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Briciole di pane

La Via Emilia: vecchi splendori e moderna decadenza

Ritratto dell'antica via romana, di cui oggi restano pochi resti

Bologna, 11 aprile 2013 - La Via Emilia. Antica sede viaria romana nata nel 187 a.C. da Marco Emilio Lepido durante il suo primo consolato. Aveva l'onorevole compito di collegare Rimini con Piacenza e scacciare i Galli e/o altre popolazioni che intendevano rivoltarsi contro il potere costituito della città eterna. Sede storica di uno dei tratti più influenti dell’economia e della politica della nostra Italia. Inoltre, i grandi commerci di quelle zone, la florida ricchezza di quelle città sono dovute in gran parte a quella via di comunicazione. Cesena, Faenza, Forlì, Imola, Reggio Emilia, Piacenza. Città nate e sviluppatesi intorno alla Via Emilia. Che è poi stata omaggiata con il nome della regione che la attraversa (e l'Emilia è l'unica regione al mondo a prendere il nome da una strada). Da quel centro Italia si va dritti a nord fino a Piacenza, mentre Milano è poi diventata il punto di arrivo di un'altra Via Emilia, quella moderna e denominata strada statale 9, che collega gran parte dell’Italia del Centro - Nord. Anch'essa comincia a Rimini, ma termina appunto nel capoluogo lombardo. Il tracciato è simile, ma non propriamente uguale a quello dagli antichi romani. Che tra l'altro la costruirono per proseguire la Via Flaminia, che si interrompeva verso nord laddove cominciava questa nuova impresa ingegneristica chiamata Via Emilia. E lo sfondo.

Lo sfondo un tempo lasciava senza fiato: mare, montagne, valli, colline, fiumi. Percorrerla doveva instillare nei viaggiatori e nei soldati grande forza psicologica, indiceva a riflessioni sull’essenza della natura, della vita. Una ricchezza paesaggistica che è andata poi impreziosendosi di monumentali costruzioni e insediamenti. Da uno stadio tribale e confuso ad uno più ordinato, fino alla nascita e alla costruzione di bellissime città, paesi e villaggi che vivono proprio in quegli angoli nebbiosi, ma dall’invidiabile sfondo. Di conseguenza, la natura ha fatto poi posto alla Storia e al tempo. Il tempo è stato però un nemico della Via Emilia. L'ha distrutta, l'ha lacerata, ha fatto in modo che venisse dimenticato il suo antico splendore. Come una bellissima donna invecchiata male. Purtroppo, infatti, fra tutte le strade consolari la Via Emilia è quella archeologicamente peggio conservata, solo alcuni resti sono arrivati fino a noi a differenza della Via Appia, per esempio, che resta abbastanza integra nei suoi resti. Ce lo dice la Storia e ce lo dice Paolo Rumiz, viaggiatore per eccellenza, in uno dei suoi tanti scritti, che recentemente ha ripercorso quella via dove oggi resta frammentata non solo nei suoi resti, ma anche nella manutenzione, a seconda delle città che se ne occupano, ad esempio a Reggio Emilia i resti sono stati ritombati. C'è chi la ama, chi la odia, chi non sa che ha messo i piedi su qualcosa che ha 2200 anni o che sta attraversando uno dei punti nevralgici della transitabilità italiana.

Oggi a vederla la Via Emilia è strada decadente dove si può respirare solo a sprazzi quel suo antico splendore. Fra coincidenze di mezzi pubblici, scarsa comunicazione fra un punto e l’altro del suo lineare percorso. Sembra un po’ una Babele culturale, fonte di una evoluzione sociale e storica di cui è protagonista l’Italia da oltre vent’anni. È composta di mercati a cielo aperto, di tangenziali, di vite vissute, di ordine e di sporcizia, di confusione e pace. Sembra tante cose questa Via Emilia, certo non sembra più una strada romana. Ma forse è anche giusto così. Confusa, come l’italianità ha insegnato al viaggiatore estero, sudata come il caldo che sembra emanare nonostante la nebbia di stampo londinese. È in fondo però una perfetta metafora del mondo di oggi che vive e vegeta su un passato glorioso di cui spesso in molti ignorano l’esistenza. Nel suo percorso, il viaggiatore si scontra in una visione fra passato e presente. E per quanto quel passato lo si possa ignorare in tutta la sua confusione manutentiva, archeologica, è presente. C’è. Lo vede anche chi non vuole. Lo sa anche chi lo ignora. E splende pur nella sua crogiolata decadenza.

Erminio Fischetti