dall’andazzo del vivere quotidiano: le città sono i luoghi più pericolosi per la “produzione” di incidenti, infatti avvengono lì il 75,7 per cento del totale annuale della Nazione, di cui il 43 con esiti mortali. Anche gli orari sono spesso prevedibili, le ore diciotto il momento più cruento, seguito dalle ore mattutine e dall’ora di pranzo. Momenti che riguardano il comune vivere quotidiano degli spostamenti fra casa, scuola e lavoro, che vedono le strade invase dalle vetture per l’intensità del traffico. Maggiormente fatali però sono gli incidenti che avvengono nelle ore notturne e spesso causati dall’uso di alcol e droghe. I fine settimana in tal senso confermano un ulteriore e comprovato cliché. Sconvolge anche il dato riguardante le autostrade, che per quanto diminuisca il numero di incidenti tout court, aumenta invece quello dei morti causato da essi, che quest’anno totalizza un’impennata sconvolgente di un più 7,4 per cento. Numeri che non sono semplici numeri, ma confermano la mancanza di politiche sociali contro l’abuso di sostanze alcoliche e illegali ad esempio. Un aspetto che riguarda soprattutto i giovani. Infatti è il direttore di Aci Enrico Gelpi che sottolinea la “necessità di lavorare con le scuole, consentire una formazione migliore nei confronti di neopatentati, che devono avere un approccio più responsabile specie nelle grandi città”, aspetto che conferma anche Mario Valducci. Sempre Gelpi trae spunto dalla nostra confinante Austria per raccontare il successo dei corsi di guida sicura lì resi obbligatori. Eppure con l’Austria siamo andati a pari merito nella classifica dell’UE.