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Briciole di pane

Le Ferrovie dell'integrazione in mostra

Foto su "Identità e culture di un'Europa multietnica" alla Stazione Ostiense di Roma

Roma, 1° dicembre 2010 - Camminiamo distratti mentre li vediamo negli angoli bui e silenziosi delle strade, all’uscita della metropolitana, al semaforo mentre siamo in fila nelle nostre macchine confortevoli ad aspettare impazientemente che scatti il verde. Sfrecciamo sull’asfalto bagnato davanti ad una badante che aspetta sotto la pioggia uno dopo l’altro tre autobus per andare al lavoro alle cinque di mattina e siamo incuranti se la pozzanghera su cui passiamo sopra possa schizzare i già umidicci pantaloni che indossa. “Loro” cercano di raggranellare qualche spicciolo lavando vetri o vendendo fazzoletti. Vagano nelle stazioni alla ricerca di un po’ di calore o cercano di rendersi invisibili raggomitolandosi su una panchina alla fine di un viale. Persone, esseri umani che si sfiorano nel fragore della giornata, che scandisce il tempo della vita. Per “noi” non hanno un nome, un’identità, sono figure vacue nel fondo dell’esistenza.

Queste sono solo alcune delle storie che il Concorso fotografico europeo “Ferrovie e integrazione. Identità e culture di un’Europa multietnica” ha cercato di raccontare attraverso un semplice scatto. L’iniziativa è nata dalla collaborazione tra Progetto ImmigrazioneOggi Onlus, Ferrovie dello Stato, SNCF e altre sedi ferroviarie europee di Paesi come la Spagna, il Lussemburgo, la Polonia e il Belgio ed ha ottenuto il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento Pari Opportunità e di alcuni Ministeri come quello di Affari Esteri, dell’Interno, del Lavoro, delle Politiche Sociali e dei Beni e Attività Culturali e del Comune di Roma. L’intero progetto è composto da una raccolta di circa duecento fotografie, quarantaquattro delle quali esposte fino al 3 dicembre prossimo (tutti i giorni, dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18) sullo sfondo delle imponenti colonne in marmo della Sala Presidenziale della stazione Ostiense a Roma.

Osservare e ammirare i lavori di questi cultori e professionisti della fotografia nella fredda austerità di quell’ampio corridoio vuoto, progettato in piena epoca fascista dall’architetto Roberto Narducci, permette al visitatore di cogliere significati ancora più spettrali, drammatici, una sorta di mescolanza di tempo e spazio, nel quale il passato incombe su di un futuro incerto. Il silenzio inonda la sala di fronte allo sguardo attento di chi posa gli occhi sul bianco e nero e il colore di quelle immagini rubate alla vita. Fotogrammi di vita che immortalano il grigiore della solitudine e dell’abbandono. Le opere hanno diversi gradi di qualità artistica che vanno da una totale assenza di essa, comprendendo a volte sguardi talmente banali da rasentare stereotipi che scadono nel razzismo involontario, fino ad una ricerca attenta e sensibile nei confronti di una tematica che certo meriterebbe maggiore attenzione di quanto riceva, non solamente da un punto di vista culturale.

“Lo scopo dell’iniziativa – ha sottolineato Daniela Carosio, direttore della comunicazione del Gruppo FS e membro della giuria – oltre che sensibilizzare i cittadini sul tema dell’inclusione sociale è stato quello di evidenziare l’importante ruolo di confronto e integrazione tra culture diverse che treni e stazioni possono avere”.

La giuria internazionale, capeggiata dall'attrice Gina Lollogrigida, ha voluto premiare Attesa, opera del tarantino Mimmo Pastorelli, che descrive a detta della stessa giuria “una suggestiva immagine che affronta con taglio artistico la perenne questione del nomadismo e dell’emarginazione, temi di grande attualità e di enorme impatto sociale”. Il punto di vista sono gli occhi di un bambino che si nasconde dietro la sua piccola fisarmonica e una bambina scalza dietro i suoi lunghi capelli neri, entrambi tristi e soli mentre aspettano un treno che probabilmente non arriverà mai; la condizione di liminalità acquisisce toni meno cupi e più legati all’essenza della propria cultura in un’altra migliore foto, non premiata, dello stesso artista, che dimentica l’emblema della retorica per ritrarre gli stessi soggetti in una visuale più armoniosa (lui suona e lei danza la pizzica) e concedendo, così, loro la dignità che qualsiasi forma di appartenenza culturale merita. Il premio speciale cittadini non UE è, invece, stato conferito a La luce degli occhi di Fatima El Harki, scattata nella stazione ferroviaria di Porretta Terme, che secondo la giuria “coglie tre sorrisi “diversi” in un momento di grande spontaneità e riesce a trasmettere un messaggio estremamente positivo, veicolato dall’immagine di una bambina che, priva di pregiudizio, non percepisce la diversità”. Per la foto “Ultimi preparativi aspettando il treno”, invece, Luca Gabriele Perrone ha vinto una menzione della giuria.

Ma altrettante belle foto sono state scartate, alcune giudicate ineleggibili perché considerate fuori tema o scattate al di là dei territori della competizione. Lavori, forse migliori, commoventi ed intensi, di cui si vorrebbe citare almeno Sostegno multietnico, mani multicolori si aggrappano allo stesso sostegno che Oreste Girotto ha scattato nel vagone di un treno nella stazione di Parigi Saint Lazare, un bianco e nero meraviglioso tagliato a metà da un’asta metallica, fredda e lucida che rappresenta un chiaro segno di aggregazione, e Bruno – Chemin de fer di Jérémie Lusseau, cupo ed intenso ritratto di un uomo che cammina infreddolito e solo tra due binari. A conclusione dell’evento, venerdì 2 dicembre, sempre presso la stazione di Roma Ostiense, si terrà “sPARTITI”, un concerto, nato da un’iniziativa della Cooperativa “2000 Orizzonti”, sostenuta dal Gruppo FS in collaborazione con Sulleali - Comunicazione Responsabile, della cantante Tasha Rodrigues. La cantante angolana, insieme alla sua band e al suo corpo di ballo, animerà la serata sulla scia del Miriam Makaba Tribute dello scorso marzo tenutosi presso l’Auditorium.

Lo scopo di questa mostra fotografica è quello di mettere in evidenza l’esclusione sociale e la necessità morale di un’integrazione più capillare (sono stati organizzati incontri fra bambini di varie etnie nei giorni scorsi nei luoghi della mostra), che è proprio quello che accade nelle stazioni, nelle strade, sui mezzi pubblici, ovvero quei luoghi che rappresentano proprio il simbolo di un’integrazione inconsapevole poiché luogo di passaggio, di transizione tra la propria vita e quella degli altri.

Erminio Fischetti